E se vi dicessimo che esiste un formaggio dal gusto potente e dall’aroma complesso che apporta meno di 200 calorie per etto? Non si chiama miracolo, si chiama Graukäse, letteralmente “formaggio grigio”, ed è un prodotto raro della Valle Aurina. Alle altitudini impervie di questo angolo dell’Alto Adige sopravvive la tradizione secolare che ha dato vita a un vero tesoro di arte casearia. Ve lo presentiamo con piacere di seguito: signori, a voi il Graukäse!
La storia secolare del “formaggio grigio” nella tradizione altoatesina
L’origine del Graukäse è antica. Appartiene alla tradizione dei sauerkäse, ovvero quei formaggi realizzati a partire dalla coagulazione acida del latte: un processo naturale, che non prevede l’aggiunta di caglio o elementi coagulanti esterni. Questo riporta quindi a un saper fare ancestrale, ben lontano dalle moderne tecniche casearie. E il Graukäse, di fatto, è un formaggio che si faceva nei masi di montagna o tra le mura domestiche. In particolare erano le donne a occuparsi della lunga e lenta lavorazione, mentre gli uomini si dedicavano al lavoro in malga. È un altro esempio della “cultura del recupero” alla base di tante specialità della cucina italiana, come ad esempio la panzanella toscana. Il Graukäse nasce infatti dall’esigenza di non sprecare il latte avanzato dalla produzione del burro, elemento di sussistenza imprescindibile per le famiglie montane, insieme alle farine grigie e al maiale.
Riguardo il nome, che nella lingua tedesca sta letteralmente per “formaggio grigio”, il riferimento sarebbe alle muffe grigio-verdi sviluppate in stagionatura. I primi documenti storici che parlano di questo formaggio risalgono al 1325. Si tratta dei registri di Castel Badia, un tempo sede dell’antico convento di Sonnenburg, nel comune di San Lorenzo di Sebato (BZ). Nell’elenco delle eccellenze da riservare alle figlie dei nobili è citato proprio il Graukäse, con particolare riferimento a quello di Rio Bianco, ritenuto all’epoca il migliore.
La tradizione del formaggio grigio non si è mai persa, è rimasta saldamente viva tra le abitudini delle famiglie locali. Ed è proprio grazie a questo che, nonostante per decenni sia stato dimenticato dal resto del mondo, è arrivato oggi a conoscere una rinascita. Una storia analoga a quella del caffè di Anterivo, della non lontana Val di Fiemme, che vede anche in questo caso un contributo decisivo da parte della fondazione Slow Food. Il presidio “Graukäse della Valle Aurina” è stato creato proprio per preservare l’artigianalità di questo prodotto e consolidarne il legame col territorio, proteggendolo quindi dalla standardizzazione industriale. La garanzia del presidio quindi è permettere di contare su un formaggio fatto ancora come una volta, con solo latte crudo da allevamenti locali e nient’altro.
Grigio solo nel nome: le tante sfumature del Graukäse
Si presenta in forme cilindriche o di parallelepipedo, da 500 grammi a 4 chili di peso, e con le facce irregolari per via della granulosità. Quest’ultima è una caratteristica fondamentale, dovuta al fatto che il Graukäse può essere considerato una sorta di cagliata: nasce cioè come una massa grumosa e così si consolida stagionando. Non ha una crosta definita, è tutto edibile. Nella parte superficiale è bianco avorio, tendente a diventare giallognolo man mano che matura e con le tipiche aree grigio-verdi dovute allo sviluppo delle muffe. La pasta interna è invece marmorea, granulosa e friabile e con un grado di untuosità che varia in base alla stagionatura.
L’odore è penetrante e riporta sentori marcati di latte e fieno e una pronunciata nota selvatica. Questa complessità aromatica evolve costantemente nel tempo, così come il gusto. Inizialmente c’è una prevalenza lattica, sostenuta da una sapidità importante ma mai invadente, con la componente erbacea più sullo sfondo. Quest’ultima tende però a farsi via via più pronunciata, accompagnandosi a una certa piccantezza. L’artigianalità del prodotto lo rende tuttavia molto sensibile sia alle variazioni dell’alimentazione delle vacche al pascolo, sia alla mano del casaro. C’è ad esempio chi nella fase di salatura aggiunge anche un pizzico di pepe e soprattutto c’è una componente amaricante strettamente legata alla fase di pressatura: più siero viene trattenuto nella forma, più l’amarognolo sarà percepibile.
Esiste anche una versione non stagionata di Graukäse. Più rara da trovare, non presenta muffe e sia nell’aspetto, sia nel gusto ricorda altri formaggi freschi come la ricotta o la prescinsêua ligure.
Nonostante la potente carica aromatica, infine, il Graukäse è straordinariamente magro. La parte grassa sul residuo secco è inferiore al 2%. Tradotto: meno di 2 grammi di grassi su 100 grammi di prodotto per un totale di circa 150 Kcal. Cosa che ne fa uno dei formaggi più magri in commercio, persino più di una ricotta vaccina.
L’ambiente alpino e la mano del casaro: gli elementi essenziali di un formaggio unico
Si parte dal latte scremato della parte grassa destinata alla produzione del burro. Latte vaccino crudo, che viene lasciato acidificare per due giorni. In alcuni casi, può essere addizionato con fermenti lattici per agevolare la coagulazione, anche se tradizionalmente si fa a meno di questo passaggio. In ogni caso, non è prevista l’aggiunta di caglio. Solo latte quindi, che coagula in modo naturale. Passati due giorni, si scalda lentamente fino a una temperatura massima di 55 °C. A questo punto si estrae la cagliata con l’ausilio di teli di cotone e di lino. La massa estratta viene appesa in modo da favorire la spurgatura del siero per circa mezz’ora, poi viene frantumata a mano. Si procede poi con la salatura e l’eventuale aggiunta di un pizzico di pepe, dopodiché la massa estratta dai teli viene depositata e pressata all’interno degli stampi.
