Settembre è un mese che ancora ci permette di godere di qualche giornata di mare con annessa frittura di pesce finale. D’altronde, dice bene il proverbio che recita che “fritta è buona anche una soletta”. Sì, ma senza esagerare. Certamente qualche sporadico peccato di gola rende la vita più bella e ci fa sentire più felici, tuttavia l’alimentazione sana basata su frutta, verdura, cereali e legumi, non è una “moda salutista”, ma un vero e proprio investimento per il futuro. Il fritto, in particolare, è sconsigliato da tutti gli esperti, ma poche volte ci viene spiegato perché la frittura fa male. Lo abbiamo, allora, chiesto, alla biologa nutrizionista Sarah Giuffrè, per approfondire meglio il tema.
La frittura fa male? Gli aspetti da considerare
La frittura richiede alte temperature e abbondante olio, che gli alimenti tendono ad assorbire, con una serie di implicazioni, sia per il buon funzionamento della digestione, sia per la formazione di sostanze nocive. Vediamo, allora, perché la frittura fa male, tenendo in considerazione tre aspetti principali.
Alte temperature e acrilammide
Come ci ricorda la dottoressa, “nei prodotti contenenti amido (quindi anche nelle patate) la frittura fa male soprattutto perché comporta la creazione dell’acrilammide, sostanza cancerogena che si forma in seguito alla cottura ad alte temperature”. Il punto di fumo, ovvero quel parametro del calore in cui i trigliceridi si deteriorano e si separano in acidi grassi e glicerolo, deve essere alto, per ottenere una buona frittura e anche per limitare l’assorbimento di olio da parte degli alimenti. Tuttavia i prodotti della degradazione possono avere effetti nocivi per l’organismo e, in particolare, “dalla degradazione del glicerolo si formano sostanze cancerogene, come l’acroleina e l’acrilammide”.
Per ridurre la formazione dell’acrilammide, l’esperta suggerisce di “sciacquare i tuberi e tenerli tagliati a pezzi immersi nell’acqua fredda e poi friggerli”, a una temperatura che non dovrebbe mai superare i 140°per limitare gli effetti dannosi dell’ossidazione termica.
Anche la Commissione Europea si è presa a cuore il tema della frittura e dei rischi per la salute dovuti all’acrilammide, per cui starebbe programmando dei valori limite di presenza nel cibo, che ad alcuni paesi come la Danimarca sono sembrati troppo blandi, mentre hanno scatenzato la reazione di altri paesi dove “fish and chips” la fanno da padroni. È il caso del Belgio, patria delle patatine fritte con doppia frittura, il cui Ministro del Turismo ha promesso battaglia se la Commissione Europea volesse imporre procedure di frittura che causassero un impoverimento della tradizione culinaria del paese.
Tipi di olio
La frittura fa male anche perché nella maggior parte dei casi si utilizzano oli di semi, economici e dalla buona resa, come mais, girasole e soia, ma ricchi di grassi insaturi e sottoposti a pesanti processi di raffinazione in seguito ai quali perdono le loro caratteristiche organolettiche. La nutrizionista ricorda che “sarebbe meglio preferire oli stabili ad alte temperature, come quello di arachidi e l’extravergine di oliva”
In particolare, l’olio extravergine di oliva, risulta il miglior olio per friggere, in quanto oltre a mantenersi più stabile a calore e ossidazione, contiene sostanze antiossidanti ed è in grado di conservarle meglio, anche ad alte temperature, rispetto agli oli di mais, soia e girasole. È quanto emerso anche da uno studio tunisino che ha comparato i diversi oli per friggere.
Contenuto calorico e digestione
Se vi state ancora chiedendo perché la frittura fa male, tenete anche conto del fatto che l’assorbimento dell’abbondante olio da parte dei cibi, “ne aumenta il contenuto calorico, appesantendo il processo digestivo”, evidenzia la dot.ssa Giuffrè. Inoltre, alcuni studi hanno suggerito un maggior rischio di infarto miocardico acuto nelle persone che consumano frequentemente alimenti fritti, per quanto un’altra ricerca pubblicata dal British Medical Journal non abbia evidenziato alcuna correlazione.
“In ogni caso – conclude l’intervistata – la frittura, che sia di carne, pesce o verdure, andrebbe limitata a massimo due volte alla settimana, seguendo alcuni accorgimenti”.
Scopriamoli insieme.
Come limitare gli effetti dannosi della frittura?
Tra gli accorgimenti per ridurre i rischi della frittura troviamo l’indicazione di:
- non riutilizzare l’olio fritto e non aggiungerne del nuovo a quello già utilizzato
- ridurre i tempi di cottura, evitando di “bruciare” i cibi e preferendo una frittura dorata
- evitare di aggiungere spezie o sale ai cibi da friggere, poiché accelerano la disgregazione dei grassi
- friggere gli alimenti pochi alla volta, a piccoli pezzetti, in modo da ridurre i tempi di cottura, ottenendo anche una miglior resa
- pressare bene il cibo pastellato o panato, in modo che non disperda la panatura che deteriorerebbe l’olio di frittura
- scegliere le padelle migliori per friggere, ovvero antiaderenti di ferro e acciaio, con superficie liscia
- non superare la temperatura di 140°.
Con l’aiuto della dott.ssa Giuffrè abbiamo visto perché la frittura fa male e andrebbe limitata. Come anticipato, anche le istituzioni stanno prendendo provvedimenti all’interno della tutela della salute pubblica, per cui potrebbe interessarvi leggere il nostro articolo riguardo le tasse sui cibi spazzatura. Secondo voi possono essere soluzioni di contrasto efficaci?