Sembra che la vera dieta mediterranea sia sempre meno praticata, specialmente in Italia e negli altri Paesi dell’Europa meridionale che le hanno dato i natali. Questo regime alimentare, storicamente promosso per la sua salubrità, nel corso degli anni ha subito stravolgimenti che lo hanno snaturato, tanto che oggi – erroneamente – con questa definizione spesso si intende qualcosa di assai lontano dall’impostazione originaria. La vera dieta mediterranea è finita? Dopo aver chiarito il quadro sulle diete dannose da evitare, questa volta abbiamo interpellato il professor Enzo Spisni, fisiologo della nutrizione dell’Università di Bologna, per comprendere le caratteristiche e l’evoluzione di uno stile alimentare da riscoprire nella sua forma autentica.
La vera dieta mediterranea è finita?
Durante il Congresso europeo sull’obesità, tenutosi a Vienna nel maggio 2018, è stata evidenziata una situazione di progressivo abbandono della vera dieta mediterranea, specialmente nel Sud dell’Europa, dove questo regime alimentare sta diventando una sorta di residuo marginale di un passato lontano. In quest’area i bambini sono in media più grassi e complessivamente meno sani rispetto ai coetanei svedesi, i quali, anche se può apparire paradossale, seguono maggiormente lo schema nutrizionale mediterraneo. L’Organizzazione mondiale della sanità, infatti, ha sottolineato che i piccoli scandinavi mangiano più pesce e vegetali rispetto a quelli dell’Europa meridionale, più assuefatti al cibo spazzatura. Secondo Joao Breda, responsabile dell’Ufficio europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili dell’Oms, “la dieta mediterranea è stata abbandonata e va ritrovata”. I bambini mangiano pochi vegetali e molti dolci, bevono bibite gassate e zuccherate, oltre a consumare troppo sale e grassi. Perdipiù, in genere si muovono poco.
Il professor Enzo Spisni condivide questa analisi, puntualizzando però l’importanza di chiarire il concetto di vera dieta mediterranea, termine che oggi viene usato indistintamente per riferirsi a impostazioni nutrizionali molto diverse fra loro.
Confermando il progressivo abbandono del modello mediterraneo, Spisni ricorda che nelle indagini come quelle sopra citate, agli intervistati vengono sottoposte domande per misurare la presenza di olio extravergine di oliva, cereali integrali, verdure, frutta e pesce nell’alimentazione. Per illustrare meglio la situazione, l’intervistato cita il caso degli abitanti di Pollica, in provincia di Salerno. In questo Comune sulla costa del Cilento, negli anni Cinquanta si era trasferito Ancel Keys, celebre capostipite degli studiosi della dieta mediterranea, il quale, dopo anni di ricerche, concluse che all’alimentazione tradizionale del luogo erano da attribuire notevoli benefici per la salute. I cilentani di oggi, però, hanno quasi totalmente abbandonato questo tipo di nutrizione, in particolare i giovani e gli abitanti della costa, come ha evidenziato l’indagine condotta per una tesi di laurea seguita dal professore. La dieta mediterranea, invece, è praticata ancora dagli anziani e da chi vive nell’entroterra e nelle aree più isolate, una popolazione numericamente minoritaria nel panorama complessivo dell’area. Pur essendo il regime alimentare più studiato e più salutare che conosciamo, quindi, da un punto di vista statistico risulta poco praticato, anche e soprattutto in Italia, ribadisce Spisni.
La vera dieta mediterranea: che cosa prevede?
Proseguendo nell’analisi, l’intervistato precisa la definizione introdotta precedentemente e le circostanze del lavoro di Ancel Keys. Gli studi del fisiologo americano, avviati nel 1958, erano incentrati su individui anziani, nati sul finire dell’Ottocento, pertanto vissuti senza molte delle comodità contemporanee, a partire dal frigorifero. Risulta chiaro, quindi, che per queste persone l’uso di cibi conservati fosse pressoché nullo.
In sintesi, la vera dieta mediterranea prevede queste linee guida.
- Un consumo elevato di ortaggi, frutta, legumi e semi.
- La principale fonte di carboidrati sono i cereali integrali, mentre l’olio d’oliva costituisce la base lipidica.
- Il pesce fresco di mare rappresenta un’importante fonte proteica, mentre le carni e i latticini sono consumati con grande moderazione.
- Le quantità di sale e di zucchero sono estremamente ridotte; le spezie e le erbe aromatiche sono ampiamente utilizzate per condire e insaporire.
