Giornale del cibo

Pier Sandro Cocconcelli racconta il Cluster Cacao

Le proprietà benefiche del cacao e del suo prodotto alimentare primario, il cioccolato, sono conosciute da secoli. Il ritrovamento di alcuni reperti archeologici in Honduras (le prime testimonianze risalgono al 1.600 a.C.) dimostra come alcune popolazioni dell’America centrale coltivassero l’albero del cacao per mescolarne i semi con il mais e ricavarne una bevanda commestibile.

Dopo la scoperta del Nuovo Mondo, il cacao, nella sua forma più pura e più amara, fece ingresso con energia nel vecchio continente e da lì diede l’abbrivio ad un’industria che non conosce arresti e che non smette di accendere dibattiti: ultimi, in ordine di tempo, quelli sulla salute e sulla sostenibilità. Studi scientifici hanno dimostrato, infatti, che il cioccolato, oltre a concederci un’emozionale delizia per il palato, ha anche degli insospettabili benefici sulla salute.
Tuttavia, il suo importantissimo ruolo nell’economia mondiale e il fatto che venga prevalentemente prodotto da paesi poveri o in via di sviluppo a beneficio delle tavole – e delle tasche – del più ricco nord del mondo, lo rende bersaglio di controverse discussioni.

Il Cibo degli dei sarà protagonista di uno dei 9 cluster tematici di Expo, in una struttura che sta sorgendo su un’area di più di 3.500 mq e che ospiterà alcuni fra i maggiori produttori mondiali di cacao, dalla Costa d’Avorio a Cuba, dal Camerun al Ghana e al Gabon, fino alla piccola isola di São Tomé e Principe.

cacao

«I lavori sono quasi ultimati», ci assicura a poche settimane dall’inaugurazione il professor Pier Sandro Cocconcelli, dell’Istituto di Microbiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, uno degli atenei (tutti milanesi, con l’eccezione di IUAV-Venezia per le Spezie e della Seconda Università degli Studi di Napoli per il Bio-Mediterraneo) chiamati a fornire il supporto culturale e scientifico necessario alla definizione di ciascuno dei nove diversi microcosmi tematici di Expo.

Pier Sandro Cocconcelli: Il concetto dei cluster è innovativo, per la prima volta un progetto di questo tipo viene sviluppato e messo in atto all’interno di un’esposizione universale. Serve a facilitare e promuovere la partecipazione di paesi emergenti e in via di sviluppo e ad unirli all’interno di un unico sito con un denominatore comune, che è quello delle diverse filiere individuate dall’esposizione milanese. Una grande occasione di confronto e di discussione.

P.S.C.: Abbiamo declinato il tema del cacao in sei diverse sezioni. Innanzitutto la storia, a partire dalla domesticazione della pianta, avvenuta prima in America Latina e diffusasi poi in tutte le zone equatoriali e tropicali del mondo, legandosi strettamente allo sviluppo delle popolazioni in America Latina, in Africa e in Asia. Ne parleremo poi anche in termini di biodiversità e coltivazione. Il cacao è una pianta che non richiede la distruzione della foresta tropicale; cresce infatti sotto alberi ad alto fusto che la proteggono dai raggi del sole. Questo ha delle profonde implicazioni su decisioni che riguardano la sostenibilità, l’ecologia, il rispetto del pianeta e delle popolazioni produttrici. Uno spazio verrà dedicato anche ai processi di trasformazione: sarà interessante capire come il cacao, alla fine di un lungo percorso industriale, arrivi a noi sotto forma di barrette di cioccolato o di mille altri prodotti destinati soprattutto, ma non solo, all’alimentazione. Parleremo naturalmente del grande tema dell’economia. La distribuzione del cacao nel mercato globale ha delle caratteristiche peculiari: viene prodotto solo in alcune specifiche aree del pianeta, nelle zone tropicali ed equatoriali, coltivato da paesi emergenti o in via di sviluppo, ma viene poi consumato prevalentemente nei paesi del nord del mondo. Affronteremo anche gli aspetti legati alla salute: il cacao è un alimento che ha un forte impatto sulla qualità della vita e sulla salute. Ciò è già stato ampiamente dimostrato anche da una serie di studi scientifici. Infine, presenteremo il cacao e il cioccolato come viene visto e interpretato nei media e nella cultura, in particolare nell’arte e nel cinema.

