Hai presente quel momento in cui ordini un cappuccino e ti arriva una piccola opera d’arte nella tazza? Un cuore, una foglia, un cigno. “Wow, quasi mi dispiace berlo!”, potresti aver pensato. Dietro quel disegno, in realtà, c’è molto più di una bella presentazione. Lo sa bene il bolognese Stefano Cevenini, vincitore del Campionato Italiano Baristi di SCA Italy 2025 nella disciplina Latte Art, termine con cui si intendono le tecniche che portano alla realizzazione di disegni e decorazioni sulla superficie di bevande a base di latte e caffè. Cevenini, che rappresenterà l’Italia ai mondiali di Ginevra a giugno (World of Coffee Geneva), in questa intervista ci racconta cos’è realmente la Latte Art, quali sono i segreti per un risultato perfetto e le nuove tendenze nel mondo del caffè.
Viaggiare con un cappuccino: il potere della Latte Art

“Quello che più mi affascina della Latte Art, soprattutto nell’ambito delle competizioni, è la possibilità di raccontare una parte di me attraverso una tazza. Più nello specifico, a livello di caffetteria, mi piace l’idea che un cappuccino ben fatto possa davvero cambiare la giornata di un cliente” – dichiara Stefano Cevenini, descrivendo ciò che lo ha portato a specializzarsi in questo ambito. “La cosa che per me rende davvero speciale la Latte Art è la sua capacità di ‘farti viaggiare’. La vedo così: noi baristi siamo come degli ‘agenti di viaggio economici’, in un certo senso. Se ci pensiamo, lavoriamo con un prodotto che ha percorso più di 10.000 chilometri, lo portiamo in Italia, lo tostiamo, lo profiliamo e lo proponiamo al cliente (con ‘profilazione’ si intende la valutazione di una serie di parametri come i grammi di caffè da inserire nel portafiltro, la temperatura del caffè, la pressione di estrazione, ndr). In quei due minuti, con una buona emulsione di latte e un espresso fatto a regola d’arte, il barista deve essere capace di accompagnarti fino al paese d’origine del caffè, attraverso i suoi sentori e sapori”.
Cevenini, classe 1999, ha maturato la sua esperienza a partire dalla formazione alberghiera tradizionale e ha cominciato a specializzarsi nel settore del caffè già durante gli studi, quando ha iniziato a partecipare alle prime gare. “A 17 anni – racconta – ho preso parte alla mia prima competizione a livello scolastico, che si è conclusa con una vittoria. Da lì in poi ho continuato a lavorare con l’obiettivo di crescere e imparare dai professionisti del settore. Ho seguito corsi di formazione più specifici, che mi hanno aiutato a comprendere cosa si nasconde dietro un classico espresso; in seguito, dopo un paio d’anni di studio e pratica, ho iniziato ad affrontare competizioni dedicate all’espresso e al cappuccino tradizionale e mi sono avvicinato al circuito SCA (Speciality Coffee Association) concentrandomi sulla categoria Latte Art, la mia prima grande passione”. Cevenini, che nel 2019 è stato anche campione nazionale e internazionale dell’Espresso Italiano Champion (promosso dall’Istituto Nazionale Espresso Italiano), non ama però definirsi latte artist: “Preferisco considerarmi un barista professionista che ha ampliato le proprie competenze, fino a diventare, diciamo così, un consulente ed esperto del settore. Le mie radici restano dietro al bancone, e non intendo dimenticarlo”.
Come viene interpretata la Latte Art in Italia?

