di Rosita.
L’idromele è la bevanda fermentata più antica del mondo, più antica del vino, e nell’antichità era noto come la bevanda degli dei. Le mele non c’entrano: la parola idromele contiene le parola heydor (acqua) e mèli (miele) e lo si trovava prodotto quasi ovunque: oltre all”idromele della Scandinavia vichinga, sono conosciuti un idromele dell”antico Egitto e uno dell’Inghilterra celtica, ma era conosciuto anche dai popoli del Corno d’Africa, dai Greci, dai Romani, dai Celti e da altri.
Nel mondo antico il miele era l’unico dolcificante conosciuto e una delle poche sostanze dalle quali si potesse ottenere una bevanda alcolica. Nella letteratura e nella mitologia viene rappresentata come la bevanda dei re, la preferita del dio Odino e di altre creature sovrumane.
Il consumo di idromele, come bevanda magica, era riservato agli eroi ed ai guerrieri. Il “popolo” poteva disporne solo in un’occasione: era tradizione che le coppie appena sposate bevessero idromele durante il periodo di una luna dopo il matrimonio per ottenere un figlio maschio. Da lì sembra provenire la tradizione della Luna di miele.
La bevanda viene ottenuta dalla fermentazione del miele diluito in acqua, con l’aggiunta di lieviti per enologia, ma si possono trovare ricette di idromele con l’aggiunta di malto, spezie o frutta. Viene prodotto soprattutto nei paesi nordici e lo si trova facilmente alle feste celtiche organizzate anche in Italia. Nel nostro paese si trova spesso un idromele artigianale, molte volte prodotto con l’aggiunta di alcol. I produttori artigianali che lo fanno a livello commerciale, in Italia, sono veramente pochi. Di questi, conosco due fratelli titolari di un’azienda apistica dell’Oltrepò Pavese che sono seguiti, nella produzione, da un bravo enologo. Il loro idromele, dopo aver fatto la fase di fermentazione in acciaio, viene fatto “maturare” in barriques di rovere per almeno un anno, quindi riposa ancora un anno in vetro, prima di essere messo in commercio. Mediamente sviluppa 13 gradi alcolici. Può sostituire degnamente i vini “da meditazione”: il sapore e l’aroma ricordano vagamente il passito; accompagna bene dolci, formaggi stagionati, caldarroste e patè di fegato d’oca.
È stato servito con successo durante delle degustazioni “al buio” di passiti e vendemmie tardive.