Giornale del cibo

13 tappe per un viaggio gastronomico sull’Île Saint-Louis

Foto di Giulia Ubaldi

 

“Non abitiamo a Parigi, ma sull’Île. E ogni volta che attraversiamo uno dei quattro ponti, ci sembra di andare in continente”. È proprio così per chi abita su quest’isola naturale in mezzo alla Senna dove, a dispetto del senso comune che lo crede solo uno dei luoghi più centrali e turistici della città (non che non lo sia), si respira anche l’atmosfera quotidiana di un piccolo villaggio, con le sue botteghe di riferimento, alcune più storiche, altre più recenti e innovative. È proprio questo quello di cui vi parleremo oggi, ovvero le 13 tappe gastronomiche imperdibili che vi consigliamo di fare una volta che vi trovate sul’Île Saint-Louis. Ma prima, vi raccontiamo un po’ la sua storia, anche perché i suoi tramonti sulla Senna e su Notre Dame possiamo solo lasciarveli immaginare.

Île Saint-Louis: la storia e le 13 tappe gastronomiche da non perdere

Una chiesa, un teatro, due vie centrali, due fermate di autobus, quattro ponti, quattro quais (così si chiamano i viali lungo Senna), sei traverse, poco più di duemila abitanti e nessuna metro. Questo è tutto. Eppure, questo piccolo pezzo di terra in mezzo alla Senna è uno dei più grandi e rivoluzionari esempi di pianificazione urbana, con una lunga storia tutta da raccontare.

Tutto ebbe inizio nel 1614, quando l’imprenditore Christophe Marie, aiutato da due finanzieri Poulletier e Le Regrattier (dai quali i nomi di due vie sull’isola), ottenne dal re Louis XIII il permesso di creare un progetto urbano senza precedenti, cioè di riunire l’Île de Notre Dame (oggi la celebre Île de La Citè) e l’Île aux Vaches (rimasto oggi nel nome di un ristorante sull’isola). Un tempo, infatti, Île Saint-Louis si chiamava così perché era un’isola utilizzata per il pascolo, piena di vacche che brucavano. “C’erano anche molti pescatori che pescavano sulla Senna e di lavandaie che qui facevano il bucato”, leggiamo in uno dei libri storici. In seguito, nel 1725, venne rinominata con l’attuale nome in onore del re Louis IX, soprannominato Santo Louis, a cui si deve anche un’opera di riqualificazione.

Foto di Giulia Ubaldi

Negli anni l’isola ha subito varie trasformazioni che, paradossalmente, l’hanno portata a essere oggi più simile al passato di qualche decennio fa. Nei primi tempi, infatti, era un susseguirsi di botteghe storiche di antichi mestieri, alcune delle quali sono rimaste ancora oggi, come il formaggiaio di cui vi parleremo tra qualche paragrafo. In seguito cadde in un periodo di sonno profondo, durante il quale divenne però il luogo privilegiato per la sua tranquillità da vari poeti come Balzac, Gautier, Claudel o Baudelaire (che dal 1843 al 1845 abitò al terzo piano dell’attuale Hotel Lauzun), come da rifugiati politici quali il principe Czartorysky, Presidente della Polonia in esilio. Così, sempre più artisti vennero ad abitare sul’Île Saint-Louis, tant’è che dopo le due guerre mondiali si riempì di gallerie d’arte.

È solo nella seconda metà del Novecento, che l’isola torna a popolarsi di negozi, boutique storiche e piccoli ristoranti, sia per turisti che per gli abitanti. Parallelamente diventa anche il quartiere di residenza scelto da molti vip: dalla giornalista Claude Sarraute, ad attori come Daniel Auteuil, Guy Bedos o Jamel Debbouze (che tutti conoscono come il fruttivendolo di Amélie Poulain), fino alla cantante Brigitte Fontaine che insieme al suo compagno Areski Belkacem hanno dedicato un album all’Ile, Rue Saint-Louis en l’Ile. Infiniti sono anche i film girati qui, da quelli di Luc Bresson alla meravigliosa serie su Netflix Dix pour cent (in italiano Chiami il mio agente), fino all’ultimo che hanno ripreso proprio quest’estate (ma non possiamo anticiparvi nulla).

Se ciò è avvenuto grazie al picco di turismo che c’è stato sull’isola, è anche vero che non per questo ha perso la sua dimensione estremamente quotidiana e residenziale, tant’è che apparte i negozi presenti nelle due vie principali, il resto dell’Île è praticamente tutta solo abitata. Ma sono proprio questi negozi e locali (attenzione, non tutti!) che contribuiscono a creare un senso di appartenenza a quest’isola unico, e forse, per la prima volta nella storia, senza precedenti. Dunque ora iniziamo a dirvi quali sono, tra storia e innovazione, poiché oltre alle botteghe più antiche, per fortuna hanno anche aperto nuovi locali degni di nota. Nell’elencarvi seguiremo un ordine geografico di come li incontrate, evitando quelli più turistici, proprio come se stessimo viaggiando insieme!

1. Le Lutétia 

Foto di Giulia Ubaldi

Non possiamo non partire da qui, dal primo posto in cui si arriva venendo dal quartiere Marais e Hotel de Ville, attraversando il Pont Louis-Philippe. Ma non solo: Le Lutétia, oltre che l’antico nome di Parigi, è anche l’inizio della giornata per la maggior parte delle persone che vivono sull’isola, poiché è proprio il caffè di quartiere. E lo è grazie al proprietario Francis e al suo staff, che ogni volta sanno accoglierti nel migliore dei modi: da Fabrice, Sebastian, Adrienn, a Thinesh, Viji, Sealan. Come dimostrano alcune vecchie foto, questo locale esiste sicuramente dagli anni ‘30, forse anche prima, ma solo nel 2012 viene preso in gestione da Francis. Un grande cambiamento di vita per lui: “sono cresciuto in campagna, in un piccolo villaggio dell’Auvergne chiamato Lieutades, dove lavoravo nell’azienda agricola di famiglia”. In seguito, a causa di una malattia che ha colpito le loro vacche, capisce di dover fare altro: “mi è sempre piaciuto il contatto con la clientela che c’è nella ristorazione, forse perché avevo vari parenti ristoratori”. Così, si iscrive al prestigioso Lycée Hôtelier Saint Chély D’Apcher, poi fa esperienze in tantissimi locali, finché a 23 anni si trasferisce a Parigi, dove conosce il suo grande amore, sua attuale moglie e madre dei suoi due figli e dove lavora per otto anni alla Brasserie Le Champ de Mars, prima come cameriere, poi come responsabile. Quando gli si presenta l’occasione di prendere in gestione Le Lutétia non ha dubbi: intuisce subito il potenziale di un locale del genere e per anni ci si dedica con anima e corpo, ristrutturando con vetrate aperte, selezionando i migliori prodotti come birre alsaziane e caffè italiano e soprattutto non smettendo mai di far sentire i suoi clienti a casa. “Per me questo posto e questo lavoro sono un po’ magici, perché ogni giorno è sempre diverso. Per questo ogni mattina vengo al lavoro felice, certo che farò dei bellissimi incontri com’è accaduto in tutti questi anni”.

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2. Huîtrerie Poget & De Witte

A Rue Jean du Bellay numero 5, Grégory De Witte ha reso felici molti abitanti dell’Île Saint-Louis, che finalmente non devono più lasciare l’isola per potersi gustare delle ottime ostriche. Originario del nord della Francia, di un piccolo paese chiamato Valenciennes al confine con il Belgio, Gregory lavora nel mondo del pesce praticamente da sempre: “tutto ebbe inizio quando facevo il militare. Mi mandarono in marina, e lì ho capito che volevo selezionare, ricercare, conoscere e vendere il pesce”. Così ha iniziato a studiare tutte le tecniche di pesca, le varie specie ittiche e come cucinarle, lavorando per un periodo anche in Svizzera, dove formava i futuri poissoniers, i pescivendoli. Ha poi aperto il suo locale in Costa Azzurra a Saint-Laurent-du-Var. Finché un giorno non gli capita quello che lui ritiene un segno del destino: trova una perla in un’ostrica, che restituisce subito responsabilmente al suo capo. “Ancora me ne pento!” scherza Grég, “ma è stato per me un segnale importante negli anni”.

Foto di Giulia Ubaldi

Si trasferisce quindi a Parigi e, dopo un periodo come responsabile della parte Poissonnerie Galeries Lafayette dal 2011 al 2015, incontra un grandissimo ostricoltore, Thierry Poget. Nel 2019 decidono di aprire un locale di ostriche insieme e nel settembre del 2020, in piena pandemia, inaugurano la loro Huîtrerie Poget & De Witte, dal nome dei loro cognomi. Qui trovate solo ed esclusivamente ostriche di prima selezione, provenienti dalla Charente Maritime e dalla Normandia, dove vengono coltivate con molta cura vicino a quattro fiumi, la cui presenza è fondamentale per la loro produzione e per il sapore finale. Infatti, non ci stupisce che abbiano pure vinto ben due medaglie d’oro per la qualità delle loro ostriche. Inoltre, ci sono anche altri prodotti come conchiglie di mare, gamberetti, uova di salmone, patè di pesce, e così via, oltre che un’ottima selezione di vini fatta da Grégory. Ma può capitare anche che qualche cliente abituale, sapendo della sua immensa conoscenza del pesce, gli chieda di comprare qualcos’altro. “Hey Grég, hai per caso una sogliola oggi?”

3. La Brasserie de l’Isle Saint Louis 

Foto di Giulia Ubaldi

È innegabile: se moltissimi turisti approdano sull’Île Saint-Louis non è solo per il gelato di Berthillon (di cui vi parleremo in seguito), ma anche per questa storica brasserie omonima, che ha contribuito decisamente alla fama e al turismo dell’isola. Aperta nel 1925, tutto è iniziato con Lauer, d’origine alsaziana, che rese questo posto tappa fissa dei lavoratori della zona. In particolare venivano qui per mangiare le choucroute alsacienne, un piatto decisamente invernale, a base di crauti, salsicce, pancetta e patate, ancora oggi presente nel menù tra le specialità storiche. Tra gli habitué della brasserie, c’era Paul Guépratte, cuoco bretone della duchessa di Sutherland, che nel 1953 decise di prenderlo in gestione, insieme a sua moglie Marthe e al cognato Marcel. Inizia così un periodo d’oro per la brasserie, che negli anni vede passare personaggi del calibro di Natalie Wood, Elizabeth Taylor, Jim Morrison. Insomma, un posto del genere non poteva essere abbandonato: per questo nel 1972 Michèle, figlia di Paul, lo prende insieme a suo marito Marc Kappe, attuale proprietario e cuoco che aveva imparato a cucinare a La Tour d’Argent. E oggi sono anche i loro figli Paul e Jérome a portare avanti l’attività. Negli anni è cambiato poco: al bancone c’è sempre Pascal e i piatti sono quelli della tradizione francese, come appunto choucroute, cassoulet maison (altro piatto invernale con salsiccia, canard, maiale, pancetta, fagioli, etc.) o jarret de porc (stinco di maiale). Forse, solo un po’ più turistico, ma comunque fedele.

4. Le Prestige de l’Alimentation o Chez Abdel 

Foto di Giulia Ubaldi

Bonjour! Benvenuti da Abdel, che dal 1996 vi accoglie sempre con un buongiorno e con un sorriso, dalle 8 del mattino alle 10 di sera, tutti i giorni tranne il martedì. “Ancora mi ricordo il giorno dell’inaugurazione, quando abbiamo fatto una grande festa e c’era un sacco di gente”. Situata proprio al centro della via principale, Rue Saint-Louis en l’Île, è l’épicerie per eccellenza, dove a fare la spesa sono soprattutto gli abitanti dell’isola, certi che troveranno prodotti di ogni tipo, oltre che la migliore selezione di frutta e verdura. Per questo si tratta di una vera e propria istituzione dell’Île, un prestigio come recita l’insegna, forse più di qualsiasi altro posto. Ma non solo locali: a comprare qui vengono anche moltissimi turisti, come ci racconta Abdel: “solo stamattina sono venuti americani, cinesi, portoghesi, giapponesi, brasiliani e… un’italiana!” Insomma, da Abdel trovate tutto, ma attenzione, non i formaggi: per quello, c’è il negozio di fronte.

