Viviamo in una società in costante lotta con i cambiamenti climatici, divisa tra la sicurezza di non voler arretrare di nemmeno un passo rispetto ai comfort “conquistati” e la necessità di una nuova cultura ambientale, che porti le persone a rivalutare ciò che è a “nostro uso e consumo”, riscoprendo il valore del risparmio, non solo di risorse, del riuso e del necessario. In questo mondo, le api continuano a stupirci e a ispirarci con il loro esempio: dall’organizzazione del lavoro, al senso di comunità, fino al contributo fondamentale che l’apicoltura dona all’agricoltura tutta.
Incuriositi dal racconto appassionato di Giuliano Gallini nel suo “100 parole”, non potevamo non dedicare un’intervista a “La rivoluzione delle api”, edito da Nutrimenti, che domenica 9 settembre sarà presentato anche a Festivaletteratura di Mantova. Ecco, quindi, la mia bella chiacchierata con le autrici Adelina Zarlenga e Monica Pelliccia, giornaliste ed esperte conoscitrici di questi preziosi insetti, le quali con il loro libro hanno deciso di portare un messaggio positivo, raccontando le tante esperienze virtuose in Italia e nel mondo, dove le api sono protagoniste di splendide rivoluzioni.
Intervista “La rivoluzione delle api”: il racconto delle autrici
Chiacchierando con Adelina Zarlenga, scopriamo che il libro, uscito il 7 giugno scorso, nasce da un progetto giornalistico multimediale, che ha vinto il Premio Innovation in Development Reporting Grant Programme (IDR) organizzato dal Centro Europeo di Giornalismo (EJC), a tema api e sicurezza alimentare: “abbiamo pubblicato reportage su Repubblica Le Inchieste, su El País, New Internationalist, The Hindu e da qui è nato il documentario “Hunger for bees”, con la regia di Silvia Luciani. In seguito abbiamo ampliato le storie raccontate con nuovi capitoli e nuovi protagonisti, che hanno portato alla scrittura de “La rivoluzione delle api”, che contiene esperienze di apicoltura sostenibile in Italia, India, Honduras, Stati Uniti e Irlanda e dove ogni capitolo è dedicato ad un cibo impollinato”.
[elementor-template id='142071']Niente più api, niente più cibo?
Perché le api sono così importanti? Tutti lo dicono e pochi lo sanno. Niente più api, niente più impollinazione, niente più cibo. È Monica Pelliccia a spiegarci meglio cosa significa: “Il progetto, e quindi il libro, nasce proprio con la volontà di raccontare la relazione che c’è tra il declino delle api e la nostra sicurezza alimentare. Per spiegare l’importanza degli impollinatori, come le api, siamo partite in particolare da una ricerca dell’Università di Harvard pubblicata nel 2015 su The Lancet, rivista scientifica in ambito medico”. L’autrice ci racconta come a partire da dati FAO, i ricercatori americani hanno studiato l’impatto dell’assenza degli impollinatori sulla nostra dieta e, quindi, sulla nostra salute. “I risultati della ricerca hanno dimostrato che la scomparsa delle api comporterebbe a livello globale la perdita del 23% di frutta, del 16% di verdura e del 22% di semi e noci, colpendo, in particolare, Paesi fortemente dipendenti dall’impollinazione e meno dalle importazioni, come Sud-Est asiatico e Centro America”.
Un bel danno, se si considerano anche le conclusioni a cui lo studio di Harvard è arrivato riguardo le conseguenze in termini di perdita di nutrienti: “71 milioni di persone potrebbero soffrire a causa di malnutrizione, per mancanza di vitamina A e 173 milioni di persone a causa di mancanza di acido folico e ferro”. Ecco perché gli insetti impollinatori sono così importanti: senza di loro avremmo solo pane, cereali, patate e poco più.
Perché le api stanno morendo? Neonicotinoidi e glifosato
Su Il Giornale del Cibo abbiamo raccontato della crisi del miele e delle api, che molti apicoltori attribuiscono al massiccio uso di pesticidi in agricoltura, ma si parla anche di cambiamenti climatici. Per capire meglio la situazione reale, Adelina Zarlenga spiega come le ricerche scientifiche puntino il dito su una molteplicità di fattori responsabili della moria delle api, ma anche di altri impollinatori, come bombi e farfalle: “le cause variano anche in base alle zone e al periodo; certamente l’uso di pesticidi in agricoltura è considerato tra le principali minacce per gli insetti impollinatori. Ma i problemi arrivano anche a causa di agricoltura intensiva, monocolture, cambiamenti climatici, pratiche inappropriate di apicoltura e malattie, in particolare la varroa, comune tra le api, che porta grandi morie. In tutto questo, la posta in gioco è la biodiversità”.
Sull’utilizzo di pesticidi nel libro si esprimono alcune esperte, come l’oncologa Patrizia Gentilini, la quale ha raccolto la letteratura scientifica esistente sulla relazione tra pesticidi ed effetti per la salute. Tra questi i neonicotinoidi sono quelli di cui ultimamente si è parlato di più, poiché agiscono a livello cerebrale facendo perdere alle api il senso di orientamento, per cui si smarriscono e non riescono a tornare nelle arnie. L’Efsa nel 2018 ha confermato la pericolosità di queste sostanze per gli insetti impollinatori, mentre la Commissione Europea ha recentemente vietato l’uso all’aperto di tre pesticidi neonicotinoidi ritenuti nocivi per le api, a partire dalla fine di quest’anno.
