Nell’ambito del crescente consumo di pesce, i gamberi sono sempre più richiesti, anche per via di un mercato che ormai da anni porta nelle nostre rivendite produzioni a cifre contenute da varie parti del mondo. Dietro a prezzi bassi, però, possono celarsi condizioni di pesca, allevamento o lavoro quantomeno non soddisfacenti, anche se i dubbi dei consumatori in genere si concentrano principalmente sulla salute. Ma i gamberi di importazione sono sicuri? E quali sono gli standard qualitativi? Dopo aver parlato di pesce d’allevamento, per saperne di più abbiamo abbiamo nuovamente interpellato Valentina Tepedino di Eurofishmarket, veterinaria specializzata in igiene, allevamento e ispezioni alimentari, referente nazionale della Società italiana di Medicina veterinaria preventiva per i prodotti ittici. Nel presentare i dati sui consumi e sui prodotti in commercio, inoltre, riporteremo parte dei contenuti esposti in una recente conferenza su crostacei e molluschi organizzata dall’Accademia nazionale di Agricoltura di Bologna.
Gamberi di importazione: quanto vale questo mercato?
A oggi sono oltre 40mila le specie di crostacei censite nel mondo, e 120 di queste sono citate nella lista pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, che stabilisce quelle acquistabili in Italia a scopo alimentare. Molto apprezzati dagli italiani e in genere dai popoli mediterranei, nel 2018 i consumi pro capite di gamberi si sono attestati a 1,58 kg. La richiesta si impenna soprattutto a fine anno, quando trovano posto sulle tavole natalizie. Il consumo di gamberi si basa in gran parte su importazioni da Ecuador, India, Vietnam, Thailandia, Indonesia, Argentina e Groenlandia.
Come sottolineato dal dottor Oliviero Mordenti dell’Università di Bologna, “in Italia e in tutto il mondo la costante domanda di prodotto, non sempre garantita dalla disponibilità in natura che deriva dalla pesca, ha dato una forte spinta al settore dell’acquacoltura. In ambito nazionale – analizzando la ripartizione percentuale per varietà ittica dei consumi domestici – si osserva come i crostacei incidano con una quota pari al 6% in valore e al 5% in volume. In merito ai consumi, si nota come i gamberi rappresentino da soli circa il 50% del totale dei crostacei, sia in termini quantitativi che di valore economico, seguiti dai gamberetti, che superano il 20% sia in volume che in valore”.
Come riportato dal report 2020 dell’Osservatorio europeo sul Mercato ittico (Eumofa), l’Unione Europea dipende fortemente dalle importazioni. Nell’ultimo decennio, l’autosufficienza per questa produzione è stata in media dell’11%, senza mostrare variazioni significative. In particolare, sono stati consumati soprattutto gamberoni, mazzancolle e gamberi argentini, congelati o preparati/conservati, tutti prevalentemente di origine estera. Sul totale, le percentuali derivante da allevamento e quella pescata sono molto vicine, con una leggera prevalenza dei primi. Nel 2019, le importazioni di crostacei in Europa hanno raggiunto le 632.875 tonnellate, per un valore di 4,74 miliardi di euro, in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente. Quasi il 90% del valore totale e il 94% del volume totale è costituito da gamberi di importazione.
Mazzancolle e gamberoni
Molto apprezzata per le sue carni e per le dimensioni (15-20 cm), la mazzancolla tropicale (Penaeus vannameni) è il crostaceo più allevato al mondo. Originario di Messico e Perù, lo si alleva soprattutto in Cina, Thailandia, Ecuador e Indonesia. Diffuso nella grande distribuzione è anche il gambero gigante indopacifico (Penaeus monodon), che raggiunge i 250 grammi. Viene allevato e pescato in Malesia, Vietnam, Sri Lanka e Thailandia, e in genere commercializzato surgelato, crudo o cotto, sgusciato o meno. Le mazzancolle provenienti dalla pesca sono soprattutto quella pacifica e quella indopacifica (Penaeus indicus e latisulcatus) originarie delle coste orientali dell’Africa fino al Giappone e all’Australia. Queste specie si distinguono per il colore avorio con riflessi gialli e rossastri, che si accentua dopo la cottura, mentre le estremità di coda e zampe tendono al blu.