5. Fromagerie – Crèmerie La Ferme Saint-Aubin

Foto di Giulia Ubaldi

Impossibile non innamorarsi di Franck, che vi accoglie nella sua fromagerie facendovi scoprire e assaggiare ogni volta qualche formaggio. Oggi ha cinquantadue anni, ma fa questo mestiere da quando ne ha sedici: “ho lavorato per 27 anni come dipendente con lo stesso padrone in vari negozi tra cui questo, finché nel 2013 lui è andato in pensione e ho deciso di prenderlo in gestione io”. Ma non ha cambiato quasi nulla: la parola d’ordine continua a essere sempre la stessa, quella per cui il suo capo si è tanto battuto, ovvero l’importanza dell’artigianalità. “Lui mi ha insegnato a prendere solo formaggi artigianali, evitando quelli industriali, selezionando negli anni quelli dei più piccoli produttori, realizzati in modo tradizionale”. E il risultato si vede: qualsiasi formaggio prenderete in questo paradiso, sarà di una qualità eccezionale, tra i migliori in circolazione. La maggior parte sono ovviamente i classici francesi, presenti in vari gusti e stagionature: Cantal, Reblochon, Saint-Nectaire, Comté, Brie… Ma trovate di tutto, per un totale di più di 100 formaggi: “quelli di vacca vengono più dalle zone di montagna, come l’Auvergne, quelli di capra dal Centro e quelli di pecora dalla zona dei Pirenei” ci spiega Franck, da cui c’è sempre qualcosa da imparare. Non mancano anche formaggi non francesi, come mozzarella, parmigiano e pecorino dall’Italia o Cheddar dal Nord Europa. E non da meno è l’atmosfera che si respira qui, di una fromagerie storica che esiste da ben 150 anni, come mostrano alcune vecchie foto. “Questo è davvero uno dei luoghi più antichi dell’Île, come dimostra la cava sotterranea che sto rimettendo a posto e che a breve sarà visitabile”.

6. Nicolas Saint Louis en l’Île 

Foto di Giulia Ubaldi

E con il formaggio non può mancare del vino in accompagnamento! Per questo proprio di fianco a Franck si trova uno dei punti vendita di Nicolas, di cui molti forse dubiteranno (anche giustamente) trattandosi di una catena. Ma attenzione, perché non è una sede qualsiasi: infatti, forse non tutti sanno che questo sull’Île è il più antico negozio Nicolas presente e ancora oggi aperto in tutta la Francia. Fondata nel 1822 dall’omonimo, questa catena conta oggi più di 300 negozi a Parigi e circa 500 sparsi altrove, anche in Belgio e in Svizzera; prima di questo sull’Île Saint Louis, ce n’erano altri tre più datati, ma sono stati chiusi. “Per questo oggi risulta la bottega più antica che ci sia, ed è un bene che si trovi proprio qui, perché è uno dei pochi quartieri rimasti dove c’è un vero contatto con la clientela, dove ci conosciamo tutti, lontani dall’essere un mero supermercato di vini come altrove” ci racconta Vincent, che da due anni l’ha preso in gestione, cambiando completamente vita e lasciando il suo lavoro nella pubblicità (senza affatto essersene pentito). Qui, c’è una parte di vini che sono obbligati ad avere in quanto Nicolas, ma altrettanti che Vincent ha la libertà di poter ricercare, scegliere e mettere in vendita. Dunque, affidatevi ai suoi consigli!

7. Maison Moinet 

Foto di Giulia Ubaldi

Aperto nel 2015, è l’unico punto vendita a Parigi della storica confiserie artisanale Moinet di Vichy. L’altro si trova a Clermont-Ferrand, in Alvernia. Nella sede originaria, da cui arriva tutto, fanno solo prodotti artigianali dal 1852, principalmente caramelle di vari gusti: limone, menta, anice, arancia, con o senza zucchero. Ma non solo i bonbon: la Maison Moinet prepara anche torroni, praline, gelatine, cioccolatini… Insomma, un vero paradiso per i più golosi, che per molti rappresenta una parte della propria infanzia: “mi ricordano sempre le caramelle della nonna!” ci racconta un abitante dell’isola. Non da meno il packaging, che riprende quello antico con delle meravigliose scatole di latta a quadretti azzurri e bianchi, marchio di fabbrica dell’azienda. E dal 1989 a lavorarci sono Elisabeth Moinet Michaille, nipote dello storico fondatore Rémi Moinet, con suo marito Gilles Michaille.

