“Chi semina grano, semina giustizia”. Questa citazione del profeta iraniano Zarathustra vecchia di oltre 3.500 anni sintetizza lo spirito di Good Land, startup bolognese nata nel marzo del 2019 su iniziativa, tra gli altri, anche di Lucio Cavazzoni, ex presidente di Alce Nero. L’obiettivo, come si legge sul sito, è “occuparsi di terra, territori e persone”, a partire dalle aree d’Italia più in difficoltà, quelle dove prevalgono ancora fenomeni come il caporalato e lo sfruttamento in agricoltura è la regola. Il primo prodotto di Good Land? Il pomodoro realizzato all’interno della filiera etica promossa dall’associazione No Cap di Yvan Sagnet. Inoltre, pochi giorni fa proprio Cavazzoni ha siglato insieme a Sagnet e a Marco Omizzolo, sociologo Eurispes, un “patto” per portare il programma anche nell’Agro Pontino. Abbiamo intervistato proprio il presidente di Good Land, Lucio Cavazzoni, per conoscere meglio questa startup.
Good Land, la “buona terra” parte da Bologna
“Good Land è startup a vocazione sociale che ha un solo obiettivo: provocare, indurre e accompagnare un impatto di cambiamento sui territori. Ciò si realizza attraverso prodotti, come la salsa di pomodoro No Cap, ma anche attraverso progetti o servizi che innovano la vita sociale oppure rivoluzionano l’urbanistica.” Così presenta Good Land il presidente, nonché uno dei fondatori, sottolineando come ogni azione della startup sia realizzata solo quando esiste un concreto effetto benefico sull’ambiente e sulle persone coinvolte.
Sono differenti, per l’appunto, gli ambiti d’azione. Good Land si occupa, infatti, di ricerca, di sviluppo di imprese ed economie agricole, di progettare modelli d’impresa e modelli abitativi, di agricoltura sociale e della creazione e commercializzazione di prodotti alimentari. Il tutto senza trascurare la sostenibilità, ma anche l’accessibilità di quanto realizzato. “La mia esperienza con Alce Nero”, ricorda Cavazzoni, “mi è costata più volte l’accusa di fare cibo per le persone più ‘abbienti’ e, oltre a ciò, conosco bene i meccanismi della Grande Distribuzione Organizzata, che portano a far sì che i processi distributivi vadano a occupare i due terzi del valore di un prodotto alimentare.” Una vera e propria degenerazione del sistema, come sottolineato da numerosi attivisti ed imprenditori agricoli, che va a colpire i piccoli agricoltori, i braccianti a cui sono riconosciute paghe al di sotto della dignità e l’ambiente, sfruttato senza riguardo verso il futuro.
Primi passi: il pomodoro di No Cap
L’esigenza che muove Good Land è proprio quella di agire con forza contraria a questa tendenza, e non è un caso che il primo prodotto proposto sia il pomodoro di No Cap. Cavazzoni spiega che “nasce dalla volontà dell’associazione No Cap di realizzare fatti concreti nella lotta contro il caporalato. Per noi che guardavamo al pomodoro, proprio perché consapevoli che può essere una vera e propria bandiera contro lo sfruttamento lavorativo e ambientale dei nostri territori, incontrare Yvan Sagnet, presidente di No Cap, è stato un segno e un’occasione da cogliere.”
La rete di associazioni ed enti che ha dato avvio a questa prima filiera etica in agricoltura in Puglia, Basilicata e Sicilia prevede che tutti gli aspetti della vita dei braccianti siano tutelati. Sono stati assunti rispettando gli obblighi di legge, è stata data loro una sistemazione abitativa degna togliendoli dai ghetti, ed è stata garantita una vera visita medica. Un primo passo che ha consentito l’assunzione di 100 lavoratori e la produzione di pelati e passate, distribuite dal gruppo MegaMark soprattutto nel Sud Italia, ma non soltanto.
Good Land, infatti, fornisce aiuto e supporto nelle fasi di progettazione, realizzazione e commercializzazione dei prodotti. La passata biologica e i pelati interi, sempre biologici, sono disponibili così attraverso il contatto diretto con i produttori, in alcuni negozi fisici anche a Bologna, e attraverso il portale di e-commerce Local to You. “A tutti i soggetti che collaborano con Good Land”, aggiunge il presidente, “chiediamo una forma di coinvolgimento. Ci piace parlare di partecipazione attiva più che di consumo consapevole.”
Il futuro? Una filiera etica anche nell’Agro Pontino
Dalla Capitanata all’Agro Pontino, questo il prossimo passo mosso da Good Land e dalla filiera etica in agricoltura in Italia. È stato siglato pochi giorni fa un patto che coinvolge Yvan Sagnet di No Cap, Marco Omizzolo (autore del saggio “Sotto padrone”, intervistato anche da Il Giornale del Cibo) e Lucio Cavazzoni per implementare ed esportare il progetto anche nel Lazio.
Il modello è lo stesso: fornire ai braccianti della zona strumenti per poter vivere e lavorare in maniera degna la terra. “Anche in questo caso vogliamo partire da un coinvolgimento attivo della comunità Sikh, lavoratori originari del Punjab con una straordinaria esperienza nell’ambito degli allevamenti. Mi piacerebbe che la prossima filiera etica si occupasse, quindi, di formaggi e latticini. Vedremo!”
Il dado è tratto, e la prima sperimentazione di un modello alternativo a quello del caporalato sta iniziando a raccogliere i primi frutti. Siete curiosi di saperne di più?