Quattordici prodotti a marchio DOP e oltre sessanta specialità tradizionali, tutte espressione del territorio di produzione: questi numeri fanno capire quanto i formaggi in Lombardia siano al centro dell’offerta gastronomica. Tra le sue province, infatti, si producono eccellenze rinomate a livello mondiale, come il Gorgonzola DOP e il Parmigiano Reggiano, e altre che sono protagoniste delle nostre tavole, dal Taleggio al Quartirolo, fino ad arrivare al Grana Padano. Ma sono tanti i prodotti caseari lombardi meritevoli d’attenzione, tutti da scoprire nel goloso viaggio che vi proponiamo oggi.
I formaggi in Lombardia: espressione di una tradizione antica
La fervida attività casearia della Lombardia, con ben quattordici prodotti insigniti della DOP, parla di una consolidata tradizione contadina. Agricoltura e allevamento, soprattutto bovino, sono state per anni le principali attività di sostentamento di questa regione, dalla pianura padana alle Prealpi. Ecco perché la mappa dei formaggi tipici lombardi è così varia e ben distribuita tra le sue province: se è Bergamo a “fare la parte del leone”, con ben nove prodotti DOP, Bitto e Casera sono identitari della provincia di Sondrio, allo stesso modo in cui Silter e Nostrano della Val Trompia lo sono delle valli bresciane, mentre la Formaggella del Luinese è legata a doppio filo alle colline del varesotto. Invece, nelle pianure del milanese e del lodigiano si concentrano molte delle produzioni di Grana Padano e Gorgonzola.
Sono tutti sapori diversi per un’unica grande tradizione, quella che fa della Lombardia terra di formaggi. Il nostro viaggio parte da qui e ci porterà a scoprire quali sono i prodotti caseari tipici zona per zona.
Bergamo, culla di formaggi DOP
Come abbiamo visto, Bergamo e la sua provincia costituiscono l’area dove si concentra la maggiore produzione dei formaggi lombardi a marchio DOP. Oltre a Grana Padano, Gorgonzola, Provolone Valpadana, Quartirolo, Salva Cremasco e Bitto, produzioni condivise con altre province, ce ne sono tre che sono un fiore all’occhiello di questa zona. Vediamo quali.
Il Taleggio DOP
Una delle produzioni più tipiche di Bergamo e dintorni è il Taleggio. Questo formaggio, che prende il nome da un’omonima valle bergamasca, è prodotto in basse forme rettangolari, con una crosta esterna che varia dal beige al rossastro. La pasta interna è morbida dall’odore deciso, a cui fa da contraltare un sapore delicato, tendenzialmente dolce e arricchito da una nota acidula. Il Taleggio DOP si produce oggi anche in altre regioni, come il Veneto e il Piemonte, e, oltre a essere assaporato in purezza, ben si presta alla preparazione di molti piatti della tradizione gastronomica del Nord Italia, paste e risotti soprattutto, grazie alla sua cremosità e al suo potere “amalgamante”.
Il Formai de Mut dell’Alta Val Brembana DOP
Un’altra eccellenza bergamasca è il Formai de Mut dell’Alta Val Brembana DOP: il nome deriva da un’espressione dialettale e significa letteralmente “formaggio di montagna”. È infatti sugli alti alpeggi della suddetta valle che si produce questo formaggio a pasta semicotta, in forme tonde, di 30-40 centimetri di diametro per 8-10 di altezza. Internamente compatto ed elastico, si caratterizza per la sua bassa sapidità e per il sapore poco piccante, da cui emerge soprattutto il sentore erbaceo tipico del foraggio di montagna. Il suo abbinamento perfetto? La polenta!