È stato alla fine degli anni Cinquanta che in Italia le abitudini alimentari hanno iniziato a cambiare radicalmente, tantoché nelle piramidi nutrizionali redatte negli anni Settanta e Ottanta i latticini assumono una posizione sempre più rilevante, con una frequenza di consumo pressoché giornaliera. Tuttavia, storicamente solo in Grecia e in Albania i latticini si mangiavano quotidianamente, peraltro sotto forma di yogurt e preparati fermentati, come lo tzatziki. Dal punto di vista nutrizionale, questi prodotti presentano caratteristiche diverse dal latte e dai formaggi stagionati, perché la fermentazione in parte predigerisce le caseine e aumenta la percentuale di grassi insaturi rispetto a quelli saturi. Va precisato, inoltre, che questi fermentati sono ben diversi dalle moderne creme di yogurt, ricche di grassi e alle quali vengono aggiunti aromi e zucchero, altro ingrediente sempre più presente a partire dagli anni Cinquanta.
(fonte: De Bernardi, A., I consumi alimentari in Italia: uno specchio del cambiamento.)
Un altro punto chiave riguarda l’utilizzo della carne, che prima dell’introduzione della catena del freddo era limitato alla rara macellazione di animali allevati, il cui consumo era distribuito e centellinato lungo tutto l’arco dell’anno, aggiunge Spisni. I nostri bisnonni annualmente consumavano circa 15-20 chili di carne pro capite, quantità che oggi in Italia è più che quadruplicata, raggiungendo i 90 chili, mentre negli Stati Uniti si arriva a 120.
In passato, almeno per chi abitava nei pressi delle coste, il pesce era più alla portata, con prezzi contenuti e un consumo che non disdegnava quello che oggi viene definito pesce povero. Ai giorni nostri, invece, nel complesso dell’alimentazione dell’Europa meridionale il pesce ha un ruolo più marginale e concentrato sulle poche specie maggiormente richieste dal mercato.
La vera dieta mediterranea studiata da Ancel Keys, inoltre, non era stata ancora stravolta dall’industrializzazione dei cibi, che in passato erano tutti grezzi, con materie prime sempre poco lavorate e molto più ricche sul piano nutrizionale. I processi di raffinazione sono stati introdotti successivamente, generando un cambiamento radicale degli ingredienti e del loro impatto sulla fisiologia umana.
Il drastico cambiamento che ha coinvolto la dieta mediterranea è stato accostato alla transizione nutrizionale, concetto utilizzato per esprimere il passaggio verso un’alimentazione sempre più ricca di carne e latticini, tipica dell’Occidente economicamente sviluppato. Dagli anni Cinquanta, l’industrializzazione ha stravolto il modello della dieta mediterranea, piegandola alle sue esigenze e alla sua offerta, che prevede cibi ad alta conservazione e altamente palatabili, ovvero caratterizzati da un gusto intenso e facilmente apprezzabile dalla più ampia fascia di mercato. La vera dieta mediterranea, però, non prevede farine raffinate e carboidrati ad alto indice glicemico, che l’hanno distorta e sostanzialmente avvicinata a un’alimentazione da fast food.
Questa fase ha rappresentato l’avvio del cambiamento anche e soprattutto nella produzione agricola, votata essenzialmente alla produttività, trascurando la qualità e l’impatto ambientale, in un processo complessivo che l’intervistato ritiene doveroso ripensare. La vera dieta mediterranea era basata sul consumo di vegetali freschi, prodotti localmente senza l’utilizzo di prodotti chimici e strumenti di conservazione. Sappiamo che le tecnologie di refrigerazione sono state un progresso fondamentale, ma inevitabilmente hanno stimolato il cambiamento delle nostre abitudini, in favore di prodotti industrializzati a lunga conservazione, spesso precotti o pronti per essere mangiati.
Negli ultimi anni, però, i consumatori si stanno orientando verso alimenti più sani, prodotti in modo etico ed ecosostenibile. Anche per questo, l’intervistato sostiene che il biologico non dev’essere di nicchia o solo a beneficio dei più ricchi e istruiti, ma è importante che si diffonda nel fiorire di piccoli mercati locali a catena corta, dal produttore al consumatore.
In passato, aggiunge Spisni, tutte le comunità del Mediterraneo seguivano dei digiuni periodici legati alle religioni. Si trattava di astinenze non estreme e socializzanti, praticate in situazioni di riposo, in occasione di ricorrenze che coinvolgevano quasi tutta la popolazione, quindi in un contesto di condivisione e non di isolamento. Questo aspetto viene ripreso dagli studi recenti sul digiuno, come quelli condotti da Walter Longo, ma nelle condizioni di vita attuali, spesso frenetiche, risulta più complicato adottare tali pratiche.
In sostanza, la popolazione studiata da Keys mangiava poco e bene, e anche il digiuno – nelle condizioni di sicurezza sopra riportate – ha favorito la longevità e un’incidenza di patologie cardiovascolari molto bassa.
Educazione al gusto
Pensati per piacere alla fetta più ampia possibile di consumatori, i cibi industriali in genere sono costituiti da ingredienti raffinati – specialmente farine, zuccheri e grassi – lontani dalle caratteristiche originarie delle materie prime grezze, nettamente superiori sia dal punto di vista nutrizionale che sul piano organolettico. Il gusto sapido, semplice e artefatto dei prodotti industriali – dovuto all’uso di zucchero, sale, aromi e glutammato – quindi, non può reggere il confronto con la ricchezza e la complessità dei cibi autentici, dato confermato anche dalle ricerche. Non a caso, sappiamo che la grande cucina è sempre più attenta alla valorizzazione di materie prima di alta qualità.
