Giornale del cibo

Allarme fame nel mondo: gli effetti della pandemia sulla sicurezza alimentare nel Rapporto FAO 2021

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Già prima dell’emergenza sanitaria che ha colpito i Paesi di tutto il mondo, eravamo ben lontani dal raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dell’Agenda ONU 2030. Tra questi, garantire l’accesso a cibo sicuro, nutriente e sufficiente per tutte le persone e sradicare ogni forma di malnutrizione, come evidenziato dal rapporto FAO con i dati relativi al 2019 e quindi antecedenti alla pandemia, che aveva lanciato l’allarme segnalando il rischio per la sicurezza alimentare di milioni di persone, tra cui molti bambini. Il Covid-19 ha inasprito le disparità, rendendo ancor più in salita il percorso verso il raggiungimento degli SDG nei tempi sperati.

“The world is at a critical juncture”, ossia “Il mondo è in una fase critica”: così esordisce la nuova edizione del rapporto The State of Food Security and Nutrition in the World in 2021 pubblicato congiuntamente il 12 luglio dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), dal Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD), dal Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), dal Programma Alimentare Mondiale (PAM) e dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

811 milioni di persone nel mondo soffrono la fame: l’allarmante fotografia del Rapporto FAO 2021

Il nuovo rapporto non lascia alcun margine di interpretazione: cresce il numero di persone denutrite a livello globale, al punto che da da 720 milioni fino a 811 milioni nel mondo, nel 2020, ne hanno sofferto (161 milioni in più rispetto al 2019). Non solo, lo scorso anno, infatti, quasi una persona su tre (2,37 miliardi) non ha avuto accesso a un’alimentazione adeguata e continuativa, soprattutto per ragioni di carattere economico. Questo parametro, conosciuto come “prevalenza dell’insicurezza alimentare moderata o grave”, era già in aumento dal 2014, ma si è accentuato nel 2020, crescendo nell’arco di un solo anno tanto quanto nei cinque anni precedenti considerati nel loro complesso.

Sono dati allarmanti che, come sottolinea il rapporto, non hanno risparmiato nessuna regione del mondo, anche se a soffrirne sono soprattutto il continente asiatico e africano. Più della metà delle persone denutrite nel mondo, infatti, si trovano in Asia (418 milioni) e più di un terzo in Africa (282 milioni). Rispetto al 2019, circa 46 milioni di persone in più in Africa, 57 milioni in più in Asia e circa 14 milioni in più in America Latina e nei Caraibi sono stati colpiti dalla fame nel 2020.

La malnutrizione: una questione di genere e di età

insicurezza alimentare bambini
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Anche la disuguaglianza di genere si è accentuata, sottolinea la FAO. Nel 2020, infatti, l’insicurezza alimentare ha riguardato 11 donne ogni 10 uomini (con un aumento rispetto alle 10,6 del 2019). Tra il genere femminile, si stima inoltre che il 29,9 per cento delle donne di età compresa tra 15 e 49 anni nel 2019 in tutto il mondo è affetto da anemia – ora un indicatore degli SDG. Tuttavia, i dati rivelano forti differenze regionali: più del 30 per cento delle donne in Africa e in Asia ne soffrono, rispetto a solo il 14,6% di quelle nel Nord America e in Europa. Per quanto riguarda l’obesità degli adulti, invece, il rapporto sottolinea come sia in forte aumento in tutte le regioni.

A livello di età, si stima che a fare le spese di questa situazione siano soprattutto i bambini. Secondo le stime (e come specificano nel rapporto i dati potrebbero essere sottostimati), nel 2020 erano più di 149 milioni i bambini sotto i cinque anni con un ritardo della crescita (altezza troppo bassa rispetto all’età), più di 45 milioni quelli deperiti (troppo magri rispetto all’altezza) e circa 39 milioni quelli sovrappeso, e la maggior parte dei bambini malnutriti vive in Africa e in Asia.

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Le cause della denutrizione

Già il rapporto dello scorso anno aveva sottolineato come la pandemia di Covid-19 stesse avendo un impatto devastante sull’economia mondiale, innescando una recessione che non si vedeva dalla Seconda Guerra Mondiale, e che la sicurezza alimentare e lo stato nutrizionale di milioni di persone, compresi i bambini, era a rischio deterioramento. La nuova edizione del rapporto ha confermato quindi quanto stimato, dimostrando come in molte regioni del mondo la pandemia abbia messo a repentaglio l’accesso alle risorse alimentari. Tuttavia, già prima dell’emergenza sanitaria, la fame e altre forme di malnutrizione erano in aumento, soprattutto nei Paesi in preda a conflitti, crisi climatica o difficoltà economiche, e questi fattori – esasperati dalla pandemia – sono tra le principali cause dell’insicurezza alimentare mondiale e interagiscono tra loro.

