Etichettatura del vino e degli alcolici con indicazioni sulla nocività: normativa, indicazioni e pareri

 

La proposta dell’Irlanda di inserire nell’etichettatura dei vini e delle bevande alcoliche in genere indicazioni sulla nocività, concettualmente simili a quelle che compaiono sui pacchetti di sigarette, sta attirando critiche ma anche pareri favorevoli. Al di là delle evidenze scientifiche e delle motivazioni di base dei Paesi dove l’alcolismo è più diffuso, questa soluzione da tanti è considerata eccessiva nel colpire il settore enologico, e perfino controproducente nel perseguire la riduzione dei consumi. Ma cosa prevede questa etichetta e quali sono le motivazioni di chi la contesta e di chi la approva? Considerando le prese di posizione espresse finora, faremo il punto su questo tema.

Vino come le sigarette: cosa prevede la nuova etichettatura?

L’idea di esplicitare in etichetta la nocività degli alcolici, con strumenti comunicativi di immediata comprensione, da tempo è dibattuta. Se da una parte gli organismi sanitari tendenzialmente appoggiano la proposta, a partire dall’Oms, nell’ottica di limitare i consumi e contrastare le indubbie conseguenze negative per la salute legate all’alcol, dall’altra i decisori politici hanno sempre frenato su questo versante, per motivi socio-culturali ma anche economici.

In gran parte del mondo occidentale, infatti, dal punto di vista culturale gli alcolici sono riconosciuti come parte inscindibile dell’alimentazione e delle tradizioni. Nondimeno, costituiscono un settore produttivo e di indotto estremamente rilevante per tanti Paesi, e l’Italia – insieme alla Francia e alla Spagna – è in cima a questa classifica eno-economica. In molti Stati, tuttavia, la diffusione e l’uso eccessivo dell’alcol, specialmente tra i giovani, ha portato a superare questi contrasti e ad approvare misure più restrittive di quelle vigenti nel nostro Paese.

Minerva Studio/shutterstock.com

Non è un caso che l’introduzione di questo tipo di etichettatura si concretizzi in Irlanda, dove come in altre realtà nordeuropee il consumo di alcolici costituisce un’emergenza sanitaria nazionale, e pertanto anche un problema prioritario per la politica. Dublino, infatti, potrà imporre un’etichetta per vino, birra e liquori con messaggi di questo tenore: “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” e “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”. In sede europea, questa norma è stata notificata lo scorso giugno e il periodo di moratoria è scaduto a fine dicembre 2022: la Commissione europea ha quindi confermato che i singoli Stati possono adottare la legge. A questa decisione hanno fatto seguito a stretto giro i pareri contrari di 13 nazioni europee: Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia e Spagna. I governi di questi Paesi hanno valutato la misura come una barriera inaccettabile al mercato interno, che peraltro non distingue tra consumo moderato e abuso. Il tema sarà nuovamente dibattuto in sede Ue, nel frattempo l’Irlanda ha ufficialmente notificato la normativa all’Organizzazione mondiale del commercio (Omc).

Etichettatura delle bevande alcoliche: le indicazioni

Ma quali indicazioni sono previste da questo modello di etichettatura? Ecco i punti principali in sintesi:

  • un avvertimento sui danni dovuti al consumo di alcolici;
  • un monito sul suo legame causa-effetto rispetto a diverse forme di cancro;
  • la quantità di alcol in grammi, e non in percentuale, e l’apporto calorico;
  • un pittogramma sui rischi per la gravidanza;
  • il rimando a un sito web istituzionale con informazioni su alcol e salute.

