di Guiditta Lagonigro.Il termine liquore nella accezione collettiva si riferisce ad una grande varietà di bevande che abbiano un grado alcolico normalmente compreso tra i 15-55% volumi. Nel corso degli ultimi anni, ricordandone l’antica origine terapeutica, si è registrato un rinvigorito interesse per i prodotti più genuini, anche se non mancano i cultori dei liquori assemblati ai distillati (cognac orange, gran marnier…) che danno vita a prodotti di grande stratura. Per ogni tipo di liquore, però, è essenziale riuscire ad estrarre il più possibile l’aroma ed il sapore delle materie prime (frutta, erbe, etc.), in modo da non alterarne la natura e di giungere ad un prodotto equilibrato, fine, armonioso e – se preparato in casa – anche adattato alla personalità del suo creatore… Come accade per i vini, anche i liquori a seconda della tipologia vanno sorseggiati in bicchieri adatti, che ne esaltino profumi e gusto. Ma di questo argomento ci occuperemo in un altro momento. Per ora ecco alcuni cenni relativi alla storia, alla preparazione ed alla conservazione di questa corroborante bevanda!
I Liquori
di Silvia Salomoni.
L’enciclopedia gastronomica definisce il liquore una “bevanda idroalcolica preparata per distillazione, per macerazione o digestione (detta infusione), oppure per miscela di oli essenziali con alcol e zucchero“. Noi potremmo definire il liquore un complemento d’arredo in bottiglia, dato che la stragrande maggioranza delle vetrinette dei nostri salotti ne è provvista, in uno stato di immutabilità che abbraccia periodi di anni interi! Si sa, più è vecchio e meglio è. Ma sarà vero?
Intanto iniziamo distinguendo i liquori composti da quelli semplici. I semplici, lo dice la parola stessa, sono distillati direttamente, senza aggiungere saccarosio. Si dà il caso che siano anche i più antichi e che comprendano le grandi specialità nazionali o regionali: Cognac, whisky, gin, rum e grappa, ad esempio. I composti, invece, sono quelli preparati per distillazione, macerazione o infusione con miscele di essenze. Qui sì che l’età entra in gioco: invecchiare – e soprattutto farlo in recipienti di legno – è importantissimo, perché i vari principi aromatici si amalgamano sempre di più.
I liquori composti poi, tanto per smentire la semantica delle categorie, sono i più semplici da fare in casa. È sufficiente far macerare per alcuni giorni in alcol puro al 90/95% della frutta o altri aromi, magari aggiungendo qualche spezia (cannella, chiodi di garofano, vaniglia…). Per gli esperimenti domestici, scegliete un vaso di vetro con un’apertura piuttosto larga che agevoli i travasi; evitate invece contenitori di plastica, che potrebbero cedere sostanze all’alcol. Dopo la macerazione, si procede preparando uno sciroppo: bollite acqua e zucchero in parti uguali finché lo zucchero non è del tutto sciolto. Poi filtrate l’alcol con un imbuto foderato di garza, facendolo colare in una bottiglia e aggiungendo lo sciroppo. Tappare, scuotere e… aspettare! La pazienza in questo caso regna sovrana: il liquore va fatto riposare in un locale fresco e buio almeno due mesi. Ed è talmente schivo e riservato che preferirebbe una bottiglia scura e un tappo di sughero che lo isoli completamente dal mondo là fuori, per stare più sicuri persino sigillato con della ceralacca.
La parabola degli ingredienti è infinita: diciamo che le scelte più popolari ricadono sulimone, noci, caffè, pesche, ciliegie e uova. Spazio alla fantasia, in alcune zone d’Italia potrebbe capitarvi di incontrare liquori fatti con basilico, liquirizia, fiori o bacche di ginepro. Unico vero diktat: se scegliete la frutta, che sia di stagione, fresca e ben matura! Quanta ne mettete a macerare, dipende dall’intensità del sapore che esprime, per un litro di alcol a 90° normalmente si va da 300 grammi a un chilo.
Un occhio alla storia: il primo liquore a base alcolica come oggi lo intendiamo fu ottenuto nel XV secolo da G.M. Savonarola (da non confondere con il predicatore), che combinò l’acquarzente (l’acquavite) con aromi vegetali e profumi (aqua ardens composita). L’arte liquoristica poi si diffuse molto in Italia, per approdare in Francia con il matrimonio fra Caterina de’ Medici ed Enrico II. Nel XVIII secolo la scoperta del processo di distillazione continua a basso costo fu un ulteriore stimolo a procedere; nello stesso periodo furono creati ad Amsterdam il Curaçao, a Bordeaux l’anisette e a Zara il maraschino, che ottenne un tale successo da indurre Venezia a pretenderne l’esclusiva.
Dal ricettario del Giornale del Cibo ecco qualche suggerimento per fare in casa i vostri liquori:
Mentre i cocktail sono – per così dire – cosmopoliti, i liquori hanno una forte identità locale.
Associarli all’area o nazione di appartenenza viene quasi spontaneo. Se dicessimo Vodka, Rum e Tequila, cosa vi viene in mente? Se la vostra risposta non è Russia, Caraibi e Messico, non frequentate abbastanza il bar sotto casa.