Nel 2019, i quantitativi da Paesi extra-Ue hanno raggiunto 284.270 tonnellate per 1,99 miliardi di euro, rimanendo pressoché stabili rispetto al 2018 (-1%), ma in termini di valore complessivo sono diminuiti del 4%, a causa del calo dei prezzi all’importazione.
Più di un terzo dell’import proviene dall’Ecuador, e un altro 30% dal Vietnam e dall’India. Quelle provenienti dai due Paesi asiatici, però, hanno un costo maggiore di quelle dell’Ecuador, dove si produce solo la mazzancolla tropicale, mentre India e Vietnam esportano anche il gambero gigante indopacifico, più pregiato.
La diminuzione dei prezzi è dovuto all’aumento della rilevanza delle importazioni dall’Ecuador sul totale, oltre alla diversità della gamma di prodotti provenienti dai fornitori principali. La maggior parte dei gamberi esportati dall’Ecuador, infatti, hanno testa e guscio, mentre l’India esporta soprattutto gamberi sgusciati. L’Ecuador esporta gamberoni e mazzancolle soprattutto in Spagna, Francia e Italia, mentre le esportazioni dal Vietnam e dall’India sono indirizzate principalmente al Regno Unito, ai Paesi Bassi e al Belgio, anche se la destinazione finale può essere diversa.
Gamberi di importazione di altre specie
Le denominazioni commerciali generiche “gamberi” e “gamberetti” spesso accomunano specie diverse per aspetto, dimensione e habitat. Assai diffuso è il gambero argentino (Pleoticus muelleri), pescato nell’Atlantico, di colore rosa-rosso. Apprezzate per la loro delicatezza sono le carni del gambero grigio o gambero della sabbia (Crangon crangon) che vive nell’Atlantico orientale, ma anche nei fondali sabbiosi del Mediterraneo e del Mar Nero.
Nel 2019, sono calate le importazioni nell’Unione europea dall’Argentina, che copre circa il 30% delle forniture totali ed esporta gamberi selvatici congelati, e da Vietnam e India, che coprono rispettivamente circa il 10% del totale.
In media, i prezzi all’importazione sono più elevati per i crostacei di origine vietnamita (8,52 EUR/kg nel 2019), trattandosi per lo più prodotti preparati e conservati, mentre per quelli provenienti dall’Argentina e dall’India si scende a 6,06 EUR/kg e 5,66 EUR/kg. Le importazioni dal Paese sudamericano sono destinate soprattutto alla Spagna e all’Italia.
Di origine anche mediterranea, in quantità sicuramente più limitate rispetto a molte delle specie extra comunitarie sopra citate ma molto pregiato, è il gambero rosso (Aristaeomorpha foliacea), e dai nostri mari provengono anche il gambero viola (Aristeus antennatus) e il gambero rosa (Parapenaeus longirostris). Soprattutto quello rosso è soggetto a truffe nella vendita: specie extraeuropee di valore inferiore, infatti, sono spacciate per questo crostaceo.
Lavorazione e commercio: i gamberi importati possono essere rischiosi per la salute?
Valentina Tepedino puntualizza che “un prodotto ittico può essere pescato in Argentina, lavorato in Thailandia e commercializzato da un’azienda italiana. Ad ogni modo, le norme e i controlli in Europa sono molto rigidi, e tutti gli stabilimenti di produzione, dunque anche quelli extracomunitari che commerciano nell’Ue, devono essere riconosciuti da un bollo CE e produrre nel rispetto della normativa comunitaria, anche in quei Paesi in cui sono consentite sostanze non ammesse nell’Unione europea. Anche per questo, si eseguono esami a campione su sostanze sospette e non ammesse in Ue oltre che su quelle ammesse, ma che devono rispettare una determinata quantità”.
