La frutta autunnale si distingue per il suo grado zuccherino, favorito da una maturazione che per tutta la sua evoluzione ha goduto del sole e del caldo estivo. La natura potrebbe offrire un’ampia gamma di prodotti, ma sappiamo che il mercato in genere propone solo poche varietà. Dopo aver approfondito le caratteristiche e le proprietà dei frutti estivi meno conosciuti, questa volta vedremo quali sono i frutti dimenticati d’autunno. L’attenzione, quindi, si concentrerà sulle varietà più rare e antiche di mele, pere, susine e fichi, cercando di capire perché è così difficile trovarle in vendita.
In autunno cosa pesa sulla selezione?
Il patrimonio di biodiversità agricola che può vantare l’Italia annovera centinaia di varietà di vegetali, molti dei quali coltivati o comunque consumati da secoli. Per di più, l’autunno in genere offre frutti dai gusti decisi e caratteristici, che possono essere idonei anche a preparazioni alternative al consumo fresco, come le conserve o le salse da abbinare alle carni. A questo proposito, nel nostro primo articolo sui frutti dimenticati abbiamo approfondito le caratteristiche di alcune bacche autunnali molto saporite, fra le quali possiamo citare le giuggiole, ottime per realizzare la marmellata, senza dimenticare il rinomato brodo.
Come abbiamo visto, però, il mercato ci propone una scelta di frutti molto ristretta, a maggior ragione se ci si limita all’offerta della grande distribuzione. Nel nostro precedente articolo, abbiamo descritto i quattro requisiti più influenti sulla selezione delle colture che dominano il mercato. Oltre agli aspetti già citati, in genere a determinare la relegazione dei frutti dimenticati dell’autunno possono essere la scarsa conservabilità e la facilità di fermentazione, in grado di compromettere rapidamente gli aromi più apprezzabili. Per evitare questo rischio, suggeriamo un nostro articolo con i consigli per conservare al meglio frutta e verdura.
Di conseguenza, i frutti autunnali più sodi e meno deperibili tendono ad avere un vantaggio considerevole nella commercializzazione. Alla luce di queste evidenze, concentreremo l’interesse sulle varietà ormai rare di mele, pere, susine, uva e fichi, riportando le peculiarità di questi frutti dimenticati dell’autunno.
Frutti dimenticati d’autunno: le perle nascoste
Sono moltissime le piante da frutto che nel corso degli anni sono state accantonate, per le ragioni appena ricordate. Concentrandoci sulle varietà italiane – molte delle quali legate a particolari territori – ora vedremo alcune delle centinaia di frutti dimenticati dell’autunno che raggiungono la maturazione fra settembre e novembre. Partendo dalle tipologie di mele, compiremo un viaggio virtuale in questa biodiversità che merita di essere riscoperte.
Varietà di mele
La mela Annurca, tipica dell’area vesuviana, è conosciuta con il nome di Orcola dal tempo dell’antica Roma. La pianta è vigorosa e resistente, mentre la buccia è di colore arancio-rosato. Oltre a un ottimo sapore e a una buona pezzatura, questa mela sembra vantare preziose proprietà di contrasto al colesterolo, come abbiamo visto in un nostro articolo. Particolarissima è la forma della mela Alpistella, che ricorda appunto una stella. Di piccole dimensioni, si distingue per il gusto dolce e acidulo, la polpa croccante e la discreta versatilità di utilizzo. Chi è affezionato alla favola di Biancaneve non potrà che apprezzare l’omonima mela, che si riconosce per la dolcezza e soprattutto per il particolare colore rosso-verde della buccia.
La Campanina – originariamente diffusa della Bassa modenese, ma ormai rara – vanta una grande resistenza al deperimento, anche se il frutto, piccolo e verdognolo, non appaga l’occhio quanto il palato. Origini e caratteristiche analoghe si ritrovano anche nella Decio. Il colore assai insolito contraddistingue la Calvilla porpora e la Viola piatta, mentre il gusto e l’aspetto della mela Cedro e della mela Limoncino ricordano gli agrumi dai quali questi pomi prendono il nome.
