Giornale del cibo

Impazza il social eating: dal web alla cucina di casa

Come ogni fine settimana Melissa e Lele, decidono il menu, preparano la cena, apparecchiano con cura e, da bravi padroni di casa, aspettano i propri invitati… che però non conoscono! Già, perché Melissa e Lele hanno deciso di trasformare la loro casa a Milano in un supper club: Ma’ Hidden Kitchen Supper Club.

a' Hidden Kitchen Supper Club

Fonte immagine: facebook.com/mahksc

Che vengano chiamati supper club, home restaurant, hidden eatery o underground restaurant, la sostanza non cambia: trasformare la propria casa in un ristorante esclusivo e segreto, per una cena (o pranzo o colazione) tra sconosciuti è l’ultima frontiera della ristorazione fatta in casa. A rendere possibile tutto ciò ci pensa il web 2.0 tra passaparola online, gruppi su social network o siti internet ad hoc.

Social eating: pasti ad alto tasso di socialità

Come a mettere l’accento sull’importanza della socialità, il nome scelto per racchiudere il fenomeno è social eating.

Social perché la tavola è sempre stato il migliore dei social network; social perché proprio sui social network tanti ristoranti segreti trovano il modo di pubblicizzare la propria attività; social perché la regola principale è quella di mettere al bando la timidezza e l’imbarazzo e considerarsi tra amici, sebbene ci si ritrovi seduti a tavola con sconosciuti. A fare la magia ci pensa il cibo.

Cucina di casa o esperimenti gourmand

Proprio come ogni ristorante, anche i supper club hanno delle anime diverse, che rispecchiano quelle dei proprietari e di chi cucina. C’è chi si lancia in sperimentazioni degne di uno chef e chi, invece, rispolvera il ricettario della nonna e fa ritrovare il gusto del pranzo della domenica in famiglia.

Quest’ultima, ad esempio, è la filosofia dell’associazione Homefood che seleziona in tutta Italia le Cesarine, nelle cui case gustare le tradizioni culinarie della regione in cui si trova.

E poi ancora c’è chi propone menù rigorosamente vegetariani (There’s no plate like home) e chi reinventa la colazione, per una mattinata tra chiacchiere, golosità e complicità, come accade con #pepiteacolazione.

Le regole del supper club

Prima regola del supper club: non si parla del supper club. E, citazione a parte, la location è davvero segreta e viene comunicata agli ospitati poco prima dell’evento.

Nessun mistero, invece, per il cibo, dal momento che il menù viene inviato ai commensali insieme alle altre indicazioni per la cena. Tra queste, l’invito a portare una bottiglia di vino (con l’acronimo BYOB bring your own bottle) e ad essere puntuali, come ad ogni cena che si rispetti.

Ovviamente non ci si deve aspettare un servizio da ristorante, ma un ambiente informale di una cena da amici. E a rendere l’atmosfera gradevole ci pensano non solo i padroni di casa, che in alcuni casi organizzano degli spettacoli teatrali e musicali (come nel caso di Homemade54), ma anche i commensali stessi con l’arte dimenticata della conversazione.

Fonte immagine: facebook.com/homemade54milano

Dal simposio al social eating

Se pensate che il fenomeno sia figlio della crisi vi sbagliate… Chi partecipa a questo tipo di eventi non pensa al risparmio (anche perché la donazione richiesta equivale spesso al conto in un ristorante di medio livello); così come chi decide di trasformare la propria casa in un ristorante segreto non lo fa con l’idea di guadagnarci, visto che non può essere considerata un’ attività commerciale vera e propria.

Ma allora perché queste cene al buio sono richiestissime? Forse perché nella società dei social network ci sentiamo irrimediabilmente soli. Forse perché, nei ritmi frenetici di città alienanti, abbiamo bisogno di riscoprire le grandi tavolate, il piacere del buon cibo e del dialogo. A volte anche in compagnia di sconosciuti, che resteranno tali per il tempo di versare l’aperitivo.

 

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