Nutrire il pianeta è una delle sfide più complicate e attuali che gli attori delle filiere agroalimentari devono affrontare già nel presente. Secondo le stime delle Nazioni Unite, infatti, entro il 2050 la popolazione mondiale potrebbe raggiungere i 9 miliardi, con tutto ciò che comporta a livello di spazio, ambiente e alimentazione. Già oggi il diritto al cibo e l’accesso al cibo sano sono una questione urgente, come evidenzia anche il vice-direttore generale della FAO Maurizio Martina, e proprio per questo è estremamente rilevante l’esigenza di immaginare maniere diverse per nutrire le persone e non soltanto.
Alla crescita della popolazione mondiale, infatti, fa da eco un aumento della domanda di carne e pesce. Se in Europa il consumo di proteine animali è in calo, in altri Paesi il trend è inverso. Come garantire il cibo a tutti senza consumare ulteriormente le risorse del Pianeta? Una delle strade di sostenibilità riguarda l’introduzione degli insetti nelle filiere agroalimentari. In questo caso non si parla di insetti commestibili per il consumo umano, quanto piuttosto l’integrazione di alcune specie nella dieta di alcuni degli animali d’allevamento. L’obiettivo è sostituire ingredienti che hanno un elevato impatto ambientale, con alternative meno dannose.
Un progetto pilota in questo ambito è Win4Feed, Waste and Insect for Feed. Finanziato dall’Unione Europea, il percorso è condotto dalla start up trentina Baofly con la supervisione scientifica della Fondazione Edmund Mach e la partnership di un’altra azienda trentina, Uova di montagna. L’obiettivo? Sostituire la soia contenuta nel mangime delle galline ovaiole con larve di mosca soldato nera, ma più in generale dare avvio a un modello di bioeconomia circolare che coinvolga diverse realtà che sono parte delle filiere agroalimentari. Abbiamo intervistato il dottor Filippo Faccenda, ricercatore per la Fondazione Edmund Mach.
Una nutrizione più sostenibile può fare a meno degli insetti?
Ci sono aree del mondo dove il consumo degli insetti è parte della tradizione culinaria, mentre in Europa le decisioni dell’Unione Europea che, in questi anni, hanno autorizzato il consumo per gli esseri umani di alcune specifiche tipologie sono state accolte con un mix di ritrosia e preoccupazione. Nonostante lo sviluppo di progetti di divulgazione e sensibilizzazione come quello di Mini’s food e i proclami della FAO che pone l’accento sul ruolo che gli insetti dovrebbero avere per poter garantire l’accesso al cibo, siamo ancora distanti dall’introduzione effettiva delle farine di larve nell’alimentazione umana.
Tuttavia ciò non significa che gli insetti non possano essere già oggi una risorsa per ridurre l’impatto ambientale di alcune filiere. “È almeno un decennio che la FAO richiama l’attenzione sul fatto che la popolazione sta crescendo e ci sarà maggiore richiesta di cibo, comprese le proteine animali” spiega Faccenda, “quindi la nostra riflessione è nata da una domanda: come riusciremo a produrre grandi quantitativi di proteine animali?”
Questa questione si inserisce in un’ulteriore problematica sollevata dalla FAO e dalle organizzazioni di settore. Più persone che abitano il Pianeta significa anche un aumento della domanda di alimenti vegetali: è quindi fondamentale che l’aumento della domanda, per esempio, di mangimi per polli o suini, non vada a impattare in maniera determinante sul consumo di suolo e quindi sulle aree coltivate dedicate a cibi. “La FAO parla di food grade, ovvero ingredienti adatti al consumo umano, e feed grade per quelli dedicati alla zootecnia: l’organizzazione delle Nazioni Unite ci chiede, collettivamente, di non far sì che il ‘feed grade’ sormonti il ‘food grade’ e quindi ci cercare delle alternative per gli animali.”
Un esempio interessante è quello che riguarda la soia, la cui filiera è stata raccontata dal giornalista Stefano Liberti nel documentario Soyalism uscito nel 2019 ma ancora attuale. L’80% della soia è destinata al consumo animale, mentre solo il 20% a quello umano; inoltre, il principale produttore di questa leguminosa al mondo è il Brasile, area dove sono ampiamente diffuse coltivazioni intensive spesso derivate dalla deforestazione di intere preziose aree della Foresta Amazzonica. “Tra i problemi legati a questa specifica filiera” aggiunge Faccenda, “c’è il consumo del suolo, lo spreco delle risorse idriche, gli effetti delle colture intensive, la deforestazione, le emissioni di CO2 determinate dal trasporto di questi prodotti fino agli allevamenti che quasi sempre si trovano in altri Continenti. Da non dimenticare l’uso di pesticidi per cui, in questo tipo di colture destinate agli animali, esistono minori controlli. È poco efficiente, sia dal punto di vista energetico sia ambientale.”
Da qui la necessità di esplorare strade alternative per garantire un nutrimento adeguato agli animali, nel rispetto del Pianeta e delle persone.