8. Le Sergent Recruteur 

Foto di Giulia Ubaldi

Attenzione attenzione, sull’Île non poteva mancare anche una tappa per gli amanti dell’alta cucina. Aperto da solo un anno, Le Sergent Recruteur ha già una stella Michelin, ma non c’è da stupirsi visto che in cucina c’è lo chef Alain Pégouret, allievo di Joël Robuchon (non perdetevi le sue varie brasserie sparse per Parigi) con cui ha lavorato per anni. Ma la sua storia inizia prima: Alain, infatti, è originario di Cannes, dove cresce in una famiglia di raffinati buongustai, che fin da piccolo lo portano nelle migliori tavole della Costa Azzurra, dove già a 12 anni sviluppa un senso acuto del buono e del bello. Dopo infinite esperienze in vari ristoranti stellati, di cui l’ultima al Laurent durata ben 18 anni, approda qui sull’isola, con un menù di sei portate a 98 euro, tutto da scoprire e assaporare, con variazioni stagionali e sconti a pranzo dal mercoledì al venerdì. I suoi piatti sono caratterizzati da una grande originalità e da un perfetto equilibrio tra gli ingredienti: dal suo cous cous scomposto, a quella meraviglia che sono i finferli con grano saraceno, sugo di pollo allo Chardonnay, burro, uova, crecker, lasagna e capperi… Indimenticabile.  E non da meno sono i suoi meravigliosi dessert, come “Il fico in amore con il pomodoro”.

9. L’Escale 

Foto di Giulia Ubaldi

Non riesco a nascondere una certa predilezione per questo vero bistrot di quartiere, per una serie di motivi.

Il primo è sicuramente legato all’eccellente qualità del cibo: da ben 22 anni, infatti, il cuoco Akilan prepara la classica cucina tipica da bistrot parigino, quella di tutti giorni, con alcuni piatti fissi come croque monsieur, omelette, onglet à l’échalote (che sarebbe il lombatello di manzo con lo scalogno), émincés de volaille con sauce forestière (un pollo delizioso cotto in una salsa di funghi), dessert come il creme caramel, tutto fatto da lui. Poi c’è un menù del giorno che cambia sempre, dalla sua deliziosa escalope à la milanaise a varie quiche di verdura. Il tutto a prezzi onestissimi, da 10 a 20 euro al massimo e a qualsiasi ora, dalle 8 alle 22, 7 giorni su 7, come nelle vere brasserie.

Foto di Giulia Ubaldi

In secondo luogo l’accoglienza di Guillaume, il nuovo giovane proprietario che da questo aprile 2022 l’ha preso in gestione insieme a due soci, per altro proprio in coincidenza con la nascita del suo secondo figlio: “dopo anni nella finanza, quello che mi ha spinto a cambiare lavoro e vita è stata la voglia di fare qualcosa di più concreto e più a contatto con le persone, che è quello che mi piace di più di questo mestiere. Poi la mia grande passione, in realtà, è sempre stata quella di andare a mangiare al ristorante: sarà perché ho qualche parente ristoratore o perché mia mamma è italiana, di Bioglio, vicino a Biella?” scherza Guillaume. “Così ho deciso di lasciare tutto e iniziare a lavorare in vari bistrot, prima come cameriere, poi come responsabile di sala, per avere una visione della ristorazione a 360 gradi”. Finché non gli è capitata l’occasione di prendere in gestione questo posto, che per molti anni, sicuramente settanta, è sempre stato gestito dalla stessa famiglia, i Tardieu, originari dell’Auvergne. Ma Guillaume non ha voluto cambiare molto, infatti quando dopo la nuova gestione sono tornati i clienti fedeli e affezionati hanno esclamato: “oh meno male, che bello vedere che nulla è cambiato!”.

Infine, non per importanza, la posizione: L’Escale, infatti, si trova in uno dei punti più belli dell’isola, davanti allo storico e prestigioso ristorante stellato La Tour d’Argent, a bordo della Senna, con vista su Notre Dame.