Costituiscono dei veri e propri sottogruppi con numerose varietà le mele Belle, le Rosette e le Renette. Tipiche del Piemonte sono invece la Platin rosa e la mela Ruggine, piccole, aromatiche e versatili, con una buccia color ruggine. La seconda è anche molto resistente ai parassiti e alle avversità climatiche, aspetti che la rendono molto idonea a una coltivazione senza trattamenti. In un’intervista a Gianumberto Accinelli abbiamo approfondito i vantaggi del biologico, per la salute e per l’ambiente.
Varietà di pere
Nella lista dei frutti dimenticati dell’autunno non possono mancare le pere, che, come abbiamo visto, sono versatili in cucina e possiedono interessanti proprietà benefiche. La Ammazza cavallo ha un nome che incuriosisce: il frutto è grande, dolce e acidulo, con una buccia color ruggine. La Avallo ha una buona conservabilità ed è indicata per le cotture, così come la Broccolina, di piccola pezzatura e dalla buccia color bronzo. La Colbaro è dolce e aromatica, mentre la Curato grosso si distingue per le grandi dimensioni, per la polpa bianca e per la buona conservabilità. La pera Decurà, adatta alla cottura, ha una polpa acidula e profumata.
La Garzignolo, di origine friulana, ha una polpa soda ed è versatile, come la pera Limone, mentre la pera Laura ha una buccia giallo-rossa e una pasta croccante, più idonea alla cottura. Il gusto dolce e aromatico è la caratteristica migliore della Martinone, mentre la Nonna di Imola, di ottima conservabilità, è adatta alla preparazione dei dolci. La Patrizio è grande, dolce e aromatica, la San Germano e la pera Spina, invece, si distinguono per la versatilità di utilizzo. Curioso anche il nome della Strangola preti – piccola, croccante e dal sapore complesso – mentre la pianta della Zucchella, che produce frutti dalla buccia verde-rossa, è molto resistente.
Varietà di prugne
La susina Anna Maria Gialla Franca ha una buccia dorata, dimensioni contenute e una polpa aromatica, mentre la Coscia di Monaca gialla ha una buona pezzatura e una discreta conservabilità. La Dorata di Poviglio, tipica della Bassa reggiana, è dolce, profumata e succosa. La Haganta si distingue per il colore violaceo della buccia, per la grande pezzatura e per la dolcezza, come anche per il valore ornamentale della pianta. La prugna Santa Caterina ha una forma allungata ed è leggermente acidula, mentre la Regina Vittoria, di colore rosso-viola è tenera, succosa e indicata per l’essiccazione, così come la Settembrina, ottima per preparare la confettura.
Varietà di uva da tavola
Nei frutti dimenticati d’autunno possono essere annoverate anche diverse varietà di uva da pasto, anche se alcune di esse, come vedremo, continuano a essere coltivate su larga scala nonostante l’antica origine.
Fra quelle bianche, la Matilde presenta acini grandi, croccanti, succosi e aciduli, con una buona aromaticità. La buccia è fine e ricca di pruina (sostanza prodotta dagli acini a scopo protettivo, dal tipico aspetto ceroso e biancastro), mentre il grappolo è spargolo (con acini radi e ben distanziati), voluminoso e di forma allungata. Pur non essendo tipicamente autunnale, questa varietà tradizionale è emblematica, in quanto su larga scala gli è stata preferita dalla Victoria, oggi ben più diffusa. La Regina, pur essendo molto coltivata in tutto il mondo, vanta antiche origini mediterranee. Gli acini sono grossi, allungati e polposi, con un’aromaticità delicata e una buccia spessa, di colore dorato. Il grappolo è allungato e molto voluminoso.
Anche l’Ansonica (o Inzolia), pur essendo diffusa, è il vitigno siciliano più antico, largamente impiegato per la vinificazione e coltivato anche in Sardegna, in Toscana e nel Lazio. La pianta resiste molto alla siccità, mentre il grappolo, di forma conica, è di grandi dimensioni. La Corniola è una varietà antica, rara e pregiata. Gli acini, di colore dorato tendente al rosa, sono allungati, molto dolci e succosi. Gli acini dell’uva Fragola bianca sono piccoli, dolci e organoletticamente caratteristici, mentre la pianta è resistente, adatta anche ai climi umidi e facile da coltivare. La variante nera, dalle peculiarità non dissimili, richiama ancor di più il gusto della fragola.
