Il volume d’affari delle frodi nel settore alimentare supera, nel mondo, i 100 miliardi di euro. Una cifra considerevole che impatta sull’intera filiera dell’agrifood, eccellenza del Made in Italy indebolita da falsificazioni e altri reati. Una delle espressioni fraudolente più diffuse è quella dell’“italian sounding”, ovvero la commercializzazione di prodotti non autentici denominati in maniera simile all’originale italiano, del quale però sfruttano la fama.
Cosa è stato fatto contro il falso made in Italy fino ad oggi e qual è, invece, la strada da percorrere per tutelare i produttori e i consumatori? Ne abbiamo parlato insieme ad Andrea Michele Tiso, presidente di Confeuro, Confederazione degli Agricoltori Europei in Italia e nel Mondo, realtà attiva da quasi 20 anni nel settore.
Italian sounding, intervista al presidente di Confeuro
La tutela del Made in Italy e dei prodotti d’eccellenza, a partire da quelli tutelati con marchi DOP e IGP, è il primo passo per agire contro il fenomeno dell’“italian sounding”, ma secondo Confeuro non è sufficiente. Abbiamo chiesto al presidente perché e quali sono, secondo la confederazione, le azioni prioritarie da compiere.
Prima di addentrarci nell’attualità, riteniamo sia utile ribadire una definizione di che cosa si intenda per “italian sounding” e, se possibile, Le chiedo di farci alcuni esempi.
A.M.T.: “Per ‘italian sounding’ si intende una forma di contraffazione che sfrutta la fama e la forza di attrazione dei prodotti italiani nel mondo. È un fenomeno tipico – ma non esclusivo – dell’agroalimentare. Attraverso l’utilizzo di etichette, confezioni, denominazioni e colori caratteristici del nostro Paese, il consumatore viene di fatto ingannato. È così convinto di acquistare prodotti Made in Italy che provengono in realtà dall’estero. A essere prese di mira sono soprattutto le nostre eccellenze più rinomate, come il parmigiano e la mozzarella, ma anche olio, salumi, sughi e pasta. Si tratta di un fenomeno diffuso in tutto il mondo, ma è presente in modo particolare nei mercati di Europa, America e Australia. Paradossalmente, questa azione di pirateria alimentare è al tempo stesso una conferma del valore delle nostre produzioni e una seria minaccia.
C’è poi un’altra tipologia di ‘italian sounding’, più difficile da contrastare perché formalmente legale. Avviene quando grandi multinazionali acquistano noti marchi dell’agroalimentare italiano e finiscono per svuotarli di sostanza, delocalizzando la produzione, scegliendo materie prime non italiane e rinunciando alla qualità. Anche questo preoccupa, perché sono sempre più numerosi i marchi italiani acquistati da grandi gruppi stranieri.”
Perché la pratica dell’“italian sounding” si lega al tema della contraffazione alimentare e quali sono i danni che essa comporta sul settore agroalimentare italiano?
A.M.T.: “L‘italian sounding’ è una forma specifica di contraffazione alimentare che prende di mira le nostre eccellenze. Esistono naturalmente altre forme di contraffazione, che potremmo definire meno raffinate, come per esempio quelle in cui uno degli ingredienti dichiarati in etichetta è semplicemente sostituito con un altro di qualità inferiore.
I danni dell’‘italian sounding’ sono molteplici, a partire dalla fiducia del consumatore, che finisce per essere minata, fino ai danni economici che i nostri produttori subiscono a causa di questa forma di concorrenza sleale.
Basti pensare che l’agroalimentare si è ormai consolidato come una leva strategica per la crescita del nostro Paese per la sua capacità di trainare l’intera economia. Si calcola che la filiera, dai campi fino agli scaffali e alla ristorazione, produca circa un quarto del nostro Pil. È pertanto essenziale comprendere che la contraffazione non è un problema solo per il settore coinvolto, ma per tutto il Paese.”
Qual è la dimensione economica della contraffazione alimentare e, di conseguenza, del danno apportato al made in Italy del food?
A.M.T.: “Si tratta di un danno di proporzioni rilevanti. Si stima che il volume d’affari complessivo delle frodi nel settore alimentare superi ormai i 100 miliardi di euro, una cifra considerevole. Questo tipo di truffa è talmente diffuso a livello globale che oggi più di due prodotti su tre venduti come italiani sono falsi. Ma le conseguenze vanno oltre il dato strettamente economico. Il 65% degli italiani, infatti, teme le frodi non solo perché si ritrovano a pagare prezzi non giustificati dalla qualità dei prodotti, ma anche per i possibili danni alla salute. La questione non è di poco conto. Il legame di fiducia tra consumatori e produttori si costruisce nel tempo. Una volta che è stato compromesso è difficile riconquistare il terreno perduto.”
Quali strategie sono state messe in atto fino ad ora e, a vostro avviso, cosa dovrebbe essere fatto?
A.M.T.: “Nel 2019 c’è stato uno sforzo per valorizzare e proteggere il Made in Italy, con l’introduzione di nuove norme per la tutela dei marchi di interesse nazionale. Più in particolare, con un apposito decreto è stato istituito un registro speciale dei marchi storici ed è stato creato un fondo di garanzia per sostenere le imprese. Il Decreto Crescita ha poi previsto un’agevolazione del 50% per le spese sostenute per tutelare in sede legale i prodotti colpiti dall‘’Italian Sounding’. Queste misure si aggiungono alle tutele già offerte dai marchi di qualità alimentare e mostrano che la politica ha preso coscienza dell’importanza del tema. Con la crisi pandemica, tuttavia, il fenomeno della contraffazione ha conosciuto un incremento senza precedenti. Per questo è necessario fare di più.”
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Quali sono, sempre a vostro avviso, le azioni da compiere (e chi dovrebbe compierle) per tutelare il made in Italy da questo tipo di comportamenti fraudolenti?
A.M.T.: “La battaglia contro la contraffazione alimentare e il cosiddetto ‘italian sounding’ richiede misure più severe per quanti si rendono responsabili di simili frodi. Alcune recenti proposte di riforma dei reati alimentari, come per esempio quelle avanzate dal Comitato Scientifico dell’Osservatorio Agromafie, vanno nella giusta direzione perché prevedono un sistema punitivo più adeguato. Ma oltre a controlli più rigidi sul nostro territorio, occorre agire anche a livello europeo e internazionale per far sì che accordi e normative rendano la vita sempre più difficile a chi intende sfruttare la qualità delle produzioni italiane per truffare i consumatori.”
Gli sforzi delle associazioni di categoria, dunque, sono orientati a portare alla luce la questione e aiutare produttori e consumatori a proteggersi dalle truffe. Conoscevate già il fenomeno dell’“italian sounding”?