Win4Feed: perché è importante esplorare l’uso di insetti come mangime
L’Unione Europea ha autorizzato l’utilizzo degli insetti per l’alimentazione animale già nel 2017. “In primis riguardava solo pesci e animali non destinati al consumo diretto per l’uomo. Mano a mano che sono emersi risultati incoraggianti, si è ampliato il ventaglio di specie” racconta Faccenda, che lavora con l’Unità acquacoltura e idrobiologia del Centro Trasferimento Tecnologico con la collaborazione dell’Unità biotecnologie dei prodotti naturali del Centro Ricerca e Innovazione per l’analisi del microbiota intestinale dei pesci.
Il dottor Faccenda ci spiega quali sono i vantaggi dell’utilizzo degli insetti. “Sono degli ottimi bioconvertitori, ovvero possono essere allevati a partire da sottoprodotti organici, e hanno cicli vitali molto veloci, per cui in poche settimane è possibile ottenere il prodotto di cui c’è bisogno. È la stessa Unione Europea a dettare anche i limiti all’allevamento degli insetti per la zootecnia: non possono essere utilizzati ingredienti di origine animale e non devono essere alimentati con rifiuti. Per esempio, l’umido prodotto in casa non va bene per l’allevamento di questo tipo di insetti, mentre è possibile recuperare il surplus di supermercati, aziende agricole e simili.” Faccenda ci spiega, inoltre, che ogni larva viene trattata termicamente e utilizzata intera, oppure macinata insieme ad altri ingredienti: ciò è fondamentale per garantire la sicurezza del prodotto. Ogni passaggio della filiera dev’essere, infatti, tracciabile, compreso l’insetto.
Win4Feed è un progetto avviato da alcuni mesi e che si svilupperà probabilmente su base triennale che vede la partnership tra varie realtà: la start up Baofly, la Fondazione Edmund Mach e l’azienda Uova di montagna. La giovane titolare di Baofly ha avuto l’idea di implementare uno specifico impianto pilota di allevamento di mosca soldato nera utilizzando il sottoprodotto di altre aziende del territorio, quindi a km 0. Per allevare gli insetti vengono utilizzati, per esempio, scarti della filiera della mela, il surplus della produzione della patata, la polpa che avanza dalla spremitura di un consorzio che realizza succhi di frutta, lo sfrido della produzione di pasta, o anche elementi che scarto di alcune aziende dell’olivicoltura del Garda.
Come racconta il ricercatore, “partendo da questo pannello di ingredienti verranno sviluppate delle ricette per ottenere, dal punto di vista zootecnico, la migliore crescita della larva, in dimensione e velocità”. Il nostro ruolo sarà analizzare l’insetto per individuare il miglior profilo nutrizionale per l’allevamento: immaginiamo di capire se, cambiando gli ingredienti-sottoprodotti, si possono aggiungere elementi funzionali a un miglior prodotto.”
Le larve di mosca soldato nera verranno, sempre nell’ambito del progetto Win4Feed, utilizzate dall’azienda Uova di montagna per nutrire parte dei polli al posto della soia. L’obiettivo è cercare di mantenere, o migliorare, la qualità delle uova: “ci sono già alcuni studi che valutano l’appetibilità di questo nuovo mangime, ma lo valuteremo anche sul campo. Sappiamo che la larva è un ingrediente nutriente con elevati contenuti di proteine e grassi, con delle piccole modifiche adatteremo la dieta degli avicoli per mantenerla bilanciata.”
Una filiera che non produce scarti
Fortemente incentrato al valore della bio circolarità, Win4Feed include anche un ulteriore elemento di relazione con il territorio. “Rivitalizziamo gli scarti di altre filiere trasformandoli tramite gli insetti: importiamo uno scarto, produciamo una larva, otteniamo degli ulteriori scarti: il residuo del substrato che l’insetto mangia e le esuvie, ovvero gli esoscheletri.” Nell’ambito del progetto, il residuo viene utilizzato in agricoltura perché ha funzione di ammendante ovvero contribuisce alla fertilizzazione del suolo, mentre dallo studio delle esuvie è emerso come siano ricche di chitina. “Si tratta di un polimero” ci spiega Faccenda, che ha effetto immunostimolante e probiotico nei pesci, quindi andremo a trasformare questa parte di scarto per ottenere solo la chitina che andrà aggiunta alla dieta dei pesci, salmoni e trote in particolare, per migliorare il benessere del pesce di acquacoltura, e naturalmente continuare a studiarne gli effetti.”
La produzione dell’insetto non avrà dunque scarto e tutto verrà riciclato. Le esuvie diventeranno risorsa per l’acquacoltura, la larva un ingrediente per l’alimentazione del pollo e il substrato per l’agricoltura. “Ad oggi la ricerca è concentrata su poche specie, ma se riflettiamo su quanti insetti diversi ci sono al mondo capiamo come possano esistere davvero tante opportunità efficienti e adatte alla nutrizione in ambito zootecnico. Variando il contenuto degli ingredienti dei sottoprodotti, inoltre, cambierà la qualità dell’insetto e, infine, del prodotto all’interno del mangime. Sono convinto ci sia ampio margine di miglioramento e tanta strada da fare verso soluzioni più sostenibili.”
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