Le conoscenze e la consapevolezza sull’intolleranza al lattosio negli ultimi anni stanno progredendo, anche se la strada da fare è ancora molta. Dopo aver definito questa specifica condizione in un recente articolo, abbiamo chiesto a Maria Sole Facioni, presidente dell’Associazione italiana dei latto-intolleranti onlus (AILI), di parlarci dell’intolleranza al lattosio con particolare riferimento alla diagnosi e alle ricerche in corso.
Intolleranza al lattosio: diagnosi e test
La presidente di AILI parla dell’intolleranza al lattosio, illustrando i metodi di diagnosi. “Gli strumenti diagnostici più comuni sono due, il test del respiro e il test genetico. In passato si utilizzavano anche esami più invasivi, come la biopsia, ma oggi i più comuni e diffusi sono questi, molto meno invasivi. Il primo e il più diffuso fra i due è il test del respiro, il breath test. La procedura prevede l’assunzione di lattosio la mattina, al quale è accompagnato un campionamento dell’aria espirata, sia prima che dopo l’assunzione, ogni mezz’ora per tre o quattro ore. In base ai campionamenti del respiro, dai rilevatori viene valutato il malassorbimento del lattosio a livello intestinale attraverso la concentrazione di idrogeno. Infatti, se una persona risulta intollerante, il lattosio non viene digerito e viene fermentato dalla flora batterica, con un rilascio di idrogeno che raggiunge il circolo ematico e il respiro. In seguito, la curva del grafico che ne deriva va interpretata nel modo corretto.
Questo test richiede una preparazione nei giorni precedenti, infatti nei quindici giorni che precedono non devono essere assunti antibiotici e farmaci che possono alterare i valori. Il giorno che precede il test deve essere seguita una dieta adeguata, perché alcuni alimenti possono alterare i risultati. Si consigliano, ad esempio, riso bianco e carne o pesce cotti in modo semplice. Il test del respiro si può fare in ospedale o nei laboratori privati. In ospedale ha il costo del ticket, mentre nei laboratori privati costa sui 70-120 Euro. Il breath test indica la presenza di un’intolleranza secondaria al lattosio, ma non offre informazioni sulla sua permanenza.”
“Per l’intolleranza al lattosio la diagnosi definitiva può arrivare dal test genetico, il secondo fra i test che citavo, che si può fare con un prelievo salivare o di sangue. Questo esame non necessita di nessuna preparazione e dura pochi minuti. Alcuni ospedali italiani lo hanno introdotto nel 2016. In questo caso, viene esaminato il DNA in laboratorio per valutare se è presente la variazione nel gene che determina la produzione di lattasi. Il test genetico, se fatto singolarmente, valuta unicamente la predisposizione genetica, mentre se è associato a sintomi conclamati può essere diagnostico. Secondo studi molto recenti, se il test genetico è fatto su individui con sintomi conclamati di intolleranza al lattosio, dall’età dello sviluppo in poi, è diagnostico e presenta risultati coincidenti con i valori del breath test. Per mia definizione personale, i due test non sono alternativi ma complementari, perché forniscono informazioni diverse e insieme offrono un quadro complessivo dell’intolleranza al lattosio.”
Il problema dei test non riconosciuti
La dottoressa Facioni prosegue mettendo in guardia dai test non riconosciuti, che nell’individuare l’intolleranza al lattosio ostacolano la diagnosi. “Purtroppo in commercio ci sono test non riconosciuti a livello scientifico, che complicano e ritardano la diagnosi, finendo per incrementare il numero di soggetti non diagnosticati. Fra questi posso citare il test del pendolo, il vega test e il test del capello, che oltretutto sono costosi. La nostra associazione è sempre a contatto coi cittadini e con chi è interessato al tema dell’intolleranza al lattosio. Cerchiamo di evidenziare questo problema con una corretta comunicazione, anche attraverso gli incontri e le fiere. L’intolleranza al lattosio non va mai sottovaluta.”