Il Strachitunt DOP
Lo Strachitunt DOP deriva, invece, dallo stracchino, formaggio semimolle a pasta cruda, storicamente prodotto nella Val Taleggio: non a caso, strachitunt significa proprio “stracchino tondo”. A differenza di quello tradizionale però, lo Strachitunt è un formaggio erborinato, con un aroma intenso e una piccantezza che aumenta con l’avanzare della stagionatura, grazie all’azione delle muffe. In questo senso, può essere considerato parente del gorgonzola, anche se la sua pasta è in genere più compatta. Caratteristica la sua lavorazione a due paste – rigorosamente a base di latte crudo, il 90% del quale dev’essere di vacca Bruna Alpina – che favorisce lo sviluppo dell’erborinatura: alla cagliata della sera prima, lasciata sgocciolare, viene unita la cagliata del mattino. Lo Strachitunt si apprezza soprattutto in purezza, assaporando tutta la complessità gustativa che racchiude e da cui emerge quel sentore erborinato selvatico, espressione dei pascoli di montagna.
Brescia e il tesoro caseario delle sue valli
Bergamo chiama, Brescia risponde. Anche la vicina provincia bresciana, infatti, si difende bene in fatto di produzioni casearie. In particolare, sono due le specialità esclusive di questa zona: stiamo parlando del Nostrano della Valtrompia e del Silter.
Il Nostrano della Valtrompia DOP
Prodotto nell’omonima valle, si ottiene dal latte crudo dei pascoli d’alta quota. La sua lavorazione prevede l’aggiunta dello zafferano che, oltre a conferire alla pasta un colore giallognolo, contribuisce alla complessità aromatica. Il Nostrano della Valtrompia DOP è un formaggio dall’aroma intenso, che si evolve con la stagionatura e che si presta molto alla preparazione di piatti tipici. Un esempio? È usato come ripieno dei casoncelli, una pasta ripiena chiusa a forma di mezzaluna o di caramella, solitamente condita al burro e salvia o con sughi elaborati, come il ragù di carne.
Il Silter DOP
Il Silter DOP è, invece, tipico della bassa Val Camonica e, più in generale, dell’area prealpina a est del Lago d’Iseo, che si estende fino al passo del Tonale e di Gavia. Prende il nome dalle strutture tipiche, i silter appunto, all’interno delle quali avviene la stagionatura che dura minimo 100 giorni, nel corso dei quali le forme vanno periodicamente rivoltate sulle assi di legno dove sono riposte. I silter garantiscono quelle condizioni ambientali, con temperatura compresa tra i 7 °C e 20 °C e umidità tra il 70% e il 90%, fondamentali per preservare l’integrità delle forme e permettere al formaggio di sviluppare le sue caratteristiche. Ottenuto da latte crudo di vacche alpine, il Silter presenta una pasta dura e un gusto tendenzialmente dolce, con note aromatiche che richiamano il profumo delle erbe di montagna.
Bitto e Casera, nel cuore delle Prealpi lombarde
Spostandoci dalle valli bresciane e bergamasche ancora più a nord, ecco la provincia di Sondrio, un tipico territorio di montagna, dove le Prealpi lombarde disegnano una geografia fatta di quote collinari intervallate da tante valli, zona di produzione di due eccellenze
Valtellina Casera DOP
Tra queste, una delle più note e rinomate è la Valtellina, sia per le sue stazioni sciistiche che per le sue specialità enogastronomiche. A partire dai famosi pizzoccheri che, nel 2016, hanno ottenuto il riconoscimento IGP: si tratta di una pasta lunga di grano saraceno, servita con un generoso condimento a base di patate, di verza e dell’immancabile Valtellina Casera DOP. Questo formaggio tipico, prodotto nelle cosiddette “casere” (da cui il nome), col suo sentore dolce e delicato e al contempo ricco di sfumature aromatiche, è elemento imprescindibile per dare ai pizzoccheri quella spinta di cremosità e di gusto che li caratterizza.
Bitto DOP
L’Alta Valle Brembana è, invece, il cuore della produzione di un’altra eccellenza legata sia alla provincia di Sondrio sia, in parte, a quella di Lecco. Si tratta del Bitto DOP, formaggio a pasta dura, la cui stagionatura può durare fino a dieci anni, caratterizzato da un sapore intenso, che tende a diventare sempre più deciso man mano che la forma matura. Prevalentemente a base di latte di vacche d’alpeggio, può essere prodotto anche con l’aggiunta fino al 10% di latte di capra.