Cevenini sottolinea come la Latte Art non sia solo una questione di “estetica” perché questa lavorazione, se fatta in modo corretto, influenza anche il sapore della bevanda. La modalità con cui viene realizzata è fondamentale e qui si inserisce un’importante osservazione, che riguarda il modo in cui questa tecnica viene percepita e interpretata nel nostro Paese. “In Italia, la Latte Art è sempre vista come una bevanda simile a un caffè latte. Abbiamo lanciato questo prodotto come ‘cappuccino in Latte Art’ ma il termine corretto sarebbe flat white, preparazione che ha caratteristiche ben precise e diverse da un cappuccino” – afferma l’esperto. Questo distinguo ha grande rilevanza, proprio perché impatta sulla qualità della bevanda. “Realizzando un tradizionale cappuccino con Latte Art, per ottenere la crema sottile necessaria a creare le figure, si usa meno montatura, il che rende il cappuccino meno cremoso rispetto al classico. Per questo dico che per la Latte Art serve un flat white”. Questa preparazione prevede un espresso doppio ristretto (mentre il cappuccino viene fatto con un espresso singolo), e l’uso di una tazza leggermente più capiente rispetto a quella tradizionale.
“In Italia, la Latte Art è poco diffusa e spesso divulgata in maniera scorretta: non si tratta solo di decorare un cappuccino, ma è una tecnica che va a creare una bevanda differente. L’amalgamazione tra latte (o bevanda vegetale) ed espresso porta infatti a un sapore diverso, rispetto a quanto avviene con il cappuccino classico: a una prima parte dell’assaggio, quest’ultimo risulta sempre molto più cremoso, ma non c’è una vera fusione tra latte e caffè come avviene, invece, nel flat white” – precisa Cevenini.
Quali competenze servono per una Latte Art perfetta
“Oltre alla qualità del prodotto e alle giuste attrezzature, ciò che è importante sono la passione per ciò che si fa e la pulizia degli strumenti utilizzati. Per lavorare bene serve sì ricerca – afferma l’intervistato – ma è altrettanto fondamentale la voglia, da parte dell’operatore, di mettersi in gioco, sperimentare e scoprire il caffè in tutte le sue sfumature. Inoltre, il nostro è un lavoro legato all’ospitalità: se abbiamo un prodotto notevole e un’attrezzatura eccellente, ma non riusciamo a trasmettere tutto ciò al cliente, abbiamo perso in partenza. Per quanto riguarda la pulizia, dobbiamo sempre ricordare che il caffè è un alimento ricco di oli e grassi: se non vengono rimossi adeguatamente dalla strumentazione, pensiamo ad esempio alle macchine del caffè, finiscono per compromettere il gusto, anche se il prodotto è di altissimo livello”.
Non meno importante, la conoscenza della materia prima: “Spesso si tende a valutare la qualità in base alla marca del caffè, quando bisognerebbe scegliere il prodotto in base alla tipologia, all’origine e al tipo di lavorazione subito. Tutte informazioni che andrebbero veicolate anche al consumatore. Laddove c’è un buon caffè, inoltre, spesso noto che c’è stata anche una selezione attenta del latte o delle bevande vegetali utilizzate, testando anche gli abbinamenti tra questi ultimi e il caffè selezionato” – conclude Cevenini.
Le bevande vegetali sono adatte alla Latte Art?

Per quanto riguarda le alternative vegetali al latte vaccino, “grazie alle diverse versioni ‘barista’ ormai diffuse anche nella grande distribuzione (le formule ‘barista’ consentono una montatura migliore, ndr), è finalmente possibile ottenere una cremosità elevata, che è quella che i clienti ricercano. In generale le utilizzo tutte, dalla soia all’avena, dalla mandorla al cocco, mentre tendo a non usare il riso, principalmente per una mia convinzione: il riso contiene pochissime proteine, il che rende difficile, anche a livello commerciale, spiegare al cliente che non è possibile realizzare una buona crema, né a caldo né a freddo. Le proteine, infatti, sono la componente che consente di raggiungere la consistenza cremosa che tutti desiderano” – chiarisce l’intervistato.
Quanto bisogna allenarsi per realizzare le figure di base?

