Il rispetto della stagionalità degli alimenti riguarda anche il settore ittico, e il consumatore è sempre più attento a compiere scelte sostenibili anche al banco del pesce. Tuttavia ancora in molti faticano a riconoscere il valore etico e ambientale di questo tipo di prodotti: non sono chiari in ogni circostanza i criteri che ne definiscono la sostenibilità. Sebbene non normati per legge, esistono degli standard, così come sono presenti enti di certificazione che servono a orientare le azioni del produttore e gli acquisti del consumatore.
Uno dei principali programmi di certificazione dei prodotti alimentari sostenibili in ambito ittico è Friend of the Sea, fondata da Paolo Bray, direttore del progetto internazionale Dolphin-Safe dell’Earth Island Institute, e riconosciuta da ACCREDIA, l’ente italiano dell’accreditamento. Oltre a occuparsi dell’elaborazione dei criteri che determinano se un pesce sia allevato o pescato in maniera sostenibile, Friend of the Sea si occupa di sensibilizzazione del consumatore e ha recentemente promosso l’iniziativa “Ristoranti sostenibili”, un bollino riconosciuto alle attività di ristorazione che dimostrano di utilizzare nel menù materia prima ittica che rispetta gli standard di tutela dell’ambiente marino sviluppati dall’organizzazione. Proprio per conoscere meglio questa realtà e il progetto abbiamo intervistato il presidente di Friend of the Sea, Paolo Bray.
Che cosa si intende per pesca sostenibile
Il pesce che acquistiamo nei mercati o al supermercato, così come quello che consumiamo nei ristoranti, può essere pescato in mare oppure allevato in acquacoltura. In entrambi i casi per definire che cosa sia la pesca sostenibile facciamo riferimento a un’attività che evita comportamenti dannosi per le specie ittiche e per gli ecosistemi che le ospitano, nonché un rispetto delle tutele e della salute delle persone che vi lavorano. Pratiche rischiose per l’ambiente sono, invece, i prelievi eccessivi, gli sprechi, le tecniche distruttive per i fondali e, nell’attività di acquacoltura ittica, il ricorso a mangimi di scarsa qualità.
L’importanza di compiere scelte sostenibili al banco del pesce è dettata anche dagli allarmanti report a proposito dell’impatto dei cambiamenti climatici sul settore ittico: l’aumento delle temperature provoca un calo degli stock ittici a disposizione, l’acidità dei mari e la presenza di plastiche e microplastiche mina la salute dei pesci, e ancora oggi enormi quantità di pescato vengono scartate senza arrivare mai alla vendita. Le soluzioni, secondo il ricercatore Gabriele Volpato che ha curato un rapporto presentato nel 2019 in occasione di Slow Fish, richiedono un cambio di passo anche da parte del consumatore che può compiere scelte più consapevoli e optare per un pescato che non danneggi l’ambiente.
Come abbiamo visto in un approfondimento dedicato proprio alla pesca sostenibile nel suo complesso, i principi che ne definiscono la qualità sono tre:
- l’impiego di strumentazioni non troppo invasive;
- il rispetto dell’ecosistema marino da parte degli equipaggi;
- la riduzione degli sprechi e dell’uccisione di molto più pesce di quello di cui c’è bisogno.
È proprio su questi aspetti che interviene Friend of the Sea che ha elaborato uno standard di valutazione che gli enti di accreditamento possono impiegare per confermare la sostenibilità o meno di un dato prodotto. Solo quelli che superano l’analisi dell’audit (ovvero l’ente che si occupa concretamente della valutazione) possono apporre sul proprio prodotto il bollino “Friend of the Sea” che comunica al consumatore che quel pesce rispetta tutti i criteri ed è sostenibile.
Lo standard di pesca sostenibile del bollino Friend of the Sea
“Friens of the Sea” ci racconta il presidente Paolo Bray, “è stato lanciato nel 2008 come progetto indipendente e oggi conta più di 1000 aziende in circa 70 paesi del mondo che hanno prodotti certificati secondo il nostro standard.” Il programma, infatti, si occupa dell’elaborazione dei requisiti e dei criteri che vanno a definire la sostenibilità o meno dei prodotti ittici. Quelli che li rispettano possono esibire un bollino Friend of the Sea che lo conferma e lo comunica a chi li acquista.
