Etichette a semaforo: come funzionano e quali sono i pareri?

 

“Leggere e comprendere le etichette degli alimenti è importante perché ci consente di fare scelte più sane e consapevoli”, si legge sul sito del Ministero della Salute in riferimento all’opuscolo istituzionale chiamato Etichettatura degli alimenti. Cosa dobbiamo sapere.

Queste politiche andrebbero nella direzione indicata dai consumatori europei, che chiedono massima trasparenza e sono sempre più attenti alle loro scelte alimentari. Recentemente, peraltro, anche l’etichettatura degli imballaggi è stata oggetto di nuove indicazioni per favorire la raccolta differenziata.

In un tale contesto, ci si immaginerebbe che l’Italia sia favorevole alle etichette a semaforo, un modello su base volontaria, che attraverso una scala di colori e lettere, indica al consumatore quanto è salubre un determinato alimento. Ma è davvero così? Vediamo meglio come funziona questa tipologia di etichettatura e quali sono i diversi pareri in campo.

Etichette a semaforo: come funziona il Nutri-Score francese

Le etichette a semaforo multicolore, da anni attive su base volontaria nel Regno Unito (con il coinvolgimento di oltre il 95% dei prodotti a marchio del distributore) e adottate nella primavera 2017 in Francia, sono previste dal Regolamento UE 1169/2011 (articolo 35).

Questo sistema permette di indicare al consumatore, con un semplice colpo d’occhio comprensibile a tutti, gli aspetti nutrizionali di un determinato alimento.

In particolare, il sistema Nutri-Score francese è un modello istituzionale di etichette a semaforo, elaborato da ricercatori ed esperti accademici, in maniera imparziale, dopo una sperimentazione di alcuni mesi, ed è stato accolto positivamente, anche dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità. Come funziona?

FrankHH/shutterstock.com

Nutri-Score: 5 colori per scoprire la qualità nutrizionale di un prodotto

Le etichette a semaforo francesi utilizzano 5 colori, dal verde al rosso, a cui corrispondono le lettere dell’alfabeto dalla A alla E, prendendo in considerazione il valore nutrizionale complessivo di un alimento. Tale dato viene calcolato ponderando fattori negativi (densità energetica, contenuto di grassi saturi, contenuto di zuccheri semplici, tenore in sodio) ed elementi positivi (tenore in fibre, contenuto di proteine, contenuto di frutta, verdura o frutta in guscio in termini di vitamine).

Il rapporto tra questi elementi, posiziona il prodotto nella scala cromatica, dove il verde intenso corrisponde a una salubrità massima, mentre il rosso indica la massiccia presenza di elementi nutrizionali negativi.

A differenza del sistema Traffic Lights Label britannico, attaccato da più parti poiché prende in considerazione solo i nutrienti poco salutari e valuta i singoli componenti di un prodotto, le Nutri-Score francesi indicano anche la presenza di nutrienti che fanno bene alla salute, come ad esempio le fibre.

Bene, ma non benissimo. Infatti, per forza di cose tutte le tipologie di etichetta a semaforo tendono a semplificare, prestando il fianco a distorsioni reali e altre paure protezionistiche sulla base delle produzioni e dell’identità nazionale, che fanno sì che l’Italia osteggi da tempo le etichette a semaforo, criticate dalle Istituzioni, dalle industrie alimentari e dalle associazioni.

Etichette a semaforo “ingannevoli”?

Markus Mainka/shutterstock.com

La Francia, attraverso un team di accademici e alcune sperimentazioni preliminari, ha scelto il sistema Nutri-Score, come modello unico e istituzionale, anche per contrastare iniziative autonome e di convenienza: alcune catene di supermercati, infatti, hanno iniziato a utilizzare delle loro etichette che inevitabilmente finiscono con il promuovere alcuni prodotti rispetto ad altri, avvalendosi di consulenti privati.

La questione delle etichette a semaforo ingannevoli, del resto, è un problema reale: basta pensare al caso dei sei colossi dell’industria alimentare, Nestlé, Coca-Cola, PepsiCo, Mars, Unilever e Mondelez, che si sono uniti presentando un loro sistema multicolore, denominato Evolved Nutrition Labelling. Non è sfuggito a molti osservatori come questo sistema fosse molto più “a manica larga” se confrontato con altri modelli simili. Perché? Perché le grandi industrie alimentari utilizzano un escamotage: infatti, i dati devono riferirsi ciascuno a 100 grammi o millilitri di prodotto, mentre l’etichettatura Evolved Nutrition Labelling considera una singola porzione. È evidente, quindi, che su 15 g o 60 g di prodotto, per far “scattare il rosso”, il contenuto di grassi o zuccheri dovrebbe raggiungere percentuali elevatissime, come denunciato dall’associazione no-profit Foodwatch, la quale si occupa di tutelare il consumatore dagli interessi delle aziende alimentare, rivendicando il diritto a un cibo sano e di qualità.

Coldiretti contro le etichette a semaforo

Ormai da anni Coldiretti critica aspramente il modello dell’etichetta a semaforo. Eccellenze alimentari tipiche come Grana Padano, Parmigiano Reggiano, mozzarella, olio di oliva extravergine e Prosciutto di Parma, infatti, sarebbero mal considerati dal sistema britannico, che valuta solo la presenza di grassi saturi, zuccheri e sale, senza nulla dire dell’alimento nel suo complesso.

Natalia Lisovskaya/shutterstock.com

Secondo Coldiretti “le etichette nutrizionali che rischiano di affermarsi nell’Unione europea sotto la spinta delle multinazionali bocciano ingiustamente quasi l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine (Dop) che la stessa Ue dovrebbe invece tutelare e valorizzare”. A queste affermazioni, il presidente Ettore Prandini ha aggiunto apprezzamento e sostegno rispetto alle prese di posizione del Governo italiano, da tempo contrario a Nutri-Score, anche al di là delle diverse espressioni politiche che si sono succedute nell’ultimo quinquennio. 

Le critiche di Coldiretti, inoltre, evidenziano che i modelli di Nutri-Score francese e inglese penalizzano la dieta mediterranea, oltre ai grandi prodotti tipici italiani di qualità Dop e Igp, danneggiati nell’immagine e nella percezione dei consumatori. Si tratterebbe, infatti, di “sistemi fuorvianti, discriminatori e incompleti che finiscono per escludere paradossalmente dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole, per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta”. Con questo sistema, il rischio, precisa l’associazione, è finire per avvantaggiare e promuovere bibite gassate dolcificate con edulcoranti artificiali (B), sfavorendo invece un prodotto di alto valore gastronomico e salutistico, nonché nutraceutico, come l’olio extravergine di oliva (C), emblema della dieta mediterranea.

bottiglia olio
Francescomoufotografo/shutterstock.com

In sostanza, per Coldiretti è inaccettabile far passare, agli occhi di chi acquista, per una presunta tutela un sistema che cerca di indirizzare le preferenze verso prodotti di qualità obiettivamente inferiore. L’equilibrio nutrizionale dovrebbe essere perseguito nell’insieme della dieta e tra i diversi cibi consumati nell’arco della giornata.

Il tema, ad ogni modo, interessa anche i francesi che, nonostante il gran numero di prodotti Dop e Igp, hanno accolto il nuovo sistema Nutri-Score con grande apertura, anche perché si tratta di un provvedimento a carattere volontario, pensato principalmente per gli alimenti trasformati, non tanto per pasta, olio o simili. Del resto, le tabelle con i valori nutrizionali degli alimenti esistono già, solo che non sempre sono facilmente interpretabili dai consumatori, che devono sapere come leggere le etichette.

Secondo gli esperti, il modello francese di etichette a semaforo è quello a cui bisogna guardare, sia per andare incontro alla volontà dei consumatori di essere sempre più informati sugli aspetti nutrizionali degli alimenti, legati alla salute, sia per tutelare il mercato da iniziative spontanee e spesso poco trasparenti. Queste hanno già creato confusione e sono alla base di molte delle recriminazioni da parte di chi esprime perplessità verso queste nuove etichette.

Nutri-Score: c’è chi dice sì

etichette cibo
Kaspars Grinvalds/shutterstock.com

Il Nutri-Score, tuttavia, ha anche dei sostenitori. Oltre all’approvazione delle autorità sanitarie, recentemente il Beuc (organizzazione europea che unisce 46 associazioni di consumatori) ha pubblicato un approfondimento per smentire le principali argomentazioni usate per criticare questo strumento. Ecco una sintesi dei contenuti salienti.

