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Glifosato: cos’è, dove lo si trova e quali effetti ha sulla salute

Ancora due mesi di battaglia, presumibilmente più politica che scientifica, poi la Commissione europea prenderà una decisione che le associazioni ambientaliste ritengono fondamentale: rinnovare per altri 15 la licenza di vendita del glifosato, l’erbicida più utilizzato al mondo, oppure non concedere l’autorizzazione, che sarebbe una rivoluzione commerciale vista la diffusione del prodotto.

È una sostanza presente in oltre 700 prodotti per l’agricoltura, ha una diffusione planetaria e in Italia è il componente principale di almeno tre quarti dei diserbanti in commercio. Ebbene, uno studio dell’Oms lo cataloga come probabilmente cancerogeno, l’unico sinora ma piuttosto autorevole, ed è su questa base che i detrattori vorrebbero far fuori senza deroghe la sostanza, perlomeno dall’Europa. Lo stop al glifosato significherebbe farlo sparire da una gran quantità di alimenti consumata nel vecchio continente, e farlo entrare in un elenco capeggiato dal ddt, il celebre insetticida bandito perché cancerogeno.

 

Cos’è il glifosato

Il glifosato è una sostanza inventata e brevettata negli anni Settanta dall’azienda Monsanto, che dal 2001 non ne detiene più il brevetto ma guida comunque la commercializzazione dei prodotti a base di N-fosfonometilglicina, il nome completo del composto. Anche detto glifosate, dalla sua entrata in commercio (nel ’74 col nome di “Roundup”) è stato utilizzato come erbicida, sia in agricoltura che in ambienti urbani. Non stupisce, dunque, visto il massiccio uso che se ne è fatto in oltre 40 anni, che la sostanza sia rinvenuta in prodotti agricoli, nell’acqua, nell’aria. In Italia è arrivato per la prima volta nel ’77.

 

Dove è stato trovato

Patate

Campioni di glifosato  sono stati rinvenuti, in vari paesi europei, in patate, cavolfiori, fichi, lenticchie, fagioli, porri, cereali vari. E ovviamente nella soia, in particola quella geneticamente modificata per resistergli. Secondo l’Istituto per l’ambiente di Monaco di Baviera 14 marche di birra tedesca (tra le quali tutte le più conosciute) ne contengono quantità anche importanti.

Ma nella birra non esiste un limite. Esiste per l’acqua potabile, ma visti i dati sarebbe da rivedere. Vista l’ampia applicazione nella coltivazione degli ogm e dunque nella produzione di mangimi per animali, non è difficile comprendere i motivi per i quali ne sono state trovate dosi massicce nel corpo umano, in qualunque nazione sia stata condotta la ricerca. L’ultima arriva dalla Germania: secondo la Fondazione Heinrich Boll, ad essere stato contaminato è il 75% dei tedeschi.

 

Il glifosato è cancerogeno?

Lo studio alla base della mobilitazione contro la sostanza è datato marzo 2015 e firmato Iarc (international agency for research on cancer), organismo dell’Oms che dopo una lunga ricerca è arrivato alla conclusione che il glifosato è potenzialmente cancerogeno e meritevole dunque di essere inserito nel gruppo 2A, quello in cui era finita la carne rossa. Qualche settimana dopo, però, a sparigliare le carte ecco l’Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio, il Bfr (Bundesinstitut für Risikobewertung), affermare, al contrario, che “non è cancerogeno”.

Infine, a metà dello scorso novembre, l’Efsa – l’agenzia europea per la sicurezza alimentare, con sede a Parma, ha definito improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l’uomo, basandosi però proprio sui test del Bfr, organismo del Paese proponente. In Italia, in assenza di una ricerca organica, sarà il centro di ricerca sul cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini di Bologna ad occuparsene. L’intervento, che è stato annunciato di recente, partirà a maggio non darà risultati completi prima di 3 anni, anche se i primi dovrebbero arrivare all’inizio del 2017.

 

Pro e contro: l’esercito degli “Stop glifosato”

A favore del rinnovo della licenza alla sostanza ci sono produttori e aziende agricole che ne fanno uso e lo ritengono essenziale per il momento degli attuali volumi di produzione. Sarebbe poco impattante e non è stata provata, sostengono, la correlazione con l’insorgere di tumori. La mobilitazione dei no è soprattutto in una petizione promossa a livello europeo da wemove.eu, che ha tra i suoi motori il comitato italiano.

Nella penisola ben 34 associazioni hanno aderito al manifesto “Stop glifosato”: sostengono, al contrario, che diversi studi hanno provato la correlazione tra il composto e diversi tipi di cancro, e che il glifosato potrebbe essere responsabile sia di malattie neurodegenrative come il morbo di Parkinson, sia dell’insorgere della celiachia. Fece scalpore, lo scorso anno, il reportage “El costo humano de los agrotoxicos” effettuato in Argentina dal fotografo Pablo Piovano, che documenta gli effetti sull’uomo dell’uso indiscriminato di diserbanti.

 

Il re del mercato

Secondo uno studio della società di ricerca statunitense Transparency Market Research (come riportato dal settimanale Internazionale, che a febbraio ha pubblicato in Italia un’inchiesta del settimanale tedesco Die Zeit), nel 2012 sono state vendute nel mondo 718.600 tonnellate di glifosato. Il mercato globale di questo diserbante valeva 4 anni fa 5,4 miliardi di dollari ed entro il 2019 dovrebbe raggiungere gli 8,8 miliardi di dollari. In Italia nello stesso 2012 ne erano state vendute 1795 tonnellate.

 

La patata bollente

L’autorizzazione della Commissione europea, in particolare del Paff (il comitato che si occupa di alimenti e mangimi), concessa nel 2002, è scaduta lo scorso dicembre, e visto che la proroga durerà fino a giugno la decisione potrebbe arrivare proprio nella prossima seduta, il 18 e 19 maggio. Lo scorso 8 marzo non bastarono le decine di migliaia di pagine del dossier per far prendere una decisione. Il principio di precauzione, invocato da Italia, Francia, Olanda e Svezia, guida la scelta dei Paesi contrari al rinnovo dell’autorizzazione ed è alla base dello slittamento, avvenuto sotto forma di richiesta di emendamenti da presentare entro il 18 marzo.

L’Italia è stata particolarmente ferma nella posizione, avallata dai ministri delle Politiche Agricole Maurizio Martina e della Salute Beatrice Lorenzin. Qualche riserva esprime il comitato “Stop glifosato”: “Il rinvio della decisione – sostiene Maria Grazia Mammuccini, portavoce del comitato – e la richiesta agli Stati membri di presentare entro il 18 marzo gli emendamenti alla proposta dell’Ue, concentrandosi in particolare sui coformulanti (le sostanze che vengono aggiunte al principio attivo, alcune delle quali sono sicuramente tossiche) potrebbe nascondere una trappola: focalizzare l’attenzione sui coformulanti per far passare così il rinnovo all’utilizzo dell’erbicida”.

 

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