La parola “crisi” fa sempre più paura. Se poi aggiungiamo l’aggettivo “planetaria” allora il rischio del panico è davvero alle porte. Ma ognuno, nel proprio settore e in base alle proprie esperienze è bene che pensi al “che fare” nel prossimo futuro, senza perdere un attimodi tempo. Chi opera nel biologico – in Italia e nel mondo – sa che si trova di fronte ad un compito importante: contribuire a creare una “nuova” agricoltura che sia davvero “sostenibile”, come parte integrante di una NUOVA ECOLOGIA orientata anche in base ad un’economia più “verde”, come si fa oggi negli USA e, auspicabilmente, anche in altri paesi compreso il nostro. Chi il biologico lo conosce almeno un po’ a questo punto potrà obiettare che con questo metodo oggi viene gestita meno dell’1 % dell’agricoltura mondiale. Vero, ma a parte che oltre 30 milioni di ettari “bio” non sono poi così pochi, per un mercato di oltre 40 miliardi di euro, il grande valore di questo metodo sta soprattutto come “modello” per tutto il pianeta, e non dimentichiamo che solo venti anni fa – pochi per la storia, tanti per il “bio” – il settore praticamente non esisteva, ancora non c’era una normativa di riferimento, che nacque, come è noto, nel 1991. Poi, il biologico in pochi anni fece passi da gigante, in particolare in Europa, con un trend di crescita del 20 % all’anno. Naturalmente, si potrà dire, questo è facile quando si parte da numeri “piccoli”: anche questo è vero. Ma la crescita delle quale abbiamo parlato, che è un dato reale e fa del biologico qualcosa di più di una piccola nicchia di mercato, con il suo 2 % sui consumi alimentari degli italiani rappresenta un dato entrato a fare parte ufficialmente delle statistiche nazionali e mondiali. L’inizio non è stato facile, anche perché – non dimentichiamolo – il biologico è nato e cresciuto senza disporre di grandi risorse da investire in comunicazione, per farsi conoscere dal grande pubblico, risorse delle aziende (poche) e istituzionali (nazionali e regionali, poche e insufficienti). Anche in questi primi mesi del 2009 il mercato dei prodotti biologici ha fatto registrare un’interessante tenuta se non addirittura un incremento dei volumi di vendita. In Germania, nostro tradizionale mercato di destinazione di gran parte dei prodotti italiani, gli incrementi in quantità rispetto all’anno precedente di succhi, conserve a base di carne (soprattutto pollame) ed antipasti si sono attestati intorno al 20%. Altre fonti prevedono un incremento di consumi di prodotti biologici, sempre in Germania nel 2009, pari al 7%; un dato che potrebbe far pensare sicuramente ad una decelerazione rispetto agli incrementi dell’ultimo triennio ma che in una data situazione di mercato possiamo considerare un dato incoraggiante. Del resto questo è in linea con l’indice dei consumi che per la prima parte del 2009 sembra essersi consolidato dopo una brusca caduta nella seconda metà del 2008. Valutando invece le diverse tipologie dei punti vendita possiamo notare come, sempre inGermania, gli spazio maggiormente interessanti per la crescita dei consumi sono i supermarket con una superficie di vendita superiore ai 300 mq, mentre quelli di dimensioni inferiori hanno fatto registrare una diminuzione delle vendite. Se valutiamo quanto accaduto negli USA, il 2008 ha visto un incremento nelle vendite di prodotti biologici pari al 12,5% rispetto all’analogo periodo del 2007 quando i consumi erano cresciuti del 20% rispetto al 2006; anche in questo caso abbiamo assistito ad un ridimensionamento delle vendite ma pur sempre con un segno positivo in un mercato fortemente scosso dalla crisi e tradizionale mercato di esportazione di molti dei nostri prodotti biologici. Stesso andamento è stato registrato per il Regno Unito ove il 15% dei consumatori ha continuato a preferire i prodotti biologici rispetto al 20% dell’anno precedente. Bene o male è quello che è successo anche in Italia ove il 2008 ha visto un incremento dei consumi di prodotti biologici pari al 5,4% rispetto al 2007 quando in quest’anno si era assistito ad un + 10,8%, questa è stato il frutto della frenata che si è registratanell’ultima parte del 2008. Ora, crisi a parte, diciamo così, l’obiettivo è quello di continuare nello sviluppo dei consumi “bio”, puntando ad andare oltre a quel milione di consumatori che sappiamo affezionati (o con un termine, “fidelizzati”, bruttissimo, ma si usa). La strategia prossima ventura, oltre a quella di fare più informazione, che sarebbe la più ovvia, è quella di un più efficace utilizzo delle leve del marketing, che forse questo settore nel passato ha un po’ sottovalutato. Una più incisiva politica sui PREZZI, cercando per quanto possibile di non superare la cosiddetta SOGLIA “D’INDIFFERENZA”, quel + 30 % rispetto agli analoghi prodotti convenzionali al di sopra della quale i consumatori, semplicemente, scappano. E poi occorre lavorare affinché il biologico giochi una parte importante in termini di GLOBALIZZAZIONE POSITIVA, ma anche di INNOVAZIONE: cosmetici, tessile, pesce, ecc. Ne parleremo molto presto.
Quanto si sente il peso della crisi? In che modo sta cambiando la tua spesa di ogni giorno? Rinunci ai prodotti biologici se costano di più? Dì la tua sul forum!
di Fabrizio Piva e Luciano Didero del CCPB(Consorzio per il Controllo dei Prodotti Biologici).