Nell’ambito delle iniziative contro il cancro, la Commissione aveva già annunciato proposte per ridurre il “consumo dannoso” di alcol, e tra queste rientrava proprio l’etichettatura obbligatoria con elenco degli ingredienti, informazioni nutrizionali e avvertenze a vantaggio della salute. Su quest’ultimo aspetto, nel febbraio 2022 il Parlamento europeo è risultato diviso, raggiungendo con fatica un accordo che approvava le informazioni in etichetta, ma senza avvertenze sanitarie. L’avallo alla legge irlandese, insieme alla sua notifica all’Omc, getta però le basi per favorire l’introduzione di normative analoghe in altre nazioni europee.

il21/shutterstock.com

Coldiretti: “questa etichettatura potrebbe costarci 14 miliardi”

Oltre alla contrarietà espressa in sede europea da 13 rappresentanze nazionali, non ha tardato ad arrivare quella dei produttori e degli associazioni che li rappresentano. Molto duro il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, che ha parlato di “etichette terroristiche”. Il via libera dell’Ue sarebbe un attacco diretto all’Italia, principale produttore ed esportatore mondiale di vino, con oltre 14 miliardi di fatturato di cui più della metà dovuto agli acquisti dall’estero, essendo appunto la principale voce di export agroalimentare. Il precedente irlandese viene valutato come pericoloso, un passo che rischia di essere preso a modello e danneggiare notevolmente una filiera che nel nostro Paese, dalla vigna alla tavola, vale 1,3 milioni di posti di lavoro. “È del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici, tipico dei Paesi nordici, al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità e a più bassa gradazione come la birra e il vino, diventato in Italia l’emblema di uno stile di vita attento all’equilibrio psico-fisico, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol” ha precisato Prandini.

Secondo Coldiretti, partendo da uno sforzo condivisibile a tutela della salute, sarebbe sbagliato prendere “decisioni semplicistiche, che rischiano di criminalizzare ingiustamente i singoli prodotti, indipendentemente dalle quantità consumate”. Un orientamento di questo tipo può accrescere i timori ingiustificati nei consumatori, come evidenzia un sondaggio realizzato da Coldiretti. Il 23% degli italiani, infatti, smetterebbe di bere vino o ne ridurrebbe il consumo se le etichette presentassero una comunicazione allarmistica come quella che compare su tabacco e sigarette.

Uiv: “la norma colpisce la libera circolazione delle merci”

Con termini simili si è espressa l’Unione italiana vini (Uiv), che per voce del presidente Lamberto Frescobaldi ha deprecato il silenzio-assenso di Bruxelles verso Dublino sull’etichettatura degli alcolici. Questa posizione rappresenterebbe una fuga in avanti sbagliata da parte di un Paese membro. L’organizzazione teme che la Direzione generale per la Salute voglia sposare questo approccio a livello europeo, lasciando nel frattempo libera iniziativa ai singoli Stati membri, “al fine di sdoganare sistemi adottati senza un previo dibattito pubblico a livello europeo”.

Questa situazione, secondo Uiv, “segna uno scenario paradossale e ingovernabile, fatto di una babele di etichette all’interno dell’Unione europea, che purtroppo non risolvono il problema dell’alcolismo, che dovrebbe essere basato su un approccio responsabile nei consumi di prodotti molto diversi tra loro”.

Filiera Italia: “difendiamo le nostre eccellenze da un approccio antiquato e fallimentare”

Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, pone l’accento sul danno economico alla produzione vinicola nazionale e all’accanimento contro un modello fatto di equilibrio e di qualità. Insieme a Coldiretti, abbiamo manifestato a Bruxelles la nostra contrarietà a un provvedimento non solo inutile, ma anche dannoso”. Si tratterebbe infatti di un duro colpo per il nostro Paese, che è uno dei principali esportatori mondiali di vino, e di conseguenza contro un settore che vale 14 miliardi di euro con oltre il 70% di etichette Docg, Doc e Igt. Chi pensa che l’educazione alla sana alimentazione si faccia con etichette allarmistiche, da questa al Nutriscore, non solo sbaglia ma perpetua un approccio antiquato che dove è stato applicato ha sempre fallito”.

Syda Productions/shutterstock.com

Federvini: “occorre una coalizione di Stati contro questa norma”

All’opposