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Listeria nel salmone: cos’è e quanto può essere pericolosa?

 

 

 

Negli ultimi due anni, in Europa, si sono verificati casi di listeria nel salmone, un batterio che se introdotto nell’organismo umano con l’alimentazione può rivelarsi letale. Come abbiamo visto nel nostro articolo sulla salmonellosi, non bisogna mai sottovalutare le conseguenze determinate da questo genere di tossinfezioni, che non di rado si diffondono a causa di negligenze e superficialità nel trattare gli alimenti. Quali sono i pericoli e come possiamo evitarli? Questa volta cercheremo di saperne di più sulla Listeria monocytogenes, sugli episodi recenti di contaminazioni e sulle precauzioni da adottare per evitare i rischi a essa dovuti.

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Listeria nel salmone: i casi degli ultimi anni

Nel febbraio di quest’anno, il Ministero della Salute ha richiamato un lotto di salmone norvegese affumicato per “presunta presenza di Listeria monocytogenes”. Per la precisione, si trattava del lotto 0777-022 con scadenza al 7 marzo 2019 prodotto da un’azienda lettone, la Hove Fine Foods Aps, che ha subito invitato a evitare il consumo e a restituire la merce presso il punto d’acquisto, dove sarebbe stata sostituita. In seguito, il richiamo è stato revocato, ma nello stesso periodo la possibile presenza di questo batterio aveva spinto a ritirare anche diversi lotti di gorgonzola.

Un focolaio di listeriosi verificatosi tra il 2015 e il 2018, però, ha avuto conseguenze ben più gravi, colpendo direttamente 12 persone in Germania, Francia e Danimarca, e causando la morte di quattro di queste. Secondo le autorità sanitarie danesi e un rapporto dell’Efsa, a generare l’infezione sarebbe stata una partita di salmone affumicato a freddo prodotto in Polonia dalla BK Salmon. Successive analisi hanno confermato che tutti gli episodi erano da attribuire a un unico ceppo batterico, responsabile di cinque casi in Germania, sei in Danimarca e uno in Francia. Come ipotizzato dalle autorità europee, lo stabilimento polacco di lavorazione è stato interessato da una contaminazione ambientale, anche se ciò non esclude la possibilità che il batterio si sia sviluppato già nella fase di allevamento dei salmoni in Norvegia.

Infatti, rispetto alla piscicoltura, le procedure a freddo – sempre più diffuse, specialmente nell’Europa del Nord – non consentono un’eliminazione del batterio, come invece avviene con le lavorazioni a caldo.

Nello stesso periodo dei casi appena citati, come riporta Il Fatto alimentare, la Listeria monocytogenes aveva contaminato il tunnel di surgelazione di uno stabilimento ungherese che confezionava verdure, causando una serie nefasta di contagi in tutto il mondo. Nel complesso, infatti, più di cento nazioni ne sono state colpite, di cui cinque in Europa, compresa l’Italia, con 54 individui coinvolti e 10 morti.

Listeria: cos’è e quanto è pericolosa?

listeria
Mr.Thanathip Phatraiwat/shutterstock.com

Dopo aver riportato gli episodi recenti che vedono protagonista la listeria, nel salmone e in altri prodotti, è utile definire più nel dettaglio questa minaccia per la nutrizione umana, come abbiamo fatto parlando di parassiti alimentari.

In questo caso, si tratta di un genere di batteri formato da sei specie, diffuse nei terreni, nelle acque e nelle piante, che si distinguono per la capacità di resistere alle basse temperature – anche sottozero – e agli ambienti salati. Queste forme di vita possono aggredire il sistema immunitario, provocando la tossinfezione a essi associata, chiamata listeriosi, la cui fase di incubazione può essere rapida o durare circa venti giorni, prolungandosi anche oltre i due mesi. Nella forma più grave e invasiva, detta anche sistemica, l’infezione si trasferisce dall’intestino al sangue, propagandosi nell’organismo fino al sistema nervoso, causando encefaliti, setticemie e meningiti, con incubazioni più lunghe.

Per gli esseri umani, i principali vettori di Listeria monocytogenes sono le carni di animali allevati o selvatici, che a loro volta possono venire a contatto con il batterio nutrendosi di mangimi o vegetali contaminati. Molti animali contagiati dal batterio non mostrano sintomi evidenti, pur facilitandone la diffusione, che avviene anche tra persone: bastano concentrazioni minime del batterio per provocare l’infezione.

Christian Draghici/shutterstock.com

La listeriosi, quindi, si deve principalmente al consumo di derrate infette crude o non ben cotte, con un’ampia gamma di cibi potenzialmente interessati, come vedremo fra poco. Se la Listeria monocytogenes riesce a contaminare un ambiente o uno stabilimento, inoltre, può sopravvivere per anni, infettando diverse partite di prodotti.

Ecco quali sono i soggetti più sensibili alla listeriosi.

Per le condizioni appena citate, nei casi più gravi, questa patologia e le condizioni a essa associate hanno un tasso di mortalità rilevante, fino al 30%. Gli individui sani, viceversa, raramente sono colpiti acutamente dal contagio, e possono guarire senza troppe difficoltà.

Forme e sintomi della listeriosi

Nella forma meno grave e sugli individui in salute, la malattia si palesa nel giro di poche ore dall’ingestione, come una sorta di influenza, con sintomi analoghi a quelli delle intossicazioni alimentari – nausea, squilibri gastrointestinali e dolori muscolari – che si risolvono spontaneamente o con semplici terapie farmacologiche. Questo tipo di listeriosi non genera problemi seri, e difficilmente viene diagnosticata in quanto tale.

Diverso è il caso della forma più invasiva, che interessa specialmente i pazienti fragili sopra citati, quando il batterio si propaga oltre l’apparato digerente. In questa seconda ipotesi, si manifestano anche forti emicranie, brividi e febbre alta. La diagnosi si effettua tramite analisi del sangue o del liquido spinale, mentre a livello farmaceutico il trattamento prevede l’uso di antibiotici.

Gli alimenti più soggetti alla contaminazione

Dean Drobot/shutterstock.com

Il batterio può contaminare una grande varietà di cibi crudi, dalle carni ai vegetali, ma si può rinvenire anche negli alimenti trasformati, come i formaggi e i prodotti confezionati a base di macinati. I latticini, soprattutto quelli non pastorizzati, sono più a rischio, così come tutte le materie prime affumicate a freddo da crude, e gli episodi sopra riportati di listeria nel salmone ne sono un esempio. La tossinfezione, inoltre, si può contrarre mangiando alimenti mal conservati o venuti a contatto con acque o terreni contaminati.

Diversamente rispetto alla maggior parte dei batteri, la Listeria monocytogenes può moltiplicarsi anche in frigorifero, inoltre, pur essendo eliminabile alle alte temperature, è in grado di infettare i cibi pronti dopo la cottura e prima del confezionamento.

Prevenire la listeriosi

Per evitare rischi potenzialmente molto seri, è fondamentale seguire alcune semplici norme di prevenzione:

 

Seguite abitualmente queste precauzioni per evitare la listeria e altre contaminazioni batteriche?

 

Fonti:

Humanitas Research Hospital
Repubblica
Il Fatto alimentare
Autorità europea per la sicurezza alimentare – Efsa
Food and Drug Administration – Fda

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