Giornale del cibo

Dove Mangiare la Fainè a Sassari: i migliori locali (secondo noi)

Sassari ama talmente la farinata che ne ha fatto una cosa tutta sua: l’ha stagionalizzata, l’ha arricchita, le ha dato il rango di piatto unico. Le ha persino cambiato il nome: da farinata a fainé.

Una precisazione: è talmente diffusa questa pietanza, tanto comune la contaminazione in area mediterranea di piatti a base di ceci, così facile reperirne gli ingredienti, e così popolare il cece e la sua farina, che l’Italia è prodiga di nomi, ognuno caratteristico della regione in cui ha messo radici. Ma Genova se ne attribuisce la paternità, sulla base di almeno due leggende, e Sassari un rapporto coi genovesi in epoca bassomedievale, e coi liguri in genere nei secoli a seguire non lo ha mai rinnegato.

Sassareseria al sapor di Liguria

Nessuno, però, sa esattamente chi cambiò (o storpiò, forse) il nome autentico, il genovese fainà, in fainè. Fatto sta che è cibo dei sassaresi, che se ne infischiano dei progenitori e dei cugini e la ritengono cosa loro. Qui, al centro storico di Sassari (fuori dalle mura ha un altro sapore), non è cibo da strada, come da altre parti; lo è stato, in realtà, nel dopoguerra, ma ora no: si mangia seduti in locali appositi, punto.

fainè sassarese

In Sicilia le panelle te le danno come antipasto, in Liguria le fette te le porti via come una pizza al taglio, a Livorno il 5 e 5 è un panino farcito di torta di ceci. Qui no: fainè fino a sfinimento, anche se è pesantuccia. E poi, un’altra peculiarità, si fa da ottobre a marzo o giù di lì. Oppure da fine settembre ad aprile se non fa troppo caldo. Sarà che arrivata la primavera i liguri riprendevano il mare e tornavano oltretirreno per il lavoro estivo, sarà che ormai è così da decenni, qualunque sia il motivo in primavera ed estate ne troverete le briciole: è troppo calda, è un cibo invernale, dicono gli irriducibili. E i sassaresi neanche la chiedono, d’estate. Altrove, manco a dirlo, è cibo senza stagione.

I migliori locali (secondo noi) dove mangiare la Fainè a Sassari 

Il Duello

Una carrellata dei posti in cui si mangia meglio la fainè a Sassari si dovrebbe ridurre, in realtà, a due. Sassu in via Usai e Benito in via Sant’Apollinare. O meglio: i due principali, gli unici in cui non si può trovare altro che l’amata farina di ceci, e poi tutti gli altri. Perché due solo sono i locali dove si mangia unicamente questo cibo, seduti al tavolino come in un ristorante o in una trattoria. Nessuno si azzardi a chiedere altro: in forno entrano solo le teglie tonde con olio extravergine, acqua e farina di ceci, o al limite gli altri ingredienti, quelli che i sassaresi hanno aggiunto per personalizzare ancor più il loro piatto.

Tra i due è una sorta di referendum, anche se sono in tanti a preferire altri locali, quelli che la fanno solo da asporto: prendere una o mezza teglia (a Sassari si usa ordinarla così) e portarsela a casa. Ci rendiamo conto che parlarne adesso è paradossale, ma c’è anche una fetta di sassaresi che la vorrebbe tutto l’anno. Cavalchiamo dunque il loro desiderio. Chi scrive è sassarese, si è abbondantemente riempito la pancia di fainè prima di buttar giù queste righe, e non ha delle reali competenze gastronomiche: ha usato dei criteri soggettivi, sapendo che solo questi, a Sassari, guidano la scelta della propria fainè preferita. Un dilemma sin dalla nascita.

Sassu, via Usai

Per prima perché più antica. È nella zona più nobile del centro storico (si fa per dire, in una città vecchia che non viveva certo nello sfarzo) ma in una via dall’aspetto molto popolare. Qui si fa fainè perlomeno dalla fine dell’800, ma è dagli anni ’60 che il locale è della famiglia Marongiu. Sardi, sardissimi, utilizzano la ricetta originale che hanno arricchito con aggiunte che fanno parte ormai della tradizione: salsiccia e cipolle in origine, ma ora anche funghi (rigorosamente antunna) e acciughe. Ovviamente si può mangiare anche semplice, e nel solito modo: mani e foglietto di carta, punto. Una spolverata di pepe, e il resto lo fa il locale rinnovato qualche anno fa ma sempre rustico e spartano, meta di generazioni di sassaresi. I detrattori sostengono che la fainè di via Usai è troppo unta, i sostenitori che è buona per questo.

Da Benito, via Sant’Apollinare  

Centro storico basso, nel senso che rispetto a via Usai siamo a valle, a pochi metri dal luogo in cui sarebbe stata fondata la città. Qui c’è Benito, dal nome del suo fondatore. Anche questo locale non è gestito da liguri, anche qui la fainè si mangia seduti al tavolo, con lo stesso stile di via Usai. Locale con qualche tavolo in meno del concorrente, piccolo e accogliente, con una varietà di fainè che è stata per anni la sua forza: sull’impasto di farina, acqua e olio ecco le zucchine, le melanzane, i peperoni e altre verdure. E poi la “Benito”, dove c’è tutto. Qui si mangia in piatti di plastica e si paga un pizzico di meno rispetto ai cugini più antichi. I favorevoli sostengono che è una fainè più digeribile, i contrari che non è fatta a regola d’arte. Ha comunque uno zoccolo duro di clienti, e nel fine settimana conviene prenotare.

Fainerie non solo intra moenia

Sperando di non far torto a nessuno ma consci della difficoltà dell’impresa proviamo a mettere insieme alcune, solo alcune delle altre, omettendo di sicuro qualcuno ma senza dolo. E senza pretesa di scientificità ma facendo solo degli esempi. Dei campioni di sassareseria, e non solo dentro le mura…

Da Carlo

Da Carlo è uno di quei locali che hanno successo extra moenia: aperto da Carlo Pira, ora è gestito da suo figlio Francesco, e ha uno zoccolo di estimatori che ritengono la sua fainè la migliore della città.

Cocco

E poi c’è Cocco, in via Rosello: fa soprattutto le celebri pizzette al taglio, ma anche la fainè è apprezzata.

Retrò

E la pizzeria Retrò, in via Canopolo, dove Manuel prova a contaminare di sassarese qualunque cosa e trova seguito anche nella fainè.

Vittoria

Tanti fedelissimi conta anche Vittoria, in via Tempio: ma divide la sua fama con le pizzette e le frittelle.

Le magnifiche Venti

Sono una ventina ormai le “fainetterie”, divise tra pizzerie o ristoranti che propongono anche la farinata e locali che la danno da asporto insieme ad altri prodotti. Ognuno ha la sua preferenza, e difficilmente la cambia. In generale, al sassarese la fainè piace croccante, “con la punta secca”, calda fino a ustionare le dita. E in fin dei conti, il dualismo tra i due posti più celebri è solo un gioco, e serve a tener viva la tradizione. Abbiamo giocato, senza alcuna pretesa di scientificità, ma c’è anche chi sulla fainè ha fatto uno studio di stampo antropologico.
E voi, siete dei fan di Benito o di Sassu? O abbiamo commesso qualche imperdonabile dimenticanza? E la vorreste tutto l’anno?

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