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Facussa

Con il termine “facussa” si indica un particolare tipo di cetriolo dal corpo fruttifero di circa 2 o 3 cm di spessore. Ciò che più lo differenzia dal comune ortaggio è la forma ritorta ed allungata. Può arrivare a misurare 30/40 cm di lunghezza, ha un colore fra il verde ed il giallo, manca di escrescenze spinose e, a volte, ha una leggera pelosità. E’ un tipo di verdura tipicamente estiva, ottima a partire da fine maggio. E’ molto dissetante ed ha un sapore delicato dovuto all’assenza di principi acri. Data la sua scarsa diffusione è un prodotto da tutelare. Il nome deriva dall’arabo “faguss” che significa appunto cetriolo, ma la storia della Facussa è molto più complessa di quello che si potrebbe pensare…

Tra storia e leggenda

Tutto iniziò nel 1500, quando una parte degli abitanti della Liguria, principalmente dalla città di Genova e Pegli, emigrò in Tunisia. Furono i Lomellini, signori genovesi, a designare questo popolo alla terra africana: erano rozzi pescatori, dotati della comune caratteristica regionale di apertura al commercio e all’avventura. La loro destinazione era un’isola concessa dal Bey di Tunisi alla nobile famiglia per la pesca dei coralli, probabilmente in cambio della liberazione di un corsaro turco. Fu così che trecento famiglie, per un totale di circa mille persone di origine genovese, restarono a Tabarca per quasi due secoli. Il lungo soggiorno valse a questa parte di popolazione ligure la denominazione di “tabarchina”, tuttora conosciuto. Nel 1738, però, numerose complicazioni portarono l’esigenza di una nuova “casa” per i Tabarchini. L’esaurimento dei banchi corallini, il crescente deteriorarsi dei rapporti con le popolazioni arabe e le frequenti incursioni dei pirati saraceni rendevano ardua la vita sull’isola. Si dice, però, che fu soprattutto il tasso di sovrappopolazione del territorio a indurre la migrazione: per impedire l’aumento demografico sembra si fosse giunti a vietare i matrimoni. A questo punto l’intervento del Re Carlo Emanuele III: su sua indicazione gran parte dei Tabarchini si trasferì in Sardegna, nell’Isola di San Pietro. Qui fondarono un nuovo comune, “Carloforte”, in onore del re di Savoia e alla sua volontà di colonizzare le terre sarde disabitate. Non solo si dedicarono alla tradizionale raccolta del corallo, ma anche alla pesca del tonno, alla produzione del sale, all’agricoltura e soprattutto all’arte della marineria. I maestri d’ascia di Carloforte verranno poi considerati dall’ammiraglio Nelson i migliori del Mar Mediterraneo. E’ fra queste variegate vicende storiche che la Facussa giunse in terra italiana: presso l’isola di Tabarca vennero adottati alcuni cibi locali, poi esportati a Carloforte, fra i quali questo particolare ortaggio. Anche la parlata della zona porta con sé segnali della prima e della seconda patria: persiste ancora oggi l’inconfondibile cantilena fatta di “u” ed “o” strascicate e chiuse tipiche liguri nella Sardegna meridionale. La lingua, il Tabarchino, è stata persino riconosciuta come minoranza linguistica da tutelare entro una legge di tutela del Sardo.
Nella leggenda, i Tabarchini furono cacciati in malo modo dai tunisini. Fra i rimpianti della partenza c’era anche un ortaggio, considerato un incrocio tra il cetriolo e la zucchina. Qualcuno, non sopportando la grande perdita, trafugò i semi del gustoso oggetto del desiderio degli emigranti nostalgici. Si dice che la Facussa trapiantata negli orti sardi trovò qui un ambiente congeniale e il suo sapore addirittura migliorò.

A tavola

La Facussa è il simbolo dell’estate nella cucina carlofortina ed è presente in molti piatti freddi. Il periodo migliore per mangiare la facussa coincide con la pesca del tonno e, sia a Carloforte che in tutta l’area delle tonnare, l’ortaggio accompagna insalate, o con tonno bollito e pomodori, o con tonno salato. Altro alimento a cui è spesso abbinata è la “galletta” -neanche a dirlo- il biscotto azzimo dei marinai. Un’ altra specialità è “Facussa, capperi e fave”; con le fave si prepara anche la Bobba, piatto tradizionale tabarchino, mentre “ Capperi sottaceto e Fucasse tunisine” è il frutto dell’unione fra gli ortaggi arabi e i capperi notoriamente abbondanti in Sardegna.

Diffusione

La verdura è in uso sia nella popolazione di Carloforte nell’isola di San Pietro, che presso la popolazione di Calasetta nella contigua isola di Sant’Antioco, di uguale origine etnica; è diffusa inoltre in vari distretti della Sardegna e in altri luoghi dove risiedono Tabarchini emigrati. Per la scarsa produzione non è riuscita ad entrare nel circuito dei supermercati e la si può trovare presso le botteghe o i banchi ambulanti degli agricoltori locali.

Curiosità

Per facilità di coltivazione, basso valore commerciale e per l’esiguo valore nutritivo della verdura, il termina facussa è spesso usato a definire una persona sciocca e di basso valore.

di Mara Briganti

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