Sono ben 450 i braccianti e le braccianti oggi assunti all’interno della prima filiera etica contro il caporalato. Un ambizioso progetto dell’associazione NoCap, avviato nell’autunno del 2019, insieme al gruppo Megamark e alla Rete per la terra, a cui si è aggiunta anche Good Land, start up bolognese che si occupa di agricoltura sociale, sostenibilità e accessibilità di prodotti etici.
L’azione della filiera è articolata e complessa e mira a garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente, dal campo fino al piatto. Ne abbiamo parlato con Yvan Sagnet, attivista, fondatore e presidente di NoCap, nonché Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.
Una filiera etica e sostenibile è possibile, ce lo racconta Yvan Sagnet
In un anno e mezzo di vita, la filiera etica di No Cap ha ampliato la sua rete, non soltanto aumentando il numero dei lavoratori agricoli assunti, ma anche raggiungendo ormai quasi tutte le Regioni, includendo un gruppo di donne braccianti, e rafforzando i servizi offerti alle persone tolte dalla morsa del caporalato. “A ciascuna persona tolta dai ghetti” ci racconta Sagnet, “troviamo una casa, spesso grazie alla collaborazione della Caritas e non soltanto, e ci siamo attrezzati per acquistare i mezzi per permettere ai braccianti e alle braccianti di raggiungere il posto di lavoro in sicurezza. Ricordiamo che i campi non hanno indirizzi precisi e spesso non è possibile arrivarci con i mezzi pubblici. Per questo, una filiera etica deve prendere in considerazione tanti aspetti diversi.”
Alla complessità, No Cap risponde con la concretezza di contratti di lavoro, strutture abitative sicure, mezzi di trasporto e una rete di distribuzione che ormai copre quasi tutto il territorio italiano. Il sogno? Un bollino etico per tutti i prodotti presentati al consumatore, in maniera tale che sia sempre più semplice compiere scelte consapevoli e critiche, che tengano conto quindi della qualità, ma anche del rispetto dei lavoratori e della sostenibilità ambientale.