Legalità, professionalità, passione. Una triade indissolubile e inscalfibile di priorità guida Filippo Cogliandro ogni giorno, da quasi vent’anni. Lo guida nelle scelte del suo ristorante, nell’amore per la sua città, Reggio Calabria, e per il territorio che la circonda, nella difesa di valori che porta avanti da sempre e in particolare da quando, vittima del racket, ha deciso di non abbassare la testa davanti alla ‘ndrangheta. Filippo Cogliandro e il suo L’A Gourmet L’Accademia sono stati scelti dall’associazione Coè per inaugurare un tour nel gusto reggino, domenica 17 gennaio, per “una cena a quattro mani” insieme al giovane chef Luca Abbruzzino, e l’occasione è stata multipla: “Incrociare il lavoro di un talentuoso collega – dice Cogliandro -; emozionare il palato di chi ha preso parte all’evento; far conoscere Reggio come città gourmet, promuovendone un lato nascosto cui la gente fino a qualche anno fa non badava: se chiedevi in giro il piatto tipico reggino molti non ti sapevano rispondere, oggi invece c’è maggiore consapevolezza anche grazie a chi come me ha provato a portare in tavola dei valori, insieme agli ingredienti”.
Lotta e professionalità
Lo chef parla con cognizione, consapevole di essere sempre in lotta e convinto che ad aver allontanato la criminalità dal suo locale sia stata la professionalità, insieme al coraggio: “Non è necessario fare per forza gli eroi, per combattere le mafie, a volte bastano onestà e lavoro. Io ci metto, oltre che la faccia, tutta la mia professionalità”. Una battaglia lunga ormai otto anni, cominciata quando, nella sua attività allora decennale, ricevette la richiesta di pizzo, che rifiutò denunciandone gli autori e intraprendendo una strada lastricata di sacrifici ma tuttora aperta: “Fui in difficoltà, negli anni a seguire, perché per un po’ il ristorante fu poco frequentato, e dove non era riuscita la ‘ndrangheta riuscì lo Stato, sotto forma di un debito con Equitalia che tuttora pago. Ma sono ancora in piedi, grazie anche a chi mi ha incitato a non piegarmi”.
Anni fa il padre, proprietario di una stazione di servizio, venne gambizzato proprio perché non voleva piegarsi alla richiesta di pizzo, ed è anche nel suo nome che Filippo Cogliandro continua a lottare. La ‘ndrangheta oggi gira alla larga, ma lui a questo risultato non si è fermato: è stato uno dei fondatori di Reggio Libera Reggio, che oggi conta 41 imprese pizzo-free e si può definire un cartello di contrasto al racket, contribuisce al reinserimento sociale e lavorativo di giovani in difficoltà, ha fondato la prima spiaggia di Libera in Italia, è dal 2013 Ambasciatore antiracket per la ristorazione italiana nel mondo, continua a collaborare con la giustizia per liberare il centro di Reggio (dove oggi è L’Accademia, in Largo Colombo), la città, la Calabria dalla ‘ndrangheta.
“Nel mio locale spesso sono ospiti giudici, procuratori, autorità militari”, dice con gratitudine, ma poi non risparmia critiche ad un sistema che non protegge fino in fondo chi come lui denuncia il marcio, “non risparmiandogli anzi difficoltà economiche”.
Agromafia, il nuovo racket
E’ un impegno continuo il suo, ma anche una non rinuncia alla professionalità. Ha studiato, è un appassionato d’arte, ha messo una ricerca continua al servizio del gusto reggino: “Perché la mia filosofia è questa, la mia preparazione è al servizio della legalità”. Questo duo inscindibile tanto da divenire un mantra è uno sprone per giovani imprenditori, e Cogliandro lo sottolinea: “Non bisogna avere paura di portare avanti le proprie idee. Reggio Calabria lo dimostra”.
Con la sua tenacia, il ristoratore reggino prova dunque a ribellarsi a un sistema che c’è, nonostante i colpi infertigli da chi lo combatte, e che ha in quei 15 miliardi di fatturato annuo dell’agromafia il suo numero più inquietante: “E’ questo il racket di oggi, e molti nell’acquistare certi prodotti neanche si rendono conto che ci stanno soggiacendo. Ma qualcosa si può fare, ovviamente a me nessuna di queste persone che provano a condizionare la filiera si avvicina. E in tanti hanno capito e dicono no a questa forma di criminalità purtroppo estremamente organizzata”. Nei suoi piatti solo materie pulite: e “non solo la stagionalità dei prodotti, la loro selezione, la reinterpretazione della cucina del territorio e via dicendo”, come dice nel suo sito, ma “la ricerca di un’emozione”.
Una cena a quattro mani
Quella stessa emozione che domenica sera lui e il 26enne Luca Abbruzzino, giovane chef dell’anno per l’Espresso e già una stella Michelin, hanno provato a dare ai partecipanti di “una cena a quattro mani”: «Di Luca mi hanno colpito la sua passione per la materia prima territoriale, la capacità creativa, il talento nell’abbinare terra e mare e la sua umiltà. La Calabria ce l’ha nel cuore”. L’appuntamento allestito dall’associazione Coè, tre imprenditrici (Valeria Bellantoni, Laura Pizzimenti e Alessandra Stilo) unite dalla voglia di promuovere la loro città, è solo il primo di una serie che vedrà altri importanti chef in riva allo stretto: “Faremo conoscere Reggio – dice Cogliandro -, la città e la Calabria lo meritano”.