Formaggella del Luinese, la prima DOP 100% di capra
Restando in ambito prealpino, ma sconfinando nel varesotto, ecco un altro tesoro caseario degno di nota: la Formaggella del Luinese DOP, la cui area di produzione è compresa nella comunità montana Valli del Verbano, tra l’alto varesotto e le sponde del Lago Maggiore. Prodotto con latte 100% caprino intero e lavorato a crudo, è il primo formaggio italiano di questo genere ad avere ottenuto dall’Unione Europea il riconoscimento DOP (16 aprile 2011). Si tratta di un semistagionato (con la stagionatura minima fissata in 20 giorni) a pasta semidura, dal gusto dolce e delicato, che si fa leggermente più intenso col progredire della stagionatura.
Grana Padano e Parmigiano Reggiano, derby tra eccellenze
Se in Lombardia il Parmigiano Reggiano DOP è un formaggio d’adozione (perché, come suggerisce il nome, affonda le sue radici in Emilia-Romagna), il Grana Padano è invece di casa. Per quanto riguarda il primo formaggio, il disciplinare di tutela definisce in maniera precisa la sua area di produzione: l’unica eccezione ammessa alle province emiliane è proprio quella del mantovano. Qui, nella provincia di Mantova, trova terreno fertile anche la produzione del Grana Padano DOP, in particolare nel territorio compreso nel Parco del Mincio, dove sorgono i cosiddetti prati stabili. Si tratta di colture caratterizzate da un’abbondanza di acqua tale da non necessitare di aratura e dissodamento, è sufficiente provvedere alle minime concimazioni naturali e ai tagli. Grazie a questo sistema, introdotto dai monaci all’epoca delle bonifiche medievali, si riescono a ottenere fino a cinque tagli d’erba all’anno e soprattutto una ricca biodiversità. Le varietà d’erbe di campo censite, infatti, sono arrivate a 67, cosa che permette di avere abbondanza di foraggio fresco per nutrire gli allevamenti destinati alla produzione lattiero-casearia.
Nel regno del Gorgonzola
Un capitolo a parte lo merita il “re” dei formaggi erborinati, che della Lombardia è un simbolo, tanto a meritarsi un evento per sé, ossia la Sagra Nazionale del Gorgonzola. Infatti, la sua produzione coinvolge, sei delle nove province lombarde, territorio in cui sembrano affondare le sue – non del tutto chiare, per la verità – origini. Realizzato con latte vaccino pastorizzato, il Gorgonzola DOP è caratterizzato dalle venature blu/verdastre sviluppate dalle muffe all’interno della pasta. A seconda della lavorazione può essere cremoso (ne esiste persino la versione al cucchiaio) o compatto (dalla pasta più dura e friabile). II grado di maturazione invece ne determina il gusto: se le versioni a più bassa stagionatura (minimo 50 giorni) portano a una dolcezza che ben si presta in cucina alla mantecazione di polenta o risotti, quelle di stagionatura più avanzata (massimo 270 giorni) presentano una piccantezza che ne fanno un formaggio più adatto a essere consumato in purezza.
Altre 3 eccellenza casearie: Quartirolo Lombardo, Salva Cremasco e Provolone Valpadana
Altro formaggio DOP che trova larga diffusione tra le province lombarde è il Quartirolo. Di origini antiche(documenti storici ufficiali ne collocano la nascita intorno al X secolo D.C.), è espressione della tradizione contadina di queste zone. Prodotto in forme basse e rettangolari, simili a quelle del Taleggio, si caratterizza per la pasta compatta, dal color bianco candido e per la sua consistenza gessosa. È un formaggio dal gusto dolce e delicato, poco salato, che esprime il meglio di sé fresco, nelle insalate o con condimenti leggeri, come l’olio EVO e il pepe.