Milioni di persone nel mondo soffrono di insicurezza alimentare e diverse forme di malnutrizione perché non possono permettersi continuativamente un’alimentazione nutriente e sicura, ad esempio, dimostrando come il costo delle diete sane, unito ai persistenti alti livelli di disparità di reddito, sia ancora un problema enorme. Inoltre, a influire negativamente su quasi ogni aspetto di un sistema alimentare – produzione, raccolta, lavorazione e trasporto, forniture, marketing e consumo – sono i conflitti, poiché comportano la distruzione di mezzi agricoli, la fornitura di mezzi di sussistenza, il commercio e la movimentazione di beni, con effetti negativi su disponibilità e prezzi del cibo. Similmente, gli eventi climatici sempre più estremi impattano tutta la catena agroalimentare, dalla produttività agricola all’importazione di cibo, poiché i Paesi cercano di compensare le perdite di produzione interna.

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Il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030: mai così lontani

Manca meno di un decennio al 2030, eppure il mondo non è mai stato così lontano dal raggiungimento del suo obiettivo. Anzi, si sta muovendo nella direzione sbagliata. Il rapporto ha dimostrato che le flessioni economiche in conseguenza delle misure di contenimento del Covid-19 in tutto il mondo hanno contribuito a uno dei maggiori aumenti della fame nel mondo da decenni, che ha colpito quasi tutti i Paesi a basso e medio reddito e può annullare gli sforzi ottenuti finora. Nel complesso, infatti, nonostante i progressi compiuti in alcuni ambiti, il mondo non sta tenendo il passo necessario per conseguire entro il 2030 gli obiettivi fissati per i vari indicatori nutrizionali. Non è un caso, infatti, che il Premio Nobel per la Pace lo scorso anno sia stato assegnato al World Food Program, agenzia delle Nazioni Unite che si occupa della lotta contro la fame nel mondo, che, soltanto nella prima metà del 2020, ha inviato e distribuito carichi di aiuti in 120 Paesi dove la combinazione tra gli effetti della pandemia, i cambiamenti climatici e le condizioni di crisi e conflitto hanno messo gravemente a repentaglio la vita e la salute della popolazione. La pandemia, come sottolineano nelle conclusioni gli autori del rapporto FSO, è quindi solo la punta dell’iceberg, perché ha messo in luce le vulnerabilità che si sono formate nei nostri sistemi alimentari negli ultimi anni a causa dei fattori sopracitati.

Cosa possiamo fare? Sei strade possibili per ripensare ai sistemi alimentari 

Secondo il rapporto, per raggiungere la sicurezza alimentare, sradicare ogni forma di malnutrizione e garantire a tutti e tutte l’accesso a una dieta, è essenziale trasformare i sistemi alimentari.

Riccardo Mayer/shutterstock.com

Per farlo, vengono delineate sei strade – o “percorsi di trasformazione” – che, secondo gli autori, si basano su un “insieme coerente di politiche e investimenti” per combattere le cause della fame e della malnutrizione, come:

  1. integrare le politiche umanitarie, di sviluppo e di pace nelle aree colpite da conflitti;
  2. aumentare la resilienza climatica nei sistemi alimentari, ad esempio attraverso specifiche misure di protezione sociale volte a impedire che le famiglie siano costrette a vendere i pochi beni di cui dispongono in cambio di cibo;
  3. rafforzare la resilienza dei soggetti più vulnerabili alle avversità economiche; un’opzione è quella di offrire ai piccoli agricoltori un ampio accesso a polizze di assicurazione contro i rischi climatici e a finanziamenti basati sulle previsioni;
  4. intervenire lungo le filiere alimentari per abbassare il costo degli alimenti, ad esempio incoraggiando la coltivazione di varietà biofortificate o facilitando l’accesso dei produttori di ortofrutticoli ai mercati;
  5. contrastare la povertà e le disuguaglianze, garantendo interventi inclusivi a favore dei più poveri, rilanciando le catene del valore alimentare nelle comunità più fragili attraverso trasferimenti di tecnologia e specifici programmi di certificazione;
  6. rafforzare il settore alimentare e modificare il comportamento dei consumatori per promuovere modelli di consumo sostenibili.

Ciò che serve, quindi, sono politiche e investimenti coerenti che vadano dalla produzione al consumo. Perché il cambiamento è possibile solo se istituzioni e modelli di governance a livello globale si muovono insieme per avviare una trasformazione e, come sottolineano gli autori del rapporto, è necessario che si agisca ora. Altrimenti le cause della fame e della malnutrizione si intensificheranno nei prossimi anni, anche quando l’emergenza sanitaria sarà passata.

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