Crescono del 28%, in un anno, le imprese agricole che in Italia sono condotte da persone straniere. Si tratta di un segnale molto interessante che emerge dal rapporto Unioncamere-InfoCamere sulle imprese straniere iscritte al Registro delle imprese delle Camere di commercio e che segna un percorso di sviluppo per l’intero settore. Infatti, nel quadro globale, il numero di imprese agricole è in calo e il fatto che persone straniere – con background, esperienze e culture diverse – scelgano di investire nel settore porta a nuove opportunità e una maggiore vivacità.
Nuove imprese agricole con titolari stranieri: i dati del rapporto
È Coldiretti a riprendere i dati UnionCamere (aggiornati al 30 giugno 2023) che fotografano le imprese agricole in Italia e rileva questa importante crescita di quelle condotte da stranieri. Si parla di un +28% che si traduce in 20.175 imprese i cui titolari sono persone non italiane.
La distribuzione di queste imprese è diffusa su tutto il territorio nazionale, anche se l’incidenza maggiore è in Toscana e Sicilia. Ma chi sono questi agricoltori? In parte parliamo di “agricoltori vip”, ovvero di imprenditori stranieri di successo che scelgono l’Italia come luogo dove investire e lo fanno nel settore agricolo. L’esempio più classico è quello dell’acquisto da parte di fondi o imprese internazionali di realtà che si occupano di viticoltura, settore in cui il Belpaese rappresenta l’eccellenza.
Tuttavia, Coldiretti e Unioncamere sottolineano come molti tra questi nuovi imprenditori agricoli siano persone che già si trovavano in Italia quando hanno creato o rilevato l’impresa. Spesso si tratta di immigrati che, dopo un’esperienza come lavoratori dipendenti, hanno fatto il salto nell’imprenditoria. Un segnale molto interessante, sottolinea ancora la principale associazione agricola italiana, perché indica un buon livello di integrazione sociale ed economica, nonché una presenza qualificante per il settore. I nuovi imprenditori, infatti, non soltanto hanno esperienza sul campo, ma sono portatori di nuove tecniche produttive e di tipi di coltivazioni che possono arricchire e innovare il settore.
Proprio il fatto che molti imprenditori agricoli siano stati in passato braccianti o operai è un elemento che rende molto interessante, e un elemento su cui mantenere alta l’attenzione, anche il riepilogo dei dati sui lavoratori dipendenti regolari, in agricoltura, di origine straniera. Nel 2022 (dati provenienti dal Dossier Statistico Immigrazione curato dal Centro studi e ricerche IDOS), gli occupati stranieri nel settore erano 362.000 e, complessivamente, andavano a coprire il 32% delle giornate lavorative totali.
I principali Paesi d’origine sono:
- Romania (78.214)
- India (39.021)
- Marocco (38.051)
- Albania (35.474)
- Senegal (16.229)
- Pakistan (15.095)
- Tunisia (14.071)
- Nigeria (11.894)
- Macedonia del Nord (9.362)
- Bulgaria (7.912).
Corsi di formazione per un’agricoltura multietnica e integrata
Il fatto che crescano le imprese agricole con titolari di origine straniera non è un punto di arrivo, ma un dato in evoluzione che indica la necessità di continuare a interrogarsi ed elaborare strategie di integrazione e inclusione. Oltre a questo, resta cruciale la lotta al caporalato in agricoltura, tant’è che a marzo dello scorso anno è stato aggiornato e implementato il programma di prevenzione e contrasto, rafforzando il quadro di iniziative del piano triennale contro il caporalato approvato nel 2020.
Tra le iniziative promosse da Coldiretti sulla strada della formazione e dell’integrazione dei nuovi imprenditori agricoli, ci sono alcuni corsi di formazione specifici che hanno l’obiettivo di promuovere i mercati contadini come spazio di valorizzazione dell’attività agricola. Questi corsi hanno anche una valenza nell’ambito di iniziative di cooperazione poiché alcune delle competenze acquisite possono essere adoperate per fondare e creare piccoli “farmer’s market” (ovvero mercati agricoli aperti al pubblico e cogestiti dagli agricoltori) anche nei Paesi d’origine delle persone formate.
L’idea è di utilizzare l’esperienza maturata in Italia dal grande network di Campagna Amica – circa 1.200 mercati in tutto il Paese con un coinvolgimento di 15.000 agricoltori – e trasformarla in un modello replicabile. Carmelo Troccoli, direttore di Fondazione Campagna Amica e della World Farmers Markets Coalition, presentando l’iniziativa ha dichiarato: “I farmer’s markets sono il simbolo di un modello agricolo, moderno, imprenditoriale, multifunzionale e sostenibile in grado di dare un contributo effettivo alla sicurezza e alla sovranità alimentare dei popoli del mondo”.
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