Per apprezzare questi aspetti, che sposano salute e piacere, però, il palato e la sensibilità vanno formati, e in questo senso Spisni sottolinea l’importanza di lavorare nelle scuole, coinvolgendo i bambini e soprattutto i genitori. Comprendere fin da piccoli la differenza fra un alimento genuino dal gusto autentico – che non è mai estremamente dolce, salato o sapido – e un cibo artefatto di scarsa qualità, aiuta a difendersi dall’appiattimento degli alimenti industrializzati. Abituarsi a un gusto artificiale, viceversa, nella vita induce a compiere scelte alimentari sbagliate e dannose per la salute.
Nel mondo chi la segue?
Può apparire sorprendente, ma la dieta mediterranea resiste in alcuni nazioni lontane dall’Europa meridionale, sia in senso geografico che socio-culturale. Come esempio emblematico, Spisni cita l’India, un Paese che grazie alla diffusione del vegetarianesimo e all’elevato consumo di legumi e spezie, rispetto all’Italia attualmente vanta un’aderenza nettamente superiore alla piramide mediterranea, impostazione che differisce di poco da quella vegetariana. Anche in alcune regioni di cultura anglosassone, come l’Australia e la California, e in nazioni nordiche, come la Svezia, questo regime alimentare è stato valorizzato, fino a essere seguito più che da noi.
Per il professor Spisni, i motivi di questa situazione sono essenzialmente di carattere culturale. Dove la vera dieta mediterranea è stata correttamente promossa per la sua salubrità, le persone si sono impegnate per modificare le loro abitudini, avvicinandosi a questo modello. In Italia, purtroppo, negli ultimi anni quello che dovrebbe essere un vanto, anche sul piano culturale e identitario, è stato demonizzato da falsi esperti che trovano spazio sui media, identificandolo erroneamente con un’alimentazione basata sulle moderne farine bianche raffinate, 0 e 00, che nulla hanno a che fare con la vera dieta mediterranea.
La dieta mediterranea si adatta alle realtà locali
Tuttavia, lo stile alimentare mediterraneo non va inteso come uno schema rigido, bensì come un modello adattabile in base alle aree geografiche e alle disponibilità di materie prime. Non c’è una sola dieta da seguire pedissequamente, e la piramide mediterranea può trovare casa a latitudini e longitudini assai diverse. L’unico elemento basilare difficile da trovare al di fuori del bacino del Mediterraneo è l’olio extravergine di oliva, la cui produzione mondiale è scarsa rispetto alla richiesta. Tuttavia, esistono altri oli vegetali ricchi di grassi insaturi che possono sostituirlo. Spisni precisa che negli stessi Paesi mediterranei tradizionalmente le differenze sono tante, dal punto di vista agricolo e delle produzioni, pensiamo ad esempio alle diverse realtà che distinguono l’Italia, il Marocco, la Grecia e la Spagna.
La vera dieta mediterranea può tornare in auge?
In conclusione, resta la speranza che l’attuale tendenza favorevole a un’alimentazione più sana e genuina possa propiziare il rilancio della vera dieta mediterranea, anche dove questa è nata. L’intervistato, però, fa notare che l’attenzione per la nutrizione resta appannaggio di un’élite di individui istruiti o benestanti, aspetto che rischia di relegare a una nicchia questo stile di vita, mentre la maggior parte della popolazione continua a seguire abitudini scorrette, che favoriscono lo sviluppo di malattie cardiovascolari e metaboliche. In questo senso, secondo Spisni, va ricordato che la sanità resta uno dei costi principali nel bilancio di uno Stato, perciò è fondamentale fare prevenzione, una scelta che se seguita convintamente porta inevitabilmente a inimicarsi le grandi multinazionali del food, dell’agricoltura e dei farmaci.
Serve un coinvolgimento dal basso per riappropriarsi della cultura alimentare mediterranea. Le tasse sul cibo spazzatura – provvedimento che l’intervistato non sostiene particolarmente – sono un espediente per obbligare le persone a mangiare meglio, che andrebbe associato all’uso dei proventi per realizzare programmi di educazione alimentare nelle scuole. Non è semplice agire in questo senso, bisogna convincere le persone con una comunicazione completa e multimediale, che si avvalga di voci autorevoli per trasmettere messaggi corretti. “I nutrizionisti con cui collaboro si pongono proprio l’obiettivo di condurre i pazienti verso la dieta mediterranea, con risultati clinici eccezionali, quasi sempre al di sopra delle aspettative”, conclude Spisni.
E voi seguite la vera dieta mediterranea nella vostra alimentazione quotidiana?
Altre fonti:
European Childhood Obesity Surveillance Initiative – COSI
25th European Congress on Obesity – ECO