Giornale del cibo

“Non c’è più la frutta di una volta”. Un italiano su tre è insoddisfatto di gusto e qualità

 

Il consumatore italiano è sempre più insoddisfatto dei prodotti ortofrutticoli, perché negli ultimi anni il sapore di frutta e verdura è peggiorato. Lo dice una ricerca condotta da Ismea e Agroter su 3 mila italiani responsabili degli acquisti in famiglia, presentata lo scorso 8 maggio durante l’evento “Think Fresh – Il valore al centro”, alla vigilia della fiera di settore Macfrut. Tra i prodotti che hanno registrato un tasso di gradimento molto basso troviamo pomodori, fragole, meloni, ciliegie e albicocche, e questi dati sono ancora più preoccupanti se sommati al progressivo calo dei consumi dell’ortofrutta in Italia. Per capire come mai gli italiani manifestino tanta insoddisfazione e che reazione ci si aspetta dalla filiera produttiva di fronte a questa “emergenza”, abbiamo intervistato il dottor Mario Schiano Lo Moriello, analista di mercato di Ismea.

Il sapore di frutta e verdura è peggiorato per il 33% degli italiani

fragole qualità

I dati dell’ultimo studio confermano l’andamento negativo dei consumi per quanto riguarda il settore ortofrutticolo. “Sono circa vent’anni – spiega Schiano – che le famiglie italiane consumano meno frutta, sia perché si mangia di più fuori casa, sia perché la preferenza cade su prodotti sostitutivi e competitivi, come gli snack, che sostituiscono la merenda o la colazione”. Nel 2017 i consumi sono scesi dell’1,3% rispetto al 2016, mentre nel primo trimestre del 2018 c’è stato un leggero aumento, soprattutto per quanto riguarda gli ortaggi ( +0,7%), ma il consumatore non apprezza il gusto dei prodotti che acquista, quindi ne sceglie altri, diversi. Secondo lo studio, il 33% degli italiani non è soddisfatto dal sapore della frutta e i 27% da quello della verdura. Questo accade anche perché, spesso, buyer della grande distribuzione compiono delle scelte che non vanno incontro al consumatore, preferendo prodotti esteticamente perfetti, ma non ancora arrivati al giusto grado di maturazione, quindi privi di sapore. “C’è una disaffezione verso i prodotti ortofrutticoli, anche perché considerati scomodi”, commenta Schiano. ”Per esempio, si tende a sostituire gli spinaci freschi con quelli surgelati, o l’insalata fresca con quella già pulita e imbustata. Il consumatore si sente tradito dal gusto e dalla qualità di frutta e verdura, cosa che invece non accade con gli snack confezionati, che mantengono sempre lo stesso standard qualitativo”. L’analista precisa poi che sono le fasce più giovani della popolazione quelle in cui questo fenomeno è più evidente, per questo motivo l’Unione Europea finanzia la campagna Frutta nelle scuole elementari e medie, per incentivare il consumo di prodotti ortofrutticoli.

[elementor-template id='142071']

Aumentano i consumi dei prodotti di IV gamma

Gli italiani comprano sempre meno frutta e verdura, insomma, e quando lo fanno scelgono spesso prodotti di IV gamma, ovvero quelli già confezionati e pronti per il consumo. Abbiamo visto recentemente come ci sia stato un vero e proprio boom di frutta e verdura confezionata, dopo che l’Italia ha adottato la normativa sui sacchetti biodegradabili a pagamento all’inizio del 2018: “per quanto riguarda la frutta di quarta gamma – afferma Schiano – l’aumento delle vendite è dovuto certamente al fatto che contemporaneamente il consumatore acquista anche un servizio, perché si tratta di un prodotto già lavorato, lavato, spesso anche sbucciato e tagliato, pronto al consumo. Se non è soddisfacente, però, sicuramente la volta successiva non lo comprerà, farà una scelta diversa. Il consumatore è disposto a pagare di più ma, se lo standard non è adeguato, farà marcia indietro”.

Il futuro dell’ortofrutta? Più qualità ma prezzi più alti

“L’obiettivo della nostra indagine – afferma Schiano – era focalizzare l’attenzione degli operatori del settore su quanto sia importante offrire al consumatore un prodotto che abbia un elevato valore ed elevate qualità organolettiche. Non serve avere un prodotto di primo prezzo dal profilo incerto, bisogna garantire un alto standard”. Il futuro dell’ortofrutta vedrà quindi un aumento di qualità e freschezza dei prodotti, ma anche i prezzi aumenteranno, secondo l’intervistato. “Ci auguriamo che i commenti negativi dei consumatori si trasformino in azioni da parte dei produttori – spiega Schiano – così come oggi troviamo pomodori di moltissime varietà, che differiscono per qualità e costo, in futuro probabilmente succederà la stessa cosa anche per altra frutta e verdura: in un punto vendita, quindi, potremmo trovare, ad esempio, dieci-quindici referenze che andranno da 90 centesimi a 10 euro al chilo. Il consumatore sceglierà a seconda dei gusti e delle tasche, e ci sarà una differenza importante nella qualità dei vari prodotti”.

Ripensare la filiera: gli investimenti sulla ricerca

Tra la frutta meno apprezzata dai consumatori interpellati per lo studio ci sono fragole e meloni, due frutti su cui la ricerca ha sempre lavorato, arrivando a sviluppare varietà selezionate che garantiscono un gusto dolce e apprezzabile. “Si tratta di prodotti d’eccellenza – spiega Schiano – ma occorre sempre ricordare che l’andamento climatico influenza notevolmente le produzioni, e quest’anno è stato sfavorevole per la coltivazione di questo frutto, rispetto all’anno scorso”.

Al di là delle annate più o meno favorevoli, comunque, sembra che il futuro della filiera ortofrutticola italiana passi dallo sviluppo di nuove varietà in grado di garantire uno standard qualitativo decisamente elevato, seppure a un prezzo più alto. “Gli investimenti nel settore della ricerca sono ingenti già da lungo tempo”, sottolinea Schiano, ricordando che si tratta di processi di selezione che non comportano rischi per il consumatore, perché in Italia la produzione di frutta e verdura geneticamente modificata è vietata per legge. “Esistono inoltre macchine che leggono il grado zuccherino del prodotto senza danneggiarlo – continua – grazie alle quali abbiamo linee di meloni garantiti come dolci, perché hanno un tenore zuccherino minimo verificato. Un prodotto pienamente rispondente alle aspettative del consumatore, che chiaramente avrà un prezzo diverso, superiore”.


Un ottimo risultato per quanto riguarda la qualità, ma non c’è il rischio che i prezzi elevati aprano la via a importazioni di prodotti esteri, dal costo più contenuto? Schiano sostiene che non accadrà, e conclude: “l’italia non deve competere sul prezzo, ma sulla qualità. Tranne che per la frutta tropicale, siamo autosufficienti e, anzi, esportatori. E siamo in grado, per caratteristiche geografiche e climatiche, di ottenere un prodotto dall’altissimo profilo qualitativo. Se spostiamo la competizione sul prezzo, saremo sempre perdenti, perché non accontenterà gli operatori e la qualità non soddisferà i consumatori”.

E voi cosa ne pensate? Siete d’accordo sul fatto che qualità e gusto di frutta e verdura siano peggiorate?

Exit mobile version