Il Gusto della Nebbia: il ristorante che propone l’autentica cucina di Chongqing, la città della nebbia

il gusto della nebbia

 

La Cina è un mondo talmente grande che la sua cucina varia tantissimo da una regione all’altra. Come ad esempio tra Zhejiang, provincia di cui è originaria Giulia Dong e di cui vi avevamo già parlato a proposito della cucina casalinga (molto più leggera e molto meno piccante), e Chongqing, la città della nebbia, da cui viene lo chef Lampo Wu Wèi che a Milano ha aperto il ristorante Il Gusto della Nebbia. Sono loro i protagonisti della storia che vi raccontiamo oggi, una storia delineata da geografie, sapori e persone, in cui confini sfumano nella nebbia. 

Chongqing, la città (e la cucina) delle nebbia

piatto cucina cinese
Foto di Stefano Triulzi

Chongqing è una città della Cina centro-meridionale, circondata da montagne, e dove passano e convergono due fiumi, l’Azzurro e il Jialing: questi due elementi, montagna e acqua, insieme creano un clima particolare, per cui a Chongqing c’è sempre nebbia. Infatti, viene chiamata la “città della nebbia” e così anche la sua cucina. A tal proposito, c’è una diatriba in corso su quale sia il piatto più emblematico di questa cucina tra chi non è di questa città e i suoi abitanti: i primi credono che sia in assoluto l’hot pot, cioè un brodo caldo con olio piccante dove si intingono vari ingredienti, molto simile a quello di cui vi avevamo parlato a proposito della cucina mongola; gli abitanti della città della nebbia, invece, si identificano di più con i noodles (da non confondere con il ramen, come vedremo). Così, per risolvere il diverbio si è diffuso questo detto: “in ogni via di Chongqing ci sono almeno due locali di hot pot, ma almeno cinque di noodles”. In realtà, sono consumati entrambi, soprattutto nei ristoranti, perché sono troppo lunghi e complessi da preparare a casa, dove invece si mangia più che altro riso e carne barbecue (soprattutto spiedini) di suino, manzo, agnello, pollo. Tendenzialmente, i noodles si consumano più per colazione, dalle 8 alle 10 circa, e per pranzo, mentre l’hot pot la sera. Ecco, la cucina di Lampo ha la capacità di portarci proprio qui, tra le vie della città della nebbia.  

Lo chef Lampo Wu, il re della cucina della nebbia 

chef Lampo Wu
Foto di Stefano Triulzi

Lampo nasce e cresce a Chongqing, dove impara a cucinare dalla mamma. Nel 2015, decide di venire in Italia, “perché è il paese dell’arte”, e Lampo, prima di essere un cuoco, è un grandissimo artista: fa sia foto stupende (seguite il suo profilo su Instagram!) che quadri, gli stessi che trovate anche oggi nel suo locale. Se il primo periodo a Milano lo dedica allo studio della lingua, in seguito prova ad “aprire” un ristorante a casa: ebbene sì, un vero e proprio home restaurant, dove si mangiava circondati dalle sue opere. E nel giro di poco tempo, grazie al passaparola, diventa subito un successo molto ricercato, soprattutto tra la comunità cinese (ed è così, durante una cena a casa sua, che incontra Giulia Dong, prima tappa della loro storia d’amore).

Una volta accertatosi che la sua cucina è buona e piace, esattamente tre anni fa, nel 2017 (il 5 luglio, infatti, festeggia sia l’apertura del locale che l’anniversario con Giulia) apre il suo ristorante, senza avere alcun dubbio sul nome: il Gusto della Nebbia, che in cinese si dice Wù Wèi. Ma il caso vuole che Wu Wèi abbia anche altri due significati (in cinese cambia l’accento e la pronuncia): è sia il suo cognome, sia una sensazione complessa, ovvero “il piacere di sentire il piatto, di percepirlo interiormente senza accontentarsi dell’apparenza e del primo passaggio”. Insomma, una fortunata e bellissima coincidenza! 

Il Gusto della Nebbia: l’autentica cucina di Chongqing a Milano

Gusto della Nebbia
Foto di Stefano Triulzi

L’apertura del Gusto della Nebbia coincide anche con un altro avvenimento importante: l’inizio della storia tra Lampo e Giulia. Infatti, è proprio qui all’apertura del suo locale che si rincontrano dopo quella cena e lei inizia a lavorare in sala per un periodo. Oggi, Giulia fa parte di un altro progetto, Mu Corso Como, street food cantonese, ma continua a sentirsi parte del Gusto della Nebbia, anche perché è stato proprio Lampo a trasmetterle la passione per la cucina. “Dopo aver studiato economia in America, non avrei mai pensato di lavorare nell’ambito del cibo; invece con lui abbiamo iniziato a girare per i vari ristoranti – il loro preferito a Milano è la Taverna degli Amici, in particolare per la carne! [N.d.R.] – e soprattutto è riuscito a farmi mangiare e amare il piccante, che prima non mangiavo! Per non parlare del pepe di Chongqing che crea dipendenza… Vedrete!” racconta Giulia. 

