di Silvia Salomoni.
La prima e fondamentale caratteristica da cercare sull’etichetta di un prodotto è la sua data di scadenza. Sempre senza farsi prendere troppo dal panico sul crinale giorno più, giorno meno, ma ricordando che – per legge – è vietata la vendita dei prodotti che hanno una data di scadenza già dal giorno successivo a quello indicato sulla confezione. Non confondetevi tra un perentorio “da consumarsi entro il...” e un possibilista “da consumarsi preferibilmente entro il…”. C’è una bella differenza: se bisogna consumarlo entro un certo giorno, vuol dire che quel prodotto poi va a male ed è igienicamente pericoloso da scaduto; mentre se è solo “preferibile”, si tratta di un termine minimo di conservazione, che una volta superato implica solamente una perdita progressiva di proprietà organolettiche (vedi gusto, odore), pur restando sicuro. In altre parole, “preferibile” in questo caso è sinonimo di “più buono”.
I prodotti che hanno una scadenza perentoria sono quelli rapidamente deperibili, comelatte e derivati, formaggi, pasta, carni e pesce freschi. In questo caso sulla confezione ci devono essere la data limite (con giorno, mese ed eventualmente anno) e il luogo, nonché le condizioni di conservazione e, talvolta, la temperatura in funzione della quale è stato determinato il periodo di validità.
C’è da fidarsi? La legge stabilisce la durabilità solo di alcuni prodotti: il latte fresco (5 giorni), quello a lunga conservazione (90 giorni) e le uova (28 giorni). Per il resto è a discrezionalità dei produttori. Per calcolarla non si tiene conto soltanto dell’alimento, anche delle tecnologie utilizzate nella lavorazione, dell’imballaggio e… dei conservanti!