I requisiti sono diversi per la pesca e per l’acquacoltura perché hanno di fatto impatti differenti sull’ecosistema: “per la pesca” spiega il presidente, “si valuta lo stock ittico, perché la popolazione non può risultare sovrasfruttata. Inoltre, viene valutato positivamente il ‘metodo di pesca selettivo’, che prevede di evitare specie in pericolo o vulnerabili. Non ci può essere più dell’8% di scarto, non si deve rovinare e danneggiare il fondale e occorre seguire le norme internazionali della pesca.” I criteri riguardano anche la gestione della pesca a bordo e in porto: si vaglia anche l’attenzione all’efficienza energetica, alla gestione dei rifiuti e requisiti sociali come un’equa gestione degli equipaggi e il rispetto delle norme di sicurezza in tutti gli spazi.
Nel caso dell’acquacoltura, lo standard di Friend of the Sea valuta l’impatto sul sito naturale preesistente – sia che si trovi in mare sia a terra –, l’attuazione di buone pratiche di gestione dell’acqua, dell’energia e dei rifiuti. “Importanti sono le misure per evitare le fughe di pesce, oltre che il rispetto dei principi della responsabilità sociale d’impresa.”
Tutti i criteri sono disponibili sul sito del programma con le istruzioni per le aziende che desiderano farsi valutare e, eventualmente, ottenere il bollino che nei prossimi mesi apparirà anche nei ristoranti.
“Ristoranti sostenibili”, il pescato che rispetta l’ambiente al tavolo
“Dai prodotti e dalle aziende certificate, è stato per noi naturale coinvolgere anche il mondo della ristorazione, collettiva e non, sviluppando un progetto ad hoc che è, per l’appunto, Ristoranti Sostenibili” aggiunge Bray. L’obiettivo è fornire al consumatore maggiori informazioni a proposito del pesce che consuma in ristoranti, bar, trattorie, mense, e non soltanto. Le realtà aderenti, infatti, possono esporre il bollino Friend of the Sea all’ingresso, sul menù ed essere inserite nell’elenco di ristoranti che servono pesce sostenibile di una app gratuita dedicata “Sustainable Restaurants”.
“Il ristorante” spiega il promotore, “può dimostrare che nei 12 mesi precedenti alla valutazione ha acquistato prodotti provenienti da fornitori che hanno fatto certificare il loro pescato. Ogni anno, in seguito, viene replicata questa verifica in maniera tale che l’aderenza ai criteri sia costante e certificato.” Friend of the Sea, dunque, non si occupa della qualità né del rispetto delle norme sanitarie del ristorante, ma della storia del prodotto che trova nel piatto e delle modalità attraverso le quali è stato allevato e pescato.
“In un’epoca in cui ormai ognuno dichiara di essere sostenibile” commenta Bray, “con la nostra certificazione diamo una sicurezza in più all’azienda e al consumatore. Mentre la definizione di ‘biologico’ è definita da una normativa chiara, questo non accade ancora per la dichiarazione di ‘sostenibilità’. Noi ci muoviamo in quella direzione, proponendo dei criteri che possano restituire una definizione veritiera.”
Sono già 543 i ristoranti che hanno aderito all’iniziativa Ristoranti Sostenibili, dei quali 223 si trovano in Italia. “Nei prossimi mesi” conclude il presidente di Friend of the Sea, “confidiamo di allargare il numero di realtà coinvolte e di far conoscere ai consumatori ciò che si cela dietro a un bollino. Chi acquista un prodotto certificato, infatti, non solo riduce il suo impatto ambientale, ma contribuisce anche alla valorizzazione di trasparenza, sostenibilità, responsabilità sociale e rispetto dell’ecosistema marino. Una scelta consapevole a 360°.”
Voi avete mai notato il bollino Friend of the Sea nei prodotti che acquistate?