Tra i protagonisti della produzione casearia lombarda c’è poi il Provolone Valpadana DOP. Si tratta di un formaggio a pasta filata, che si presenta in una grande varietà, sia di forme – da quelle più tipiche, a “sacco chiuso” dal caratteristico nastro stretto intorno alla testa, fino a quelle cilindriche, che ricordano un salume insaccato – sia di dimensioni (da pochi etti a cento chili). Anche il gusto spazia dal dolce al piccante, a seconda della stagionatura e soprattutto del tipo di caglio (bovino o ovino) aggiunto al latte durante la lavorazione.
Storia curiosa, infine, quella del Salva Cremasco DOP, un formaggio che si lega alla storia delle transumanze dei bergamini e i casari delle valli bresciane e bergamasche verso la pianura cremasca. Il latte munto durante il tragitto veniva modellato in un formaggio a medio-lunga conservazione, caratterizzato quindi da una pasta piuttosto dura e compatta e da un aroma intenso, che si fa via via più deciso col procedere della stagionatura.
Oltre 64 PAT, il tesoro caseario della Lombardia
Come abbiamo detto, a fare della Lombardia una terra di formaggi non sono soltanto le sue rinomate DOP ma anche l’articolata varietà di produzioni locali, molte delle quali sono, non a caso, incluse nel registro dei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Tra queste, ne segnaliamo tre in particolare.
Pannerone
Iniziamo con il Pannerone (o Panerone), un formaggio tipico dell’area compresa tra le province di Pavia, Cremona e Lodi. Si ottiene da latte bovino intero, lavorato a crudo e con la particolarità di non prevedere alcuna salatura. Questo aspetto, unico nel panorama caseario italiano, ne caratterizza la maturazione e, di conseguenza, il gusto. Il risultato è un formaggio dal sapore marcatamente lattiginoso, inizialmente, ma capace di evolvere in bocca, lasciando un finale che tende all’amaro. Infatti, il nome deriva da panéra, termine dialettale che sta per panna e che si riferisce proprio alla materia grassa del latte intero. Inconfondibile anche il suo aspetto, con pasta color bianco perlaceo punteggiata da una diffusa occhiatura.
Bagòss e Rosa Camuna
Tipici della provincia di Brescia sono, invece, il Bagòss e la Rosa Camuna. Il primo, in particolare, prende il nome dal paese di Bagolino. Siamo sulle prealpi bresciane, dove regnano le vacche di razza bruno-alpina. È proprio dal loro latte che deriva la produzione di questo formaggio a pasta dura, che diventa granulosa col procedere della stagionatura, e con un profilo aromatico intenso, arricchito dalle note dello zafferano aggiunto durante la lavorazione, che gli conferisce un colore giallo paglierino.
La Rosa Camuna è, invece, tipica della Valle Camonica. Prende il nome dai Camuni, antico popolo che abitò queste terre, come testimoniano le numerose incisioni rupestri, dove compare spesso il loro simbolo, una rosa appunto, la stessa che è oggi simbolo della Regione Lombardia e che è riprodotta sulla crosta di questo formaggio. Lavorato a partire da latte vaccino parzialmente scremato, viene poi modellato in una caratteristica forma a fiore, salato in salamoia e lasciato stagionare almeno trenta giorni.
Le altre specialità PAT
l’elenco potrebbe continuare, e citiamo ancora lo Zincarlìn, una sorta di ricotta tipica dell’Alto Lario (provincia di Como), sottoposta a una prolungata stagionatura e avvolta esternamente da grani di pepe nero per darle una spinta di gusto; poi, il Branzi e il Latteria della Val Brembana (Bergamo), lo Scimudin della Valtellina (Sondrio) e, infine, la Crescenza, noto formaggio a pasta molle, tipico del lodigiano. Del resto, sono ben 64 le specialità casearie lombarde riconosciute come PAT. Un patrimonio che costituisce una vera e propria ricchezza e che racconta di quanto sia ancora saldo il legame con quella tradizione contadina da cui tutto ha origine.
Si conclude qui il nostro goloso viaggio alla scoperta delle formaggi in Lombardia. Quali, tra le specialità casearie che vi abbiamo descritto, vi erano già note? E quali, invece, non conoscevate e non vedete l’ora di assaporare?