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Manzo Kobe e Wagyu: ecco le caratteristiche delle carni pregiate giapponesi

 

 

Tra le carni di manzo più pregiate e ricercate, oggi non possiamo non parlare di Wagyu e di Kobe. Apprezzate in tutto il mondo e utilizzate da rinomati chef, queste carni oggi sono utilizzate anche per la produzione di eccezionali salumi e prosciutti, in particolare a metodo zero. Di cosa si tratta? Lo vedremo tra poco, ma prima di saperne di più, facciamo un piccolo chiarimento su quali sono le differenze e le caratteristiche di Waygu e Kobe.

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Wagyu e Kobe: quali sono le caratteristiche di queste carni?  

In Giapponese le carni di Waygu e di Kobe si consumano tradizionalmente alla griglia, quasi sempre al sangue; in alternativa, si trovano spesso anche nel sushi, mentre la produzione di prosciutti (e anche di pasta fresca con ripieno di Waygu e Kobe) è solo recente. Prima di raccontarvi queste novità, però, cominciamo col chiarire il significato preciso dei due termini, che ancora vengono troppo spesso confusi. Intanto ricordate che tutto il Kobe è Wagyu, ma non tutto il Wagyu è Kobe.

Wagyu

Wagyu letteralmente significa bovino (gyu) giapponese (wa). Durante il periodo Edo (1635-1868) che lo Shogun proibì il consumo di carne di animali quadrupedi, che vennero impiegati per il lavoro nei campi. Questo favorì lo sviluppo nei manzi giapponesi di riserve energetiche intramuscolari che danno alla Wagyu un aspetto marmorizzato, comunemente noto come marezzatura. Si tratta di una proprietà della carne che indica la distribuzione del grasso all’interno del tessuto muscolare, ideale, come vedremo, per la realizzazione dei prosciutti. La marmorizzazione, infatti, è il grasso presente nella carne, quello che dà sapore; più la carne è marmorizzata, più saporito e succoso sarà il prodotto. La marmorizzazione dipende sia dalla genetica sia dal programma di alimentazione, di solito solo a base di grano, senza antibiotici e ormoni: più a lungo si nutre, più alta sarà la marmorizzazione.

La Waygu si riferisce a quattro razze bovine giapponesi: Japanese Black, Japanese Brown/Red, Japanese Shorthorn e Japanese Polled, anche se oltre il 90% di tutta la Wagyu proviene da bovini Japanese Black. Per molto tempo, l’esportazione del manzo Wagyu è stata proibita; poi, negli anni Novanta, questa carne è stata esportata per la prima volta in Australia, mentre oggi si alleva e produce anche in altri paesi, quali USA, Scozia, Canada e persino Italia (Ca’ Negra tra Venezia e Rovigo è uno dei primi allevamenti italiani di carne giapponese).

marezzatura kobe

Kobe 

Questa carne prende il nome da Kobe, capitale della prefettura di Hyogo, unico luogo al mondo dal quale l’autentica Kobe può provenire. Il manzo di Kobe è un marchio registrato che per essere chiamato tale deve rispettare le seguenti caratteristiche, le cosiddette “regole d’oro”:

Si tratta di una delle carni più venerate al mondo, poiché estremamente tenera e con una struttura grassa unica, in quanto ben marezzata. Per questo non è a disposizione di tutti in Europa, ma viene rilasciata in quantità ristrette solo a pochissime realtà, ristoranti o distributori, che abbiano una certificazione specifica. Per tutti questi motivi, c’è un controllo e una tracciabilità totale; ad esempio i vitelli vengono registrati individualmente con tutte le informazioni su nascita, sesso, razza, dati del produttore, metodo di ingrasso, DNA e il pedigree e come metodo di controllo igienico in azienda, il Giappone ha introdotto il sistema HACCP dell’azienda agricola.

Prosciutti di Wagyu e Kobe a metodo zero 

Con i migliori tagli di Wagyu e Kobe vengono prodotti salumi e prosciutti, distribuiti in Italia dall’azienda La Fenice, di cui vi avevamo già parlato a proposito di Pata Negra, Foie Gras Etico e Acciughe del Cantabrico.  Tra i prodotti spicca, per esempio, il Prosciutto di Kobe Beef, fatto solo con carne di animali cresciuti e nutriti in Giappone. “Ogni tipologia di carne ha una sua peculiarità culinaria –  ci spiega Ilaria Cecchini, – e ogni produttore le rende sublimi grazie a un know-how ancestrale. I prodotti sono tutti artigianali e fatti a mano nel rispetto della tradizione, da uomini il cui unico obiettivo è offrire un’esperienza avvolgente e unica a ogni morso”.

Grazie al sistema produttivo, infatti, questi prosciutti vengono definiti a metodo zero, ovvero: zero nitriti, nitrati, glucosio, lattosio, conservanti e additivi vari. “Inoltre, per garantire la totale sicurezza alimentare della produzione è stato perfezionato un sistema interamente robotizzato per gestire i processi e l’approvvigionamento – , continua Ilaria, – camere stagne e trasferimenti automatizzati per impedire le contaminazioni della carne che, in assenza di sostanze chimiche, potrebbero danneggiare il prodotto. Questi prosciutti senza conservanti vengono stagionati e affinati per oltre 3 mesi, ottenendo così un gusto maturo, pieno e profumato. Il risultato è un prodotto dal sapore lungo e avvolgente, indimenticabile per pulizia e ricchezza della carne, esaltato da un grasso straordinario, che non può lasciare indifferenti. Li trovate da Antonio Ferrari a Padova o alla Trattoria al Braciere di Eraclea (VE).

 

 

Allora, vi abbiamo incuriosito ad assaggiare alcune di queste prelibate rarità?

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