La diagnostica si diffonde
L’intolleranza al lattosio sta beneficiando di un’evoluzione nella diagnosi. Maria Sole Facioni aggiunge che “Negli ultimi tre anni, fortunatamente, la diagnostica sta migliorando e si sta diffondendo sul territorio. La formazione rivolta ai professionisti del settore e la sensibilizzazione che stiamo facendo sembrano dare i loro frutti. Stiamo anche lavorando alla sensibilizzazione sulla presenza di lattosio nei farmaci, un tema trascurato ma importante.”
La consapevolezza alimentare sull’intolleranza al lattosio
La presidente AILI sottolinea alcuni aspetti importanti relativi alla presa di coscienza dell’intolleranza al lattosio, a parte la diagnosi. “Per il benessere fisico, psicologico e relazionale la consapevolezza su un’alimentazione adeguata deve essere massima. A volte si innesca un meccanismo di disagio, per cui la vita sociale viene ristretta a causa dell’intolleranza. Pensiamo ad esempio a una colazione in pasticceria, a un gelato con gli amici, alla mensa lavorativa o a una pizza la sera. Nell’intolleranza al lattosio, da quando la diagnosi è certa, l’attenzione da prestare deve essere costante e si consiglia sempre di seguire una dieta specifica. L’AILI ha stilato delle linee guida, con misure adeguate per il benessere dei latto-intolleranti, ma bisogna ricordare che ci vogliono mesi per ripristinare le condizioni ottimali della flora intestinale.”
Serve formazione e comunicazione
Secondo la dottoressa Facioni la formazione e la comunicazione vanno curate al meglio. “C’è un altro dato rilevante che a maggio ho presentato ad un convegno presso l’Istituto superiore di Sanità. Secondo il 90% degli intervistati, in Italia non c’è un’informazione adeguata sull’intolleranza al lattosio. Inoltre, sempre secondo la maggior parte degli intervistati, il medico di famiglia non ha saputo dare le giuste informazioni quando gli sono state richieste. Si tratta di dati sconfortanti, anche se, perlomeno, molti addetti del settore hanno riconosciuto di aver bisogno di un corso di formazione sull’intolleranza la lattosio. Forse non è un caso che molte delle persone che accusano malessere e hanno già eliminato i latticini, una volta sottoposte al test risultano positive.”
Le ricerche sull’intolleranza al lattosio
Dopo aver parlato di intolleranza al lattosio con riferimento alla diagnosi, la presidente Facioni fa il punto sulle ricerche in corso. “Rispetto agli studi sulla celiachia, siamo molto indietro. Le ricerche sull’intolleranza al lattosio sono ancora molto generiche, anche se tanti studi sono tuttora in corso. Ad alcuni di questi partecipiamo come associazione, mentre altri li stiamo sviluppando come associazione per aumentare i dati scientifici. In cantiere abbiamo nuovi progetti, che saranno avviati dal prossimo anno.”
“L’intolleranza al lattosio non è una malattia notificata al sistema sanitario, e per questo non possiamo portare dati numerici certi sulla sua diffusione, anche se le aziende alimentari ce li chiedono quando devono lanciare nuovi prodotti. Sul nostro sito abbiamo proposto un questionario che sta dando buoni risultati.”
“Come abbiamo comunicato al Ministero della Salute, vogliamo arrivare ad avere una soglia di riferimento adeguata relativa alla percentuale di lattosio nei prodotti, per tutelare tutte anche chi ha un’intolleranza più grave. Attendiamo che a livello europeo ci sia un’armonizzazione normativa che decreti un valore soglia di riferimento uguale per tutti gli Stati membri dell’Unione. In altre nazioni, come la Spagna e i Paesi scandinavi, è stato adottato il limite 0,01% , mentre in Italia, a oggi, vige la soglia dello 0,1%, che la nostra associazione ritiene troppo elevata.”
Per approfondire il tema, oltre all’articolo che definisce l’intolleranza al lattosio, può essere interessante leggere i nostri articoli sulle alternative alimentari prive di questo zucchero, come ad esempio alcuni formaggi e la frutta secca.
Ci siamo inoltre occupati di celiachia, focalizzando sui sintomi di questa condizione e sulle caratteristiche negative dei cereali moderni.