10. Le Fous de l’Île

Se oggi non esiste un McDonald’s sull’Île Saint-Louis è anche grazie a questo locale, che per questo si chiama Les Fous de l’Île, cioè “i pazzi dell’isola”. E ora vi raccontiamo perché e che cosa hanno fatto questi folli!

Antica farmacia negli anni ’30, poi negozio di vini ed épicerie dopo la guerra, tutto ebbe inizio una sera di marzo del 1983, quando il signor Patrick Mazery, architetto e imprenditore nato sull’Île, incontrò per caso la signora Lagarde, proprietaria di un’agenzia immobiliare sull’isola che gestiva il locale e gli disse: “se qualcuno non lo prende, domani lo acquisterà McDonald’s”. Patrick decise così di andarlo a vedere e rimase talmente colpito da questo luogo così affascinante, rimasto invariato nel tempo, ancora arredato con mobili antichi e vecchie bottiglie, che la sera stessa firmò. Da questo momento in poi tutti iniziarono a prenderlo per un pazzo, da cui il nome.

Foto di Giulia Ubaldi

Negli anni, Les Fous de l’Île Prima ha cambiato spesso, tranne il nome ed è stato tante cose: prima sala da tè e galleria d’arte, poi bistrot di ritrovo per artisti che qui facevano concerti, fino a diventare a poco a poco un vero e proprio ristorante. Nel 2008 ha cambiato gestione con Boris e Emilie Bazan, che facevano una cucina più tradizionale francese. Successivamente, dal 2015 l’hanno preso Caroline Briant e Anais Dutilleul che hanno ristrutturato tutto il locale con uno stile moderno e reso la cucina più creativa. Ma la vera novità è quella dell’ultimo anno, quando nel 2022 è arrivato in cucina il nuovo chef Jonathan Lafon: il suo menù cambia ogni giorno, ma è sempre caratterizzato da piatti semplici e stagionali, cucinati in loco come impone il titolo di Maître-Restaurateur ottenuto dal ristorante qualche anno fa. Imperdibile tartare, frites e uova, in varie versioni. Il tutto accompagnato da una super selezione di vini e da cocktail originali, come il Béguin (rum marrone e bianco, liquore di albicocca e sciroppo di cannella), in un ambiente estremamente giovane. Insomma, questo posto oltre che del buon cibo e un bell’ambiente accogliente, ci dà anche un altro insegnamento: osate e siate folli!

11. Berthillon Glacier

Foto di Giulia Ubaldi

Non servono forse presentazioni per il gelato più conosciuto e più buono di tutta Parigi, che ha reso l’Île Saint-Louis famosa ovunque. Ma serve forse raccontarvi com’è nata, perché è una di quelle storie degne di essere raccontata.

Tutto ebbe inizio nel 1962 quando un giorno Raymond Berthillon, pasticcere di formazione, che lavorava sull’Ile nell’albergo di famiglia di sua moglie, andò a Les Halles per comprare dei frutti e si mise a fare dei gelati per i bambini del quartiere. In quel momento passò Henry Gault della prestigiosa guida enogastronomica Gault & Millau che gli dedicò un articolo, segnando così la sua consacrazione e la nascita del futuro impero Berthillon. Da quel momento in poi, infatti, Raymond non smise più di fare gelati: insieme ai suoi suoceri di origine auvergnat, Valentin et Eulalie, aprì la sua fabbrica di produzione storica sull’isola, dove si trova ancora adesso: “all’inizio era un piccolo laboratorio di quattro metri quadrati, si è ingrandito piano piano nel tempo” ci raccontano alcuni abitanti storici dell’Île. Raymond differenziò i suoi gelati ricercando solo materie prime d’eccellenza: albicocche prodotte da loro, frutti di bosco coltivati solo con acqua di fonte, mele e pere dall’Essonne, nocciole e pistacchi dalla Chocolaterie du Pecq, nelle Yvelines, vaniglia dal Madagascar e così via, per una produzione di più di 1000 litri di gelato al giorno! Ma il suo segreto è anche ovviamente nella lavorazione artigianale, perché essere Berthillon non è una cosa che si inventa così: si trasmette, di generazione in generazione, che è esattamente quello che ha fatto Raymond con sua figlia Marie-José e sua nipote Muriel, che da quando lui è mancato nel 2014 si occupano di tutto e non hanno alcuna intenzione di smettere. E con la nascita di Alexandra, figlia di Muriel, la famiglia Berthillon è giunta così alla quinta generazione sull’isola.

Foto di Giulia Ubaldi

Nel tempo hanno aperto varie sedi, così come sono molte le attività e i ristoranti che comprano i gelati da loro (trovate sempre il marchio fuori quando presente). Per questo, dal momento che nella sede storica c’è sempre una lunga coda, non preoccupatevi di provare il suo gelato altrove, tanto la matrice da cui proviene è sempre la stessa: viene ancora tutto fabbricato e prodotto solo ed esclusivamente sull’isola, sotto lo sguardo e il controllo di almeno un Berthillon.

Infine, non vi spaventate per i costi: caro è caro, perché un gusto costa 4 euro, due 7 euro  e tre 9 euro. Ma vi assicuriamo che ne vale assolutamente la pena, non resterete affatto delusi e che non vi pentirete di averli spesi, anzi, ne vorrete al più presto provare un altro!

12. Boucherie Gardil 

Foto di Giulia Ubaldi

Proprio di fronte alla sede storica di Berthillon, si trova questa vera e propria “gioielleria” di quartiere, di proprietà della famiglia Gardil dagli anni Ottanta. Jean-Paul Gardil e sua moglie Mauricette, infatti, sono arrivati a Parigi da La Rochelle nel 1966 e dopo pochi hanno iniziato subito a lavorare in questa macelleria per il signor Ménage, proprietario dal 1963. “Ho lavorato qui per lui dal 1971 al 1978, poi ho fatto esperienze altrove, finché non è stato lui a richiamarmi per chiedermi di prendere le redini del locale, visto che lui andava in pensione e voleva lasciare la sua attività a qualcuno che conoscesse davvero questo mestiere”. Così dal 1981, da ben più di 40 anni, è la famiglia Gardil a portare avanti la tradizione di questa boucherie storica, che oggi è passata nelle mani del figlio Wilfried. “Sono una delle famiglie di commercianti più famosi e celebri dell’isola” ci raccontano. Nel tempo poco è cambiato: continuano a vendere solo le migliori carni, quali il manzo d’Aubrac, il maiale nero di Bigorre, l’agnello di Limousin o vari polli fermier, cioè ruspanti come quello d’Astarac o il Coucou de Rennes, una razza storica bretone in via d’estinzione. Poi ancora prosciutto Bellota 100% iberico, salumi di Hardouin, foie gras Dupérier e così via per prodotti solo di prima qualità, che gli hanno garantito una clientela fedele da oltre quarant’anni, nonostante i prezzi alti. “Prova che la qualità non è mai troppo cara”.

13. L’Orangerie 

Foto di Giulia Ubaldi

Eccoci arrivati alla fine del nostro tour de l’Île, che non poteva concludersi in luogo più storico ed emblematico. Questo locale, infatti, fondato nel 1966 da Jean Claude Brialy, ha accolto per anni clienti nel cuore della notte, in particolare grandi personaggi della Nouvelle Vague come Chabrol, Truffaut, Rivette, Godard, Sophia Loren, Barbara e Romy Schneider che “il giorno in cui ha ricevuto il suo César, ha festeggiato qui innaffiando di Champagne tutto il ristorante”. Nel tempo l’Orangerie è diventato proprio questo: il punto di riferimento di attori e registi per mangiare a qualsiasi ora del giorno e della notte. E oggi, conserva ancora quest’atmosfera, intrisa di cinema, con foto e locandine appese ovunque, e cucina francese, con piatti come il loro magret di canard (petto d’anatra), o il pollo della domenica. Dal 2009, alla morte del proprietario storico Brialy, di cui trovate un libro all’ingresso, il locale è stato preso in gestione dai vicini del ristorante Auberge de la Reine Blanche, ancora aperto, dove in entrambi cucina lo chef Michel Purën.

E ora possiamo attraversare l’ultimo ponte, le Pont de Sully, e lasciare l’Île. Ma attenzione: se avete seguito i nostri consigli, vi prenderà una voglia incredibile di ritornarci il prima possibile!

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