“Non è una soluzione risolutiva per tutelare le api – prosegue l’autrice – poiché il divieto riguarda solo tre tipologie di neonicotinoidi, tra l’altro già sospesi in Italia dal 2008 in alcune situazioni (non in campo aperto), mentre sono molti di più i trattamenti chimici nocivi utilizzati nelle coltivazioni intensive e in particolare nelle monocolture”.
Anche il glifosato è chiamato in causa come responsabile della moria degli impollinatori ed è molto contestato, tuttavia a novembre 2017 il suo utilizzo è stato rinnovato per altri cinque anni dall’Unione Europea.
E in Italia?
Adelina Zarlenga si è occupata dei progetti italiani e ci racconta che nel nostro Paese il problema è reale, poiché gli apicoltori lamentano gravi perdite a causa di pesticidi e erbicidi utilizzati sui campi, in prossimità delle arnie, che causano gravi morie o che fanno perdere l’orientamento alle api. “È difficile che in molti rinuncino a questi prodotti chimici, ma c’è chi dice no e anche in Italia si stanno portando avanti importanti tentativi di sensibilizzazione, verso gli agricoltori e i grandi consorzi agrari, per mettersi d’accordo in modo da evitare danni alle api e all’ambiente”, racconta.
“La rivoluzione delle api” vuole dare voce proprio alle storie virtuose, in Italia e nel mondo, a tutela di questi insetti; del resto, già il titolo del volume racchiude in sé un messaggio di speranza.
Delle esperienze positive ci racconta Monica Pelliccia.
Piccole e grandi iniziative per innescare un cambiamento
“Nel libro raccontiamo la nostra esperienza, che ci ha portato a conoscere piccole e grandi iniziative in tutto il globo per innescare un cambiamento, ovvero per aumentare la produzione agricola senza pesare su un ecosistema già affaticato”, chiarisce l’autrice.
Qualche esempio? Partiamo dall’Italia con la storia di Giorgio Baracani, Vicepresidente di CoNAPI: “vive in provincia di Bologna e pratica l’apicoltura nomade, ovvero viene chiamato dagli agricoltori in zone dove non ci sono più api, o troppo poche, e sposta le sue api dove c’è bisogno, per migliorare i raccolti”.
Il piccolo paese alpino di Malles, in Val Venosta, invece, è riuscito a diventare il primo Comune senza pesticidi, grazie a un referendum che ne ha bandito l’uso nel 2015, promuovendo la conversione al metodo biologico. Tuttavia, anche se la battaglia continua, stando alle ultime notizie, a giugno 2018 il TAR ha sospeso il regolamento comunale che aveva determinato il divieto di prodotti fitosanitari.
Un’esperienza analoga a quella di Sikkim, Stato indiano che ha abolito i pesticidi e da 10 anni ha iniziato una transizione appoggiata dal governo per passare al biologico: “nel gennaio 2016 è stato dichiarato completamente biologico”.
Le autrici ci raccontano come le storie racchiuse ne “La rivoluzione delle api” abbiano tutte un filo comune, poiché mostrano come l’apicoltura possa aumentare la quantità e la qualità della produzione agricola, consentendo in molti luoghi alle famiglie contadine una sussistenza che permette loro di rimanere nelle loro terre, senza essere costretti a migrazioni climatiche. “Questo avviene ad esempio in Honduras, nella zona del Corredor Seco che va dal Chiapas messicano fino al Costarica, caratterizzata da un’estrema siccità, che influisce sia sulle produzioni, sia sulle migrazioni climatiche. Storia che si avvicina a quella delle contadine del Maharashtra, a sei ore da Mumbai, che si occupano delle api, migliorando la loro qualità di vita”.
Un altro racconto che merita la lettura del libro è quello di Parthiban, autista di bus di Gobychettipalayam, Stato Tamil Nadu, che ha voluto sperimentare l’effetto delle api sui suoi tamarindi: “ha costruito lui stesso le arnie e dopo un anno di osservazione ha potuto valutare i miglioramenti, constatando un incremento del 400% nella produzione”.
Tutte queste esperienze sono “la rivoluzione delle api”, che dà il titolo al libro. Come ci spiegano le autrici, infatti, “si tratta del contributo che l’apicoltura può dare all’agricoltura e all’alimentazione nel mondo, è una rivoluzione sostenibile nella produzione di cibo”.
Cosa ci insegnano le api? La prefazione di Vandana Shiva
La prefazione del libro è affidata a Vandana Shiva, influente scienziata ed ecologista, la quale sostiene che le api ci insegnano la generosità e la cooperazione. Chiedo allora alle autrici cosa hanno insegnato loro le api nell’avventura che ha portato alla scrittura del libro: “Le api e le storie che raccontiamo, ci hanno insegnato che insieme si può cambiare, che ognuno può essere artefice della rivoluzione”. Il cambiamento deve avvenire a livello di sistema, con politiche adeguate, ma le nostre azioni, per quanto piccole, hanno una grande importanza. Infatti, come suggerisce Adelina Zarlenga, tutte le persone possono proteggere le api e il loro prezioso lavoro, attraverso consumi e scelte alimentari consapevoli: “prendiamo ispirazione dalle api, che hanno il termometro della biodiversità e di ciò che sta avvenendo nel nostro ecosistema e, di conseguenza, ricordiamoci di consumare prodotti quanto più possibile di prossimità, mangiando biologico e locale e sostenendo i piccoli produttori custodi dei territori”.
Volete innescare anche voi il cambiamento? Vi consiglio di partire dalla lettura de “La rivoluzione delle api”. Che ne dite?