Gli insaccati sono cancerogeni? Se italiani e consumati con moderazione pare proprio di no. A dirlo è la scienza, o meglio, sono tre studi italiani che hanno preso in esame il collegamento tra carne lavorata e rischio del cancro al colon-retto. Queste ricerche sono state incrociate in un grande studio coordinato dall’Università degli Studi di Milano, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nutrition and Cancer e presentato a TuttoFood, l’esposizione mondiale del cibo che si è da poco conclusa a Milano. Vediamo insieme quali sono stati i risultati emersi.
Il dibattito sulla carne rossa
Dimostrare che gli insaccati non fanno (sempre) male, fa notizia poiché, come sapete, da qualche anno, sia per la diffusione di nuovi regimi alimentari, come veganesimo e vegetarianesimo, sia per la maggior consapevolezza del consumatore sull’importanza di una sana alimentazione, il consumo di carne rossa viene criticato da una parte dell’opinione pubblica per il forte impatto ambientale degli allevamenti intensivi, ma anche per aspetti legati alla salute. Nel 2015, infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che “la carne trasformata è stata classificata come cancerogena per l’uomo”, sulla base di prove scientifiche che l’hanno collegata al cancro del colon-retto. In particolare, il documento diffuso dall’International agency for research on cancer (IARC) riporta che: “gli esperti hanno concluso che ogni parte di 50 grammi di carne lavorata consumata ogni giorno aumenta il rischio di cancro-colorettale del 18%”.
Naturalmente qui si parla di un consumo quotidiano, che è sempre da evitare, scegliendo invece il modello della dieta mediterranea, di cui abbiamo parlato anche in relazione a uno studio dell’Istituto Nazionale Tumori sulla sindrome metabolica.
Per quanto riguarda, invece, un consumo moderato di buoni affettati italiani?
Vediamo cosa dice la ricerca presentata a TuttoFood.
Insaccati cancerogeni? Non quelli italiani
Non è un mistero che la salubrità di un alimento sia legata alla qualità delle materie prime e ai metodi di lavorazione o preparazione. La ricerca coordinata dall’Università degli Studi di Milano sembra confermare questo aspetto.
Nessuna associazione con il cancro del colon-retto
I tre studi italiani analizzati, sono stati condotti dal 1985 al 2010 in varie zone del Belpaese, su oltre 10mila soggetti (3.745 casi e 6.804 controlli) per verificare se gli insaccati fossero cancerogeni, o meglio, se c’era un’associazione tra consumo quotidiano di salumi e il rischio di cancro del colon-retto. Il consumo medio era di 20 g al giorno e, nel complesso, i risultati non hanno evidenziato nessuna relazione. Inoltre, non sono emerse nemmeno rilevanti differenze tra chi consumava una quantità giornaliera di salumi più bassa (circa 15 g) e chi una superiore a 25 g.
Salumi assolti? Non del tutto
Pur non essendoci evidenze rispetto al tipo di tumore maggiormente associato al consumo di carne lavorata, occorre specificare che lo stesso studio controllo che ha incrociato le tre ricerche, ha mostrato una correlazione statisticamente significativa tra il consumo di insaccati e il tumore del colon prossimale, tanto che i ricercatori concludono sostenendo che “i nostri risultati indicano che non esiste associazione con il tumore del colon-retto complessivamente, alla presenza, tuttavia, di un’associazione positiva con il cancro del colon prossimale”.
Qualità e misura
Tuttavia i dati sono rassicuranti ed evidenziano la qualità del Made In Italy. Ad affermarlo è uno degli autori dello studio, Carlo La Vecchia, professore ordinario di Statistica Medica, Biometria ed Epidemiologia dell’Università degli Studi di Milano, il quale sottolinea anche due aspetti fondamentali per comprendere i dati dello studio:
- i salumi italiani sono di maggiore qualità da un punto di vista nutrizionale, rispetto alla media di quelli più comunemente consumati
- i consumi di carne lavorata in Italia sono limitati, rispetto, ad esempio, al Nord Europa o agli Stati Uniti (2-3 porzioni da 50 grammi a settimana).
Possiamo, quindi concludere che gli insaccati sono cancerogeni con riserva? Certamente cattivi stili di vita, fumo, alcol e obesità rappresentano fattori di rischio altrettanto pericolosi, se non maggiromente, di un buon insaccato di qualità consumato una volta ogni tanto, non credete?
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