Anche durante il periodo di lockdown causato dal coronavirus, Giulia e Lampo si sono reinventati insieme alla perfezione, con un servizio di food delivery fai da te di tutto rispetto, dove al cliente è chiesto di interagire con piccole azioni sui piatti che riceve in parte già pronti, muniti di istruzioni. Il cuore del Gusto della Nebbia continuano a essere i noodles (c’è anche il riso per chi ha problemi con il glutine), come è giusto che sia in quanto unico locale a Milano che fa la cucina originale e autentica di Chongqing (anche perché in ogni caso l’hot pot sarebbe troppo complesso da preparare per la difficoltà di reperire tutti gli ingredienti). Inoltre, Lampo è così affezionato ai noodles, e non potrebbe essere altrimenti, perché sono lo specchio più sincero della varietà della cucina di Chongqing visto che ognuno ha il suo modo per prepararli. Ma attenzione a non confonderli con il ramen!

I noodles: lo specchio della cucina di Chongqing e la differenza con i ramen

noodles Chongqing
Foto di Stefano Triulzi

Per chi ha letto il nostro articolo su Ramen Heads, il film che svela i segreti sul mondo del ramen giapponese, non dovrebbero esserci dubbi. Possiamo chiamare così, infatti, solo tutte quelle zuppe dove gli spaghetti sono fatti a mano: “ramen” deriva proprio da questo, ovvero dal cinese lamen che significa “pasta tirata a mano”. Per cui non esiste ramen che non sia fresco e fatto a mano: tutto il resto appartiene all’universo dei noodles, con un impasto base classico di acqua, farina e sale, non tirato a mano, che Lampo infatti prende già pronti in suo laboratorio di fiducia a Milano. Questi vengono serviti freddi o raffreddati buttando l’acqua fredda per trenta secondi dopo la cottura e immersi poi serviti asciutti o nel brodo piccante. Ma per accontentare tutti, ogni piatto di noodles viene proposto sia nella versione piccante che non. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti, dai noodles della casa in brodo con stufato di manzo (i miei preferiti!), ai noodles alla Chongqing con piselli gialli e ragù di pancetta di suino, tra quelli che riscuotono più successo, fino a tanti altri ancora con il pollo, anche perché l’importanza, il cuore dei noodles (non trattandosi della pasta fresca in sé) sta proprio nel gioco con gli ingredienti del condimento, della salsa e del brodo. A tal proposito, Lampo ci svela che gli italiani li preferiscono i noodles asciutti, ma ci spiega che: “il brodo ci vuole, è la parte principale dei noodles, non si può togliere un ingrediente!”. 

Olio, peperoncino e brodo

Il bilanciamento tra olio (vegetale) e peperoncino è una delle caratteristiche principali della cucina di Lampo, una costante presente in quasi tutti i piatti: dal brodo dei noodles all’uovo centenario. Per chi non lo conoscesse, si tratta di un uovo che in passato veniva fatto fermentare con cenere, acqua e sale per cento giorni, da cui il nome. Oggi, ci spiega Giulia, grazie alle nuove tecnologie, si ottiene lo stesso risultato in molto meno tempo e una volta preso basta condirlo con aceto e, ovviamente, con l’olio piccante. Ma la preparazione del brodo per i noodles è la vera magia della cucina di Lampo Wu: non esistono dosi o quantità fisse, quanto un savoir faire testato e provato negli anni, che Giulia ci descrive davvero come una magia, un incantesimo. “Non so come fa, sta lì davanti a 15 ciotole tutte con ingredienti diversi dentro e con un gesto del cucchiaio sa la quantità giusta da mettere”. Lampo, infatti, si muove tra i suoi ingredienti come se fosse l’unico custode di questo sapere, secondo un ordine e un tempo ben preciso per ogni ingrediente, dall’anice al sesamo e agli arachidi, fino al pepe, anzi ai vari pepi. “Ma non posso svelarli tutti!”. 

Il pepe, o meglio i pepi di Sichuan 

cucina Chongqing
Foto di Stefano Triulzi

Tutti conosciamo il pepe di Sichuan, ma in realtà nella fama che ormai precede questo prodotto ci sono due errori: il primo è che non si tratta affatto di una sola varietà di pepe, ma di tantissime tipologie varie e differenti racchiuse sotto questo nome; la seconda è che il territorio di produzione di tutti questi pepi non è solo la provincia dello Sichuan, regione a sud-ovest della Cina nota per la sua cucina estremamente piccante (ancora più di quella di Lampo), ma anche alcune aree limitrofe, proprio come Chongqing. Quindi, perché tutta questa varietà viene racchiusa sotto il solo (e falso) nome di pepe di Sichuan? 

In realtà, un motivo c’è: si tratta di quello che viene comunemente chiamato in Cina “ma” e indica quel senso di intorpidimento che creano e accomunano questi pepi, che solo chi ha prestato attenzione al suo gusto in bocca può comprendere di che cosa stiamo parlando. Ed è proprio la sensazione ricercata da Lampo in cucina, quella che pervade quasi tutti i suoi piatti, come ad esempio il Ma Po tofu, un altro piatto che sta molto a cuore di Lampo, poiché l’ha inventato lui, servito con ragù di manzo e ovviamente, pepe e peperoncino, ingredienti che ormai avrete capito non mancano mai nella sua cucina e a Chongqing. Perché è proprio questo il gusto della nebbia. Ma se avete iniziato a capire qualcosa della cucina di Chongqinq non dovrebbe stupirvi più di tanto.  

Per immergervi completamente nel gusto della nebbia, non possiamo che concludere o abbinare tutti questi piatti con un bel tè rosso, perfetto per sgrassare la bocca e togliere il sapore di olio piccante, tant’è che nei ristoranti di Chongqing non manca mai e si trova presente in grandi quantità all’interno di enormi botti di acciaio. L’avete mai provato?

 

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