La cucina italiana è una cosa, l’italian kitchen un’altra

All’estero hanno le idee molto chiare sulla cucina italiana. Più di quanto non le abbiamo noi italiani, divisi come siamo tra tante cucine regionali spesso molto diverse tra loro.
Le icone gastronomiche sono quelle che sappiamo tutti: pizza, maccheroni, spaghetti, ragù, ravioli, salame, parmigiano, risotto, espresso e cappuccino. Ma, a sorpresa, ci sono anche i piatti-paradosso, come le fettuccine all’Alfredo e gli spaghetti alla bolognese, proposti come bandiere di italianità e sconosciuti a noi italiani. Sono infatti piatti nati all’estero, concreta espressione dell’immaginario straniero su ciò che la cucina italiana potrebbe essere e che invece non è.
Il sito anglofono www.videojug.com è un grosso portale di successo specializzato  in video-ricette di cucina e basta cliccare su “How to make Spaghetti Bolognaise” (http://www.videojug.com/film/how-to-make-spaghetti-bolognese) per rimanere allibiti: fra le tante stranezze, il ragù viene cotto nel forno, aromatizzato con un imprevedibile origano e finito con una generosissima cascata di prezzemolo crudo sul piatto pronto.
Ciò dimostra come gli “Spaghetti Bolognaise” siano il sincretismo tra simboli della gastronomia italiana: gli spaghetti, icona massima di italianità,  la città di Bologna, che è riuscita e rendere universale l’immagine di “città dove si mangia bene” e patria della cucina italiana, e l’origano, anch’esso sapore-simbolo per via della pizza. Tutto questo dimostra sia quanto forte l’aspettativa degli altri riguardo ai sapori ritenuti fondanti il nostro gusto, a prescindere dalla plausibilità del loro intervento nella preparazione di quel piatto.

Il successo degli spaghetti con il ragù, comunque, è straordinario. Una recente ricerca mostra che gli inglesi ne consumano 670 milioni di scatole all’anno, come dire che per ben due volte alla settimana ogni inglese è convinto di mangiare italiano aprendo una di quelle scatole e magari accompagnandola con un cappuccino.

Non ci resta che concludere che se agli stranieri piacciono e se li mangiano così è un po’ colpa nostra che non abbiamo saputo fare una comunicazione efficace sulla nostra vera cucina.

Articolo di Martino Ragusa

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