Conservazione e additivi
Particolarmente delicati una volta pescati, “i gamberi sono soggetti alla rapida formazione di una macchia scura sulla testa, dovuta alla normale degradazione degli organi viscerali. Pur non compromettendo la salubrità né il gusto, ne peggiora l’aspetto, ed evidentemente non è gradita da chi acquista. Gran parte dei gamberi in commercio sono trattati con solfiti (sigle E222 e E223), siano essi interi o in code, freschi, congelati o decongelati. Si tratta di sostanze autorizzate, dall’azione conservante e sbiancante”. Tra gli additivi utilizzati su questi prodotti ittici – da indicare in etichetta – possono esserci anche coloranti (sigle E160 o E162), conservanti (es. E211), stabilizzanti (es. E452) e regolatori di acidità (es. acido lattico E270 o acido citrico E330).
Riguardo alla salute, Tepedino rassicura: “non si registrano particolari non conformità, dal punto vista microbiologico e chimico. Le principali irregolarità relativamente ai ‘gamberi’ (termine che comprende moltissimi animali simili, tra vari generi e specie di gamberi, gamberoni e mazzancolle), riguardano soprattutto la presenza di solfiti al di sopra della quantità ammessa per legge. I produttori dei Paesi esportatori, innanzitutto, devono essere muniti di autorizzazioni sanitarie concesse dall’Unione europea. Inoltre, in tutti i livelli di commercializzazione, i prodotti ittici – nazionali e di importazione – subiscono una serie di controlli a più livelli, sia da parte delle autorità sanitarie ufficiali sia da quelle responsabili dell’autocontrollo aziendale. Ad esempio, all’ingresso in Italia i prodotti ittici vengono monitorati dal veterinario ufficiale degli Uvac (uffici veterinari per gli adempimenti degli obblighi comunitari) se di provenienza dalla Ue, e da quello dei Pif (Posti di ispezione frontaliera) se di provenienza extraeuropea. In seguito, sono sottoposti a ulteriori verifiche da parte del veterinario dell’azienda importatrice e da quello ufficiale territoriale. Inoltre, può subire anche i controlli a campione dei Nas (Comando Carabinieri per la tutela della salute) e delle Capitanerie di porto, in particolare, da queste ultime per gli aspetti inerenti la tracciabilità e la corretta etichettatura. In sostanza, dal punto di vista sanitario sui ‘gamberi’ non si verificano irregolarità significative, a mio avviso gli aspetti più delicati, per quanto riguarda in particolare la loro produzione in alcuni Paesi extracomunitari, riguardano il rispetto dell’ambiente e l’etica del lavoro”.
[elementor-template id='142071']Pescati, allevati, freschi, surgelati o precotti: cosa scegliere?
Valentina Tepedino afferma che “i crostacei freschi sono la scelta migliore solo se non è passato troppo tempo dalla pesca. Se si hanno dubbi sulla freschezza, è sempre meglio optare per quelli surgelati o congelati. Se lavorati correttamente e portati rapidamente a meno 18°C già sul peschereccio o nel primo stabilimento a terra e se mantenuti nel rispetto della catena del freddo, infatti, conservano intatte le proprietà nutrizionali e sensoriali. Il prodotto da acquacoltura mediamente può essere considerato sicuro dal punto di vista igienico sanitario alla pari di quello selvaggio, oltreché valido sul piano organolettico. Se si vuole evitare il lavoro della pulizia, si può optare per il prodotto già sgusciato”.
Il professor Corrado Piccinetti, del Laboratorio di Biologia marina e Pesca di Fano, ha affermato che “le modalità di commercializzazione sul mercato sono diverse e si vendono organismi vivi, freschi morti, congelati e più o meno trasformati. Un carattere di freschezza per i crostacei è dato dalla brillantezza dell’occhio e dal colore rosa del carapace, aspetti da considerare al momento dell’acquisto. Infine, in questo mercato spesso le specie con maggiore valore economico sono importate e mantenute vive anche per diversi giorni in vasche con acqua fredda, per cui acquistare esemplari vivi non sempre è indice di provenienza locale. Perciò, bisogna sempre informarsi sull’origine dei prodotti, accertarsi che siano freschi e pescati con tecniche regolamentate in habitat naturali conosciuti, che conferiscono le giuste qualità organolettiche”.
