Ormai la frittata è fatta, dicono i sostenitori del no al glifosato che fino all’ultimo avevano sperato in un ravvedimento dell’Unione europea. Ma l’iter è andato come i pessimisti avevano pronosticato, e Bruxelles lo scorso 30 giugno, al termine di un balletto che tutto è parso fuorché chiaro e libero da condizionamenti politici ed economici, ha dato il via libera all’erbicida più diffuso al mondo: il brevetto, il cui termine ultimo di scadenza era fissato proprio quel giorno, è stato rinnovato fino al 31 dicembre, finché l’Echa, l’agenzia europea per i prodotti chimici, non emetterà il suo verdetto sull’eventuale cancerogenicità della sostanza. Ma quella data è lontana. Fino ad allora i Paesi europei, che in mesi di trattative non hanno trovato un accordo, avranno la possibilità comunque di mettere al bando nei proprio confini il glifosato. L’Italia, che in questa battaglia si è sempre sbilanciata verso il no all’erbicida, potrebbe scegliere questa strada.
Glifosato cancerogeno? L’Europa aspetta altri 18 mesi
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Si era capito dalle sedute precedenti: i 28 dell’Ue difficilmente si sarebbero messi d’accordo: troppo poco un solo “no” secco, quello di Malta, troppi i “ni” che si sono trasformati in astensioni. Troppa indecisione. E così il commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitas già alla vigilia della scadenza, il 29 giugno, aveva anticipato la decisione, aggiungendo il suo stupore per la reazione degli Stati membri: anzi, per la non reazione, o meglio ancora per il loro silenzio. Difficilmente la Commissione avrebbe deciso d’imperio per la proroga dell’autorizzazione o per negarla definitivamente. Più facile dunque la pilatesca strada dell’attesa della risposta alla fatidica domanda: il glifosato è cancerogeno?. L’estensione della licenza di vendita, se e quando verrà approvata, avrebbe dovuto avere in teoria una durata di 15 anni: l’Ue aveva proposto 9 anni, salvo scendere a 7 dopo il no deciso di alcuni Stati.
Tra politica e interessi
Mentre l’Echa compilerà il suo dossier, l’erbicida più venduto al mondo continuerà, perlomeno per un anno e mezzo, a percorrere la sua strada lastricata di miliardi e mai incrinata in oltre 40 anni di vita: secondo la società di ricerca Transparency Market Research il mercato globale di questo diserbante valeva 4 anni fa 5,4 miliardi di dollari ed entro il 2019 dovrebbe raggiungere gli 8,8 miliardi di dollari. E anche in Italia non si è mai scherzato: nello stesso 2012 ne erano state vendute 1795 tonnellate. Questa valanga di soldi spiega molto del balletto andato in scena per mesi: la sostanza muove, oltre che le banconote, grandi lobby, e la politica europea ha avuto probabilmente paura di rimanere col cerino in mano. Ora avrà il tempo di trattare e trovare soluzioni, e nel frattempo la Monsanto, la multinazionale che ha brevettato il glifosato, potrebbe passare al colosso farmaceutico tedesco Bayer.
I Paesi che dicono No
L’Ue, qualche giorno dopo il rinnovo del brevetto, è riuscita in realtà ad approvare un provvedimento che fa finalmente sorridere i detrattori del composto chimico: si tratta delle restrizioni delle condizioni d’uso dell’erbicida nell’Ue, incluso il bando del coformulante Poe-tallowamine (una sostanza che attiva il glifosato), l’obbligo di minimizzarne l’uso nei parchi e il rafforzamento dell’esame minuzioso del suo uso prima del raccolto. Ma questo passo avanti a Malta non basta. L’isola è l’unico Paese che ha messo al bando la sostanza, e potrebbe essere seguita a breve dalla Francia che vorrebbe proteggere così il suo champagne. E l’Italia? La sua posizione sembra chiara, a leggere il piano “glifosato zero” del Mipaaf, ma in realtà un vero no, a Bruxelles, non c’è mai stato.
Cos’è il Glifosato e i dossier sulla sua presunta cancerogenicità
È una sostanza introdotta dalla Monsanto, che dal 2001 non ne detiene più il brevetto ma guida comunque la commercializzazione dei prodotti. Anche detto glifosate, per la prima volta entrò in commercio nel ’74, anno dell’uscita di Roundup, il celebre erbicida utilizzato sia in agricoltura che in ambienti urbani, mentre dal 2011 il suo utilizzo è libero. Un intrico di studi, dossier, allarmi ne punteggia la storia. Quello più recente è uno studio condotto da due scienziati del Massachusetts Institute of Technology (Mit). Secondo la ricerca, l’erbicida è in grado di alterare una serie di proteine: di qui la correlazione con malattie tra le quali diabete, obesità, morbo di Alzheimer, Sla, morbo di Parkinson, tra le altre.
Lo studio alla base della mobilitazione internazionale contro la sostanza è invece quello della Iarc (international agency for research on cancer), organismo dell’Oms che dopo una lunga ricerca è arrivato alla conclusione che il glifosato è potenzialmente cancerogeno. Qualche settimana dopo, però, ecco l’Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio, il Bfr (Bundesinstitut für Risikobewertung), affermare, al contrario, che “non è cancerogeno”. Infine, a metà dello scorso novembre, l’Efsa ha definito improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l’uomo, basandosi però proprio sui test del Bfr, organismo del Paese proponente. In Italia, in assenza di una ricerca organica, sarà il centro di ricerca sul cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini di Bologna ad occuparsene. L’intervento, che è stato annunciato di recente, partirà a maggio non darà risultati completi prima di 3 anni, anche se i primi dovrebbero arrivare all’inizio del 2017. Sempre prima di quelli richiesti dall’Unione europea.
#Stop Glifosato
Veemente in Italia la reazione del comitato Stop glifosato, che riunisce 46 associazioni e ha raccolto oltre centomila firme per l’abolizione dell’erbicida: “La Coalizione – dice la portavoce Maria Grazia Mammuccini – chiede al ministero per le Politiche Agricole l’attuazione di misure concrete per la difesa del principio di precauzione perlomeno fino alla pronuncia dell’Echa”. E Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia: “La Commissione sta ignorando il parere della comunità scientifica, nonché la voce dei cittadini. Ci sono state «serie lacune nel rispondere all’esigenza di trasparenza sulla valutazione scientifica del glifosato, necessaria per esprimersi sul rinnovo o meno dell’autorizzazione, ora occorre quantomeno porre chiare restrizioni all’uso, così da ridurre al minimo l’esposizione umana e tutelare i cittadini”.
Fin qui l’ultimo capitolo della questione glifosato. Per un anno e mezzo l’erbicida sarà in commercio poi si vedrà. Il suo impatto sull’economia globale richiama un altro tema caldo, quello del Ttip. In questo articolo avevamo spiegato pro e contro del trattato. La storia del glifosato è comunque ancora da scrivere: per saperne di più consulta il nostro primo articolo sull’argomento.