  • Il cibo spazzatura non viene promosso come salutare.
    Nell’esempio più volte proposto delle bevande gassate senza zucchero, classificate con la “B”, il Nutri-Score premia il contenuto calorico molto basso, quindi preferibile a quello dell’equivalente zuccherato, ma ne evidenzia comunque la distanza rispetto all’acqua, che ottiene la “A”. Tuttavia, questa eccessiva prossimità tra bibite con edulcoranti e acqua – quantomeno nella percezione – resta un punto debole dello strumento.
  • I cibi non sono distinti tra buoni e cattivi.
    Il Nutri-Score si limita a tradurre i dati nutrizionali riportati sul retro della confezione. Pertanto non deve stupire il fatto che salumi e formaggi di pregio, per il loro contenuto di sale e grassi, ottengano la “D” o la “E”. Anche in questo caso, però, questa semplificazione finisce per omettere il valore intrinseco dei prodotti in questione.
  • La dieta mediterranea non è penalizzata.
    La piramide mediterranea, ricca di vegetali e povera di latticini, carni rosse e lavorate e caratterizzata dalla presenza qualificante dell’olio d’oliva, è pienamente in linea con i principi dell’etichetta semaforo. In particolare, l’olio d’oliva è valutato come una fonte di grasso “buono” (C) rispetto al burro e all’olio di palma (E), ricchi di grassi saturi. La classificazione, in questo caso, evidenzia comunque la raccomandazione a non eccedere nelle quantità anche per i grassi più salubri.
  • Paragonare solo prodotti della stessa categoria.
    Se è vero che le bibite “zero” risultano meglio classificate dell’olio d’oliva, va precisato che per fare confronti sensati occorre considerare cibi con caratteristiche analoghe. Ad ogni modo, anche questo aspetto non può essere ottimale per una lettura immediata dell’etichetta.

Etichette a batteria: la proposta italiana

Per fare seguito alla netta contrarietà dell’Italia al modello Nutri-Score, nel nostro Paese è stato formulato il sistema denominato NutrInform Battery, più noto come “etichettatura a batteria”, di cui è titolare il Ministero dello Sviluppo Economico. L’uso è volontario e a titolo gratuito, ma deve seguire quanto indicato dal manuale d’uso.

L’intento è sempre quello di informare i consumatori in modo comprensibile e immediato sulla composizione e caratteristiche del prodotto alimentare, ma anche sul corretto uso, consumo e durata dei cibi.

Dal punto di vista grafico, il consumatore deve poter trovare le informazioni nutrizionali dell’etichetta a batteria nel campo visivo principale della confezione, come richiesto dal regolamento Ue n. 1169/2011, e poterla immediatamente riconoscere per il colore blu omogeneo, che quindi si distingue dall’idea “a semaforo”. Questo modello presenta una o più batterie, contenenti indicazioni riferite ai diversi nutrienti contenuti nel prodotto, che aiutano a comporre la propria alimentazione quotidiana in modo equilibrato.

Le basi scientifiche dei parametri presentati riflettono sia il concetto di porzioni indicate nei Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana (Larn), stabiliti dalla Società italiana nutrizione umana, sia le indicazioni delle Linee guida italiane per una sana alimentazione formulate dal Centro di ricerca alimenti e nutrizione (Crea). Alle fondamenta di questa proposta c’è la dieta mediterranea, mentre l’obiettivo resta la prevenzione delle malattie cronico-degenerative, la promozione della salute, della longevità e della sostenibilità sociale e ambientale.

dieta mediterranea
MAURO UJETTO/shutterstock.com

I concetti di riferimento sulle porzioni presentati dai Larn includono:

  • porzione standard (Ps), ovvero la quantità di alimento che rappresenta l’unità di riferimento riconosciuta e identificabile sia dagli operatori del settore nutrizionale, sia dalla popolazione;
  • coerenza con la tradizione alimentare della Ps, che deve avere dimensioni ragionevoli, in accordo con le aspettative del consumatore;
  • unità di misura delle Ps, le cui porzioni possono essere espresse in unità di misura pratiche, riferite a unità naturali (es. un frutto, un tubero) o commerciali (una confezione), oppure a unità di misura casalinghe di uso comune (es. tazza, tazzina, cucchiaio)
  • utilità nelle diete delle Ps, per definire le differenti alimentazioni destinate alle varie fasce d’età o a gruppi con esigenze nutrizionali specifiche (es. donne in gravidanza, allattamento, ecc.).

