Nuovo intervento contro gli sprechi e gli snobismi alimentari
di Giuliano Gallini
Care lettrici e cari lettori del Giornale del Cibo,
prima di tutto un ringraziamento a tutti coloro che hanno commentato la mia provocazione. Avevo messo in conto anche qualche malumore: ma le critiche motivate sono sempre ben accette.
Capisco lo stupore per certe richieste assurde dei capitolati di gara, o per le inutili sofisticazioni del servizio a cui portano criteri sbagliati di aggiudicazione: è lo stesso stupore che continuo a provare io ogni volta che vedo simili corbellerie ripetersi. Se venite a conoscenza di casi del genere segnalatelo nello spazio in fondo a questo articolo! Arricchiremo così lo “stupidario alimentare” e aumenteremo le probabilità di vincere questa lotta contro sprechi e snobismi.
La ristorazione collettiva è influenzata dal discorso culturale intorno al cibo. Ne segue le mode e ne assorbe sia i lati positivi che negativi. Per questo ho associato i due ambiti. Conosco abbastanza bene anche la ristorazione commerciale: gestiamo un centinaio di pubblici esercizi. In passato ho anche aperto ristoranti all’estero: e paradossalmente mi sono quasi sempre sentito più libero dai condizionamenti di certi discorsi “alti” nella ristorazione commerciale che in quella collettiva. La mia campagna per “il pubblico mangiare” è tesa a garantire al maggior numero di persone possibile una corretta alimentazione. E non si tratta solo di alimentazione: nella refezione scolastica ben fatta l’educazione alimentare, la socialità, la salvaguardia dell’ambiente naturale fanno parte del vassoio.
Niente contro l’alta cucina. Ma cos’è l’alta cucina? Anzi: cos’è la cucina?
Mi appoggio all’autorità dello storico e filosofo francese Jean-Francois Revel: “la cucina deriva da due fonti: una fonte popolare e una fonte dotta, quest’ultima necessariamente situata nelle classi ricche di ogni epoca. Lungo tutto il corso della storia esiste una cucina contadina (o marinara) e una cucina di corte; una cucina familiare e una cucina da professionisti… la prima ha la caratteristica di essere legata alla regione, di sfruttare i prodotti locali e stagionali…la seconda, quella dotta, si basa invece sull’invenzione, sul rinnovamento, sulla sperimentazione…la storia della gastronomia è una serie di scambi, di conflitti, di bisticci e di riconciliazioni tra la cucina popolare e arte delle cucina. L’arte è creazione personale ma questa creazione è impossibile senza una base artigianale.”
Io, probabilmente, sono più dalla parte della cucina popolare: e mi ritrovo allora a bisticciare con quella dotta. Ma sono ben disposto a riconciliarmi, soprattutto davanti a una buona tavola!
L’obiettivo della Compagnia del Cibo Sincero è quello di contribuire a trovare soluzioni (nei campi, in cucina, nella distribuzione) che consentano al cibo di qualità di essere disponibile per il maggior numero di persone possibile. Dobbiamo allearci con i produttori, gli enologi, i trasformatori, i cuochi, i ristoratori che lavorano per questo. Ce ne sono tanti e dobbiamo sostenerli altrimenti vedremo crescere una pazzesca (e per me inaccettabile) divaricazione: cibo di grande qualità per pochi e cibo spazzatura per tutti gli altri.