di Silvia Salomoni.
La prima e fondamentale caratteristica da cercare sull’etichetta di un prodotto è la sua data di scadenza. Sempre senza farsi prendere troppo dal panico sul crinale giorno più, giorno meno, ma ricordando che – per legge – è vietata la vendita dei prodotti che hanno una data di scadenza già dal giorno successivo a quello indicato sulla confezione. Non confondetevi tra un perentorio “da consumarsi entro il...” e un possibilista “da consumarsi preferibilmente entro il…”. C’è una bella differenza: se bisogna consumarlo entro un certo giorno, vuol dire che quel prodotto poi va a male ed è igienicamente pericoloso da scaduto; mentre se è solo “preferibile”, si tratta di un termine minimo di conservazione, che una volta superato implica solamente una perdita progressiva di proprietà organolettiche (vedi gusto, odore), pur restando sicuro. In altre parole, “preferibile” in questo caso è sinonimo di “più buono”.
Tutto ciò non ha alcun fondamento se la confezione del prodotto è alterata: controllate sempre che sia tutto integro e sigillato, altrimenti qualunque indicazione sulla scadenza perde di valore.
I prodotti che hanno una scadenza perentoria sono quelli rapidamente deperibili, comelatte e derivati, formaggi, pasta, carni e pesce freschi. In questo caso sulla confezione ci devono essere la data limite (con giorno, mese ed eventualmente anno) e il luogo, nonché le condizioni di conservazione e, talvolta, la temperatura in funzione della quale è stato determinato il periodo di validità.
I prodotti con un termine minimo di conservazione sono quelli non rapidamente deperibili, i particolari da stampare sull’etichetta in questo caso variano a seconda delle categorie merceologiche. Per i prodotti alimentari conservabili meno di 3 mesi devono essere specificati giorno e mese, per quelli che resistono dai 3 ai 18 mesi bastano il mese e l’anno, mentre oltre i 18 mesi basta solamente l’anno. Il termine minimo di conservazione non é obbligatorio per la frutta e la verdura fresche (sempre che non siano sbucciate o tagliate), né per i prodotti da forno e da pasticceria freschi, che normalmente sono consumati entro 24 ore. Idem per vino (tranne quello in cartone), aceto, sale, zucchero allo stato solido, bevande alcoliche con oltre il 10% di alcol, gomma da masticare, caramelle e prodotti simili. I prodotti da banco venduti al supermercato devono riportare solamente la temperatura di conservazione.
C’è da fidarsi? La legge stabilisce la durabilità solo di alcuni prodotti: il latte fresco (5 giorni), quello a lunga conservazione (90 giorni) e le uova (28 giorni). Per il resto è a discrezionalità dei produttori. Per calcolarla non si tiene conto soltanto dell’alimento, anche delle tecnologie utilizzate nella lavorazione, dell’imballaggio e… dei conservanti!