Tocca quindi a un’altra fase molto delicata, quella della stagionatura. Si inizia col lasciar maturare le forme per dieci giorni su ripiani in legno in un ambiente mite, ovvero a circa 25 °C di temperatura e con l’umidità naturalmente presente. Tradizionalmente questo avviene nei masi d’alpeggio, tra giugno e settembre, che coincide con la stagione in cui il bestiame viene condotto al pascolo libero. Il fattore climatico-ambientale è infatti decisivo per creare le condizioni ideali, senza eccessi di calore e umidità, allo sviluppo delle muffe. Stesso motivo per il quale le forme vengono rivoltate spesso senza tuttavia pulirle. Così si permette una compattazione più uniforme della massa, che evita di creare fissurazioni o stagnazioni interne, ma non si interferisce con l’azione delle muffe, fondamentali per definire tanto l’aspetto quanto il profilo organolettico del Graukäse. Oltre alle sfumature grigio-verdi, da cui il nome, apportano complessità aromatica e un gusto capace di evolvere nel tempo. Dopo dieci giorni, il formaggio è pronto per il consumo fresco oppure per proseguire la stagionatura. In questo caso, le forme vengono trasferite in un ambiente con almeno dieci gradi di temperatura in meno e proseguono la maturazione fino a 12 settimane.
Graukäse, un tesoro incastonato tra i monti della Valle Aurina
Il Graukäse è un prodotto che parla di un territorio, al pari di altri formaggi come il toumin dal mel. Nella fattispecie il territorio è quello della Valle Aurina, un piccolo angolo di paradiso di 630 chilometri quadrati circondata da oltre ottanta vette che superano i 3000 metri d’altura. La sua collocazione geografica ne fa la valle laterale più a nord dell’Alto Adige. La neve d’inverno abbonda e la rende una meta ambita dagli appassionati di sci, mentre i percorsi impervi che s’arrampicano tra i ruscelli e i fitti boschi del Parco Naturale Vedrette di Ries-Aurina permettono di stare a contatto diretto con una natura incontaminata.
In questo contesto c’è però la realtà di chi la montagna la vive davvero. Un tempo qui ci si divideva tra il lavoro nei masi e quello nelle miniere, la più nota delle quali, a Predoi, è oggi un museo. A essere rimasta sempre viva è invece la vocazione all’allevamento. Gli spazi per il pascolo libero, del resto, abbondano e contano su una biodiversità che è alla base dell’alimentazione del bestiame. E questo ha riflessi non solo sul loro benessere ma anche sulla qualità del latte che producono. Inevitabilmente quindi un formaggio a latte crudo come il Graukäse racconta tutte le sfumature e gli umori della terra e delle sue stagioni.
Proprio perché si fa direttamente in alpeggio, seguendo le antiche tecniche casearie, il periodo di produzione si concentra tra giugno e settembre. Allo stesso modo le poche realtà che lo producono – perlopiù piccole aziende agricole e due latterie sociali – sono tutte concentrate nel raggio di pochi chilometri, tra la stessa Valle Aurina e località come Selva dei Molini e Riva di Tures, in Val Pusteria.
Nel comune di Valle Aurina poi si tengono manifestazioni come “Le Giornate del Graukäse”: una settimana di eventi, solitamente nella prima metà di settembre, per creare un filo diretto tra produttori, esperti e semplici appassionati. In quest’occasione si possono assaggiare e acquistare varie tipologie di formaggio grigio, oltre a degustarlo come ingrediente dei piatti proposti dagli chef locali. L’iniziativa, insieme al “Festival del Formaggio”, che si tiene sempre qui ogni due anni a marzo, è stata premiata nel 2023 dal GIST (Gruppo Italiano Stampa Turistica) come miglior evento enogastronomico italiano. E nel 2024 Valle Aurina ha conseguito il titolo di “Città del Formaggio” da parte di ONAF (Organizzazione Nazionale degli Assaggiatori di Formaggio).
Aggiungi un posto a tavola, c’è un Graukäse in più
Un formaggio con tanta personalità e dalle molteplici sfumature di gusto in continua evoluzione va assaporato soprattutto in purezza, magari accompagnandolo con della frutta secca. Le forme più stagionate, con una pronunciata piccantezza, si prestano anche all’ormai classico abbinamento con confetture e miele. Il tutto da innaffiare con un calice di vino rosso, come il Santa Maddalena DOC, che con la sua eleganza fruttata avvolge il palato e mitiga l’acidulo del Graukäse, oppure con una delle birre artigianali del Trentino Alto-Adige.
Il formaggio grigio della Valle Aurina sa però farsi apprezzare anche come ingrediente di piatti della tradizione locale. A partire dai pressknödel (letteralmente, canederli pressati), dove sia inglobato nell’impasto, sia aggiunto all’acqua di cottura dà un’importante sferzata di gusto. Altro esempio di specialità autoctona, i kasnöckn: piatto del recupero costituito da gnocchi di forma allungata, tipo quenelle, serviti tipicamente asciutti con un semplice condimento di erba cipollina e burro fuso. Protagonista anche di zuppe, torte salate e del classico matrimonio di sapore e sostanza con la polenta, a livello locale è frequente tagliare il Graukäse a fette sottili e condirlo con olio, aceto e cipolla.
Dopo averlo fatto solo col pensiero, siete tentati di salire in quota e raggiungere la Valle Aurina per assaporare il suo “formaggio grigio”?
Immagine in evidenza di: Filippo Galluzzi