Nello specifico, l’etichetta nutrizionale a batteria fornisce le seguenti informazioni:

  • dimensioni della porzione specifica del prodotto, espresse in grammi o millilitri;
  • valore energetico, espresso in kilo-joule (kJ) e kilocalorie (kcal) per 100 grammi/millilitro e per una porzione specifica del prodotto;
  • quantità di grassi, grassi saturi, zuccheri (totali) e sale, espresse in grammi per una porzione specifica del prodotto;
  • assunzione di riferimento percentuale (%AR), ovvero la percentuale dell’assunzione giornaliera raccomandata, per ogni nutriente e per il valore energetico, contenuti in una porzione standard.

Per raggiungere uno schema alimentare bilanciato, è necessario conoscere quale sia l’entità della porzione standard e le possibili combinazioni. A questo proposito, c’è la possibilità di adattare le porzioni sulle necessità nutrizionali dei bambini, nelle diverse fasce d’età.

Limiti e critiche dell’etichetta a batteria

PERO studio/shutterstock.com

Se confrontato con il Nutri-Score, questo modello è visivamente meno immediato, per il rifiuto di utilizzare i colori del sistema semaforico e per l’elevato numero di dati da decifrare, perdipiù in dimensioni tipografiche ridotte.

A questo aspetto, si aggiunge quello delle porzioni alle quali sono riferiti i valori nutrizionali espressi, in quanto per l’applicazione del logo non esiste uno standard preciso per le porzioni degli alimenti imposto alle aziende. I produttori, quindi, possono scegliere autonomamente la porzione, per abbassare il livello di riempimento delle batterie. Pertanto, sulle etichette potrebbero comparire porzioni irrealistiche e difficili da seguire per i consumatori, con il rischio probabile di assumere più zuccheri o grassi di quanto si crede. Per questo motivo, nel calcolo del Nutri-Score lo standard quantitativo è di 100 g o 100 ml.

Questo sistema, infine, al di là dell’introduzione del simbolo grafico delle batterie, non può essere considerato del tutto originale, in quanto ripropone il formato delle GDA (Guideline Daily Amounts), progettate nel 1996 nel Regno Unito, in collaborazione tra governo, industria alimentare e organizzazioni dei consumatori.

Dal punto di vista politico e organizzativo, però, nel caso italiano va sottolineata la decisione di escludere dai lavori per l’elaborazione di questo progetto le associazioni dei consumatori, che in seguito hanno ritenuto il progetto troppo vicino agli interessi dei produttori.

Etichettatura a semaforo europea: in attesa di una decisione

Nel secondo trimestre 2023 si attende la decisione dell’Unione europea sulla proposta di regolamento della Commissione. L’Italia, intanto, continua a sperare in un metodo alternativo, forte delle perplessità sull’etichetta a colori manifestate anche da altri Paesi. Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, si augura “che il tempo porti consiglio. Contro il Nutri-Score il nostro Paese ha dato battaglia in tutte le sedi riuscendo a costruire solide alleanze con altri Stati”.

Tuttavia, il modello francese Nutri-Score resta ancora favorito, anche in seguito al rapporto del Centro comune di ricerca della Commissione Ue (Jrc), che promuove le etichette a semaforo con diverse colorazioni, nel quadro della strategia europea Farm to Fork e del piano europeo di lotta al cancro. A essere meno quotato dal Jrc è invece il NutrInform Battery italiano, considerato troppo confuso e complesso.

L’analisi del Jrc si basa su studi scientifici realizzati per valutare la soluzione migliore da posizionare sulla parte anteriore delle confezioni dei prodotti alimentari, anche considerando il parere dei consumatori.

Come sempre, anche sul tema dell’etichettatura si può fare di più, anche per tutelarsi dalle ecomafie e dal falso made in Italy: la proposta Slow Food, ad esempio, è quella di etichette narranti, che raccontino il prodotto, dal campo alla tavola, offrendo il maggior numero di informazioni sui pascoli, sul tipo di allevamento, sul metodo di coltivazione e sul luogo di origine, in modo che il consumatore possa compiere una scelta realmente consapevole.

Sareste favorevoli all’introduzione di etichette a semaforo sul modello francese o vi sembra più idoneo il sistema italiano a batterie?

 

Articolo scritto con il contributo di Elena Rizzo Nervo.


Immagine in evidenza di: Stokkete/shtuterstock.com

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