“Di solito basta frequentare un corso base da barista, tenuto da professionisti competenti, per imparare la tecnica giusta. Generalmente già in una settimana, dopo anche solo 4 ore di training, una persona che lavora tutti i giorni in caffetteria riesce a realizzare un cuore o un tulipano, che sono le figure più semplici” – afferma l’esperto. Quando si parla di disegni più complessi, come un cigno, può servire un po’ più tempo, perché si entra nel campo delle figure realistiche. Ma anche in questo caso, Cevenini sostiene che, solitamente, una settimana e mezzo di pratica in caffetteria è sufficiente. “Questo anche perché va ricordato che in caffetteria, per fortuna, non siamo in gara: se anche la figura non viene precisa al cento per cento, il cliente sarà comunque soddisfatto… non è necessario che sia perfetta come in una competizione”.
Le opportunità offerte dalla Latte art in 3D
La Latte Art si presta a tante interpretazioni creative. Una di queste è la Latte Art in 3D. Stefano Cevenini ci spiega che esistono due “mondi” legati a questa tecnica. Da un lato, ci sono delle nuove stampanti che permettono di riprodurre una figura direttamente sulla superficie del cappuccino. Dall’altro, quando si parla di “Latte Art 3D” si intende la realizzazione di una figura tridimensionale che emerge dalla tazza, modellata con la crema del latte.
“Devo dire che quest’ultima forma – la Latte Art tridimensionale fatta a mano – in Italia era presente già negli anni ’90 e nei primi anni 2000. Personalmente la considero una tendenza un po’ superata e, soprattutto, di cattivo gusto, a mio parere. Mi spiego: per realizzare quella crema, si finisce per montare il latte o la bevanda vegetale in modo scorretto, compromettendo così il gusto. Inoltre, quando avremo finito di creare la figura, la tazza sarà ormai fredda, quindi – a livello di servizio in caffetteria – non ha più tanto senso” – afferma.
Per quanto riguarda invece l’altra opzione, “oggi esistono delle stampanti 3D a cui è possibile collegare il proprio cellulare: si seleziona un’immagine – ad esempio una fotografia o un disegno – e la macchina la stampa direttamente sul cappuccino usando inchiostro commestibile. Potenzialmente può essere un’idea commerciale interessante, ma penso che non la utilizzerei se un giorno avessi una caffetteria, perché credo si perda completamente l’artigianalità. Trovo più bello vedere un cuore leggermente storto o un cigno non perfetto, perché si percepisce l’impegno, la dedizione e la passione che il barista ha messo in quella preparazione” – conclude.
Come si sta evolvendo il mondo del caffè

Parlando di come la cultura e il mercato del caffè stia cambiando in Italia, secondo Stefano Cevenini “Si sta aprendo una piccola via, che va verso un caffè di maggiore qualità. Anche il cappuccino sta seguendo questa nuova direzione. Ad esempio, si sta iniziando a fare più ricerca sul latte, e anche sulle bevande vegetali, questo anche perché le persone stanno diventando più esigenti. In questo contesto, il barista è quasi ‘costretto’ a formarsi e a informarsi, per conoscere davvero i prodotti che utilizza.
A livello di caffetteria, anche grazie ai miei ultimi viaggi di lavoro, posso dire che stanno emergendo nuove tecniche e metodi di estrazione alternativi al classico espresso. Su questo fronte, in Italia siamo ancora leggermente indietro, perché siamo un Paese storicamente ‘espresso-centrico’ e ‘moka-centrico’, per cui tendiamo a vedere perlopiù queste due grandi categorie e facciamo fatica ad accettare il resto. I metodi filtro, ad esempio, stanno cominciando a farsi spazio nel nostro sistema, ma c’è ancora tanta strada da compiere. In generale, esistono lavorazioni molto particolari che vale la pena conoscere: ad esempio i nuovi processi di thermal shock, dove il caffè, ancora in piantagione, subisce delle reazioni, sia a caldo che a freddo, e grazie a delle fermentazioni anaerobiche si dà vita a profili aromatici davvero interessanti. Parliamo di sentori dolci, fruttati, che si discostano dal classico espresso. Ma attenzione: non si tratta di sostituirlo. Si può continuare a bere un ottimo espresso, ma allo stesso tempo iniziare a esplorare questi nuovi caffè come valide alternative da degustare”.
E tu che ne pensi della Latte Art e delle nuove tendenze nel mondo del caffe?
Immagine in evidenza di: Michele Illuzzi