A chi mi accusa di essere un perfezionista in cucina rispondo che questo è l’unico modo per ottenere un piatto sopportabilmente imperfetto. Cucinare è, fra le altre cose, un atto scientifico di trasformazione chimico-fisica di un alimento dipendente da molte variabili e gli errori sono sempre in agguato.
Per alterare pesantemente il risultato è sufficiente un po’ di fiamma in più o in meno, una sparuta manciata di secondi in più o in meno, pochissimi grammi sale, pochissimi millimetri di peperoncino, sparute gocce di acqua aggiunte o negate, un coperchio messo o tolto nel momento sbagliato, una sola grattata di noce moscata e una sola foglia di salvia e così via. Tutto fa la differenza! Passando dal problema “giuste quantità” a quello “qualità opportune” il discorso si amplia a dismisura. A parità di ricetta, usare la tal marca di pasta oppure la tal altra può fare variare il risultato dall’insufficiente all’ottimo. Ed è così con tutti gli ingredienti. I cucinieri che scelgono materie prime di qualità, usano la bilancia, sorvegliano continuamente la fiamma, usano il coperchio a ragion veduta e individuano nel cellulare il peggior nemico, sono perfezionisti e possono risultare pedanti, ma si mettono sulla strada della però buona riuscita. Quasi mai perfetta, quasi sempre accettabile.
di Martino Ragusa