Varietà di fichi
Le varietà di fichi si distinguono fra bifere – quando fruttificano due volte nell’arco dell’anno – e unifere, se invece generano frutti una sola volta in autunno. Partendo dalle bifere, possiamo citare il fico Dall’osso – di colore scuro e tipico del Piemonte – il cui nome è dovuto a una sorta di nocciolo che si forma alla base frutti, che nell’arco della maturazione possono presentare una livrea bicolore verde-viola. Originario del Friuli è il Moro di Caneva, allungato, saporito e dalla buccia sottile di colore scuro. Il Callara si distingue invece per la buccia rossastra e per la grande pezzatura dei frutti. Il fico Salame, dalla caratteristica forma oblunga, proviene dall’Oltrepò pavese e si presta anche per l’essiccazione sulla pianta.
Tra le piante unifere, invece, possiamo ricordare il fico Brogiotto, sia in variante bianca che nera, dalla polpa dolce e aromatica, il Verdino, con frutti piccoli e verdi, e il Seccalino, originario del Veneto, di piccole dimensioni, dalla buccia verde e adatto all’essiccazione. Il fico dell’Abate, di pezzatura particolarmente grande, è molto polposo e adatto anche per preparare marmellate.
Il Salento è particolarmente ricco di varietà autoctone pregiate, tendenzialmente unifere. Il fico Morettina è piccolo, tondeggiante e granuloso, mentre il Rigato, molto raro e decorativo, ha una buccia striata giallo-verde. Il Russeddha genera fichi striati rosa e verdi, mentre il Torre dell’Orso cresceva originariamente lungo la costa. Il fico di Natale, il fico Paolo, il Grika e il Varnea maturano molto tardivamente e hanno bucce spesse.
Kaki mela: un caso emblematico
Per comprendere meglio le dinamiche in base alle quali si determina l’accantonamento dei cosiddetti frutti dimenticati, compresi quelli d’autunno, risulta emblematico il caso dei kaki mela. Questi frutti, largamente coltivati in Spagna e in Israele, negli ultimi anni si sono affermati nella commercializzazione internazionale, spesso sovrastando i kaki molli, grazie ad alcune peculiarità molto vantaggiose per la grande distribuzione. Contenendo pochi tannini, infatti, i kaki mela – che non sono l’esito di incroci con il melo – non necessitano di ammezzimento (processo di maturazione indispensabile per alcuni frutti) e possono essere consumati subito dopo la raccolta.
La Fuyu, la Hana Fuyu, la Jiro e la O’Gosho sono le varietà più diffuse, accomunate da un bell’aspetto, grazie alla buccia liscia color arancio vivo, alla forma regolare e alle dimensioni notevoli. A risultare decisiva per la diffusione commerciale, però, è la consistenza dei frutti. Se le varietà molli di kaki soffrono particolarmente il deperimento e il trasporto, richiedendo appositi contenitori protettivi, i kaki mela non accusano questi problemi. Questi pomi possono essere stoccati, conservati e trasportati senza particolari precauzioni, grazie alla polpa molto soda e alla buccia spessa. Il gusto dolce e “semplice” completa un quadro ideale per la grande distribuzione. Gli amanti dei kaki apprezzeranno le nostre ricette per realizzare marmellate e bavaresi con questi frutti autunnali.
Come abbiamo visto, i cosiddetti frutti dimenticati d’autunno sono stati in gran parte estromessi dal mercato. Tuttavia, per riscoprirli come meritano, possiamo cercarli nei mercati e nelle produzioni locali, oppure – se si ha lo spazio e il pollice verde – si può scegliere di coltivarli da sé, acquistando le piante nelle rivendite specializzate.
Dopo questo approfondimento sui frutti dimenticati d’autunno, può essere interessante leggere il nostro articolo sulla frutta e la verdura di ottobre.
Altre fonti:
Atlante delle coltivazioni erbacee
Maioli frutti antichi
Frutti dimenticati e biodiversità recuperata. Il germoplasma frutticolo e viticolo delle agricolture tradizionali italiane, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, 2010.