P.S.C.: Ad ogni paese è stata lasciata la totale libertà nel rappresentare la propria nazione riguardo agli aspetti legati alla produzione e alla raccolta della materia prima. Ci saranno molti elementi comuni fra i partecipanti, ma anche delle sostanziali differenze. Prendiamo ad esempio la Costa d’Avorio, il più grande produttore mondiale di cacao, e São Tomé e Principe. I due paesi sono molto vicini geograficamente, ma le particolari caratteristiche fisiche e sociali di una piccola isola, quale è São Tomé, determinano inevitabilmente delle differenze rilevanti in termini di varietà di coltivazione e di prospettive di sviluppo. I paesi presenteranno dunque in modo autonomo il tema del cacao, ma all’interno del cluster saranno uniti da eventi trasversali. Il nostro obiettivo è anche quello di coinvolgere il più possibile i nostri colleghi universitari di questi paesi in una discussione aperta e costruttiva sul tema.

P.S.C.: L’area eventi è stata affidata a un grande sponsor, Eurochocolate, organizzatore del Festival Internazionale del Cioccolato di Perugia. La programmazione non è stata ancora annunciata, ma alcune idee saranno già presentate durante l’incontro dedicato al cluster del Cacao che si terrà a Milano il 14 e il 15 febbraio. Posso anticipare il concorso fotografico che abbiamo lanciato fra gli studenti universitari e per il quale abbiamo coinvolto tutti i commissari dei paesi partecipanti in qualità di giuria. Le foto più belle, tutte ovviamente dedicate al cioccolato, saranno scelte proprio da loro e premiate il 14 febbraio presso l’Expo Gate. Anche questo fa parte del nostro tentativo di creare una rete attiva dal punto di vista dei rapporti scientifici e culturali, che possa gettare le basi per una proficua riflessione sugli aspetti connessi con Expo 2015.

P.S.C.: Una mappatura del mondo basata su indici di sicurezza alimentare presenta evidentemente delle differenze sostanziali. La nostra realtà, quella europea, è caratterizzata da un livello molto basso di malattie da alimenti, legate a contaminazioni e a batteri patogeni. Non dico che abbiamo raggiunto il massimo dell’efficienza, ma sicuramente gli ultimi anni hanno visto dei sostanziali miglioramenti. Non dobbiamo però dimenticare che i dati allarmanti della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, dati che peraltro noi abbiamo modo di verificare personalmente durante le nostre missioni scientifiche nel mondo, presentano una situazione sostanzialmente diversa. Si muore ancora per diarree che potrebbero essere controllate solo con un minimo di igiene nella produzione degli alimenti; si muore ancora per contaminanti, come le micotossine, che potrebbero essere eliminate con una corretta conservazione dei prodotti agricoli; si muore o si soffre per malattie per le quali non è necessario inventare delle nuove tecnologie, ma basterebbe l’applicazione di pratiche di base, di buone prassi di gestione della sicurezza.

Questa è sicuramente una delle maggiori sfide che abbiamo davanti. Ne abbiamo già discusso all’Hangar Bicocca durante l’Expo delle idee e cercheremo di portare le nostre riflessioni all’interno dell’Esposizione, certi che il flusso di conoscenze e la diffusione di saperi possa servire a migliorare significativamente la vita di molte persone. E questo non riguarda solo i cittadini dei paesi in via di sviluppo, ma anche direttamente noi europei: in quanto importatori di materie prime alimentari abbiamo bisogno che altri parti del mondo producano per noi in modo sicuro; ci sono dei rischi e dei pericoli per la salute che potrebbero essere introdotti tramite le importazioni. Se andiamo a vedere i dati di quanti alimenti non vengono ammessi ad entrare nei paesi più regolamentati, ci rendiamo conto che migliorare la sicurezza alimentare globale significherebbe anche migliorare il commercio internazionale, ridurre gli sprechi e renderci non solo consumatori, ma anche un’importante fonte di sviluppo.

P.S.C.: Da universitario posso dire che l’unico sistema è quello di basarsi sulle competenze e sulla conoscenza. Non a caso la Banca Mondiale, un organismo che si occupa non di di sicurezza ma di sviluppo, ha lanciato una campagna che si chiama Global Food Safety Partnership, attraverso la quale invita ad attivarci per raggiungere un maggiore benessere globale dal punto di vista alimentare, diffondendo le nostre conoscenze sulla produzione e sulla trasformazione degli alimenti.

P.S.C.: Credo che ci siano tutte le basi perché Expo diventi un reale momento di discussione. Il rischio che si corre, però, è quello di cadere, come spesso accade, in una visione ideologica della produzione alimentare. Se si arriva solo ad uno scontro tra chi è contro e chi a favore dell’OGM, tra chi vuole essere vegano e chi invece vuole continuare a mangiare la carne non andremo da nessuna parte. Con le contrapposizioni non si risolve il problema dell’accesso al cibo sicuro per tutti i cittadini del nostro pianeta. Expo2015 potrebbe veramente rivelarsi un’occasione unica, un momento di discussione aperta, con un approcci nuovi, creativi, e volti al bene comune.

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