Gamberi dall’estero: occhio alle truffe
Come si accennava, quando si cerca una particolare specie bisogna fare attenzione alle truffe, e in genere la commercializzazione del pregiato gambero rosso mediterraneo è la più colpita. Tra le più frequenti c’è sicuramente la sostituzione con specie di valore inferiore, che può riguardare anche una stessa confezione con esemplari differenti mischiati. Questa confusione è più difficile da rilevare quando a essere vendute sono solo le code, in quanto è soprattutto la testa a identificare la specie. Anche il mescolamento di gamberi di taglie diverse non è infrequente, come lo sono l’eccesso di solfiti e la vendita di decongelato come fresco.
Al momento dell’acquisto, se possibile, è importante verificare:
- che negli strati della confezione gli esemplari siano della stessa misura;
- la corrispondenza tra il peso netto dichiarato in etichetta e il peso reale allo scongelamento;
- la dichiarazione di eventuali additivi in etichetta;
- che non ci siano miscugli di specie diverse;
- infine, è sempre meglio diffidare dei prezzo troppo bassi, che possono celare alcune delle falsificazioni appena elencate.
Al di là di quelli comuni scritti in italiano, che per specie diverse possono essere uguali (es. mazzancolla), i nomi scientifici in latino – obbligatori per legge – sono un riferimento essenziale se si vuol essere certi di acquistare un particolare gambero. Pertanto, oltre a leggere l’origine in etichetta, deve essere possibile accedere a questa informazione.
Attenzione alle etichette
Per riassumere, in linea generale, le etichette di vendita dei crostacei freschi sui banchi pescheria – compresi quelli venduti senza testa o lavorati in diversi modi – devono indicare:
- il nome commerciale (in italiano) e quello scientifico della specie (in latino);
- lo stato fisico (fresco, decongelato, ecc.). Se omesso, si intende che il prodotto è fresco;
- il metodo di produzione: “pescato” o “allevato”;
- l’origine, riportando il mare o l’oceano di produzione (anche sottozone o divisioni specifiche per il prodotto pescate in acque europee), mentre per i prodotti allevati deve essere indicato il Paese dove è avvenuto l’allevamento;
- la categoria dell’attrezzo di pesca (solo per i gamberi pescati);
- gli ingredienti, se presenti (es. additivi).
Sono esentati dal fornire queste informazioni i pescatori e gli acquacoltori che vendono piccoli quantitativi di crostacei di produzione propria.
Sostenibilità ambientale e sfruttamento del lavoro
A causa dell’ampiezza del mercato e della richiesta crescente, il commercio dei gamberi ormai da anni è sotto i riflettori in merito alla sua sostenibilità. Come abbiamo visto, la pesca interessa diverse zone nel mondo, dalla fascia boreale a quella tropicale e australe.
Valentina Tepedino ha precisato che “Paesi come la Norvegia e l’Alaska, ad esempio, sono molto attenti alla gestione e alla tracciabilità delle risorse del mare. L’Alaska ha creato un marchio di certificazione pubblico e gratuito per i prodotti ittici, concesso sulla base dei controlli effettuati dagli enti pubblici. La situazione è diversa in particolare in Paesi asiatici, o in allevamenti di alcuni di questi Paesi. Negli ultimi anni, diverse inchieste hanno evidenziato situazioni di sfruttamento di pescatori e addetti alla lavorazione di questi prodotti. Anche dal punto di vista ambientale, vari allevamenti di gamberi, sia in Asia che in Sud America, stanno facendo discutere gli esperti in merito a quella che potrebbe essere una loro più corretta gestione, onde evitare che per questi ultimi vengano compromessi ecosistemi importanti e fragili, come quello delle mangrovie. Sarebbe bello poter scegliere gamberi sostenibili dal punto di vista ambientale ed ‘etici’, ossia prodotti nel rispetto dei diritti umani. Fortunatamente, sta crescendo un forte sensibilità verso questi temi non solo da parte dei consumatori ma anche dalle istituzioni competenti e dalle aziende della distribuzione, e questo sta attivando sempre più misure utili a migliorare il sistema in generale”.
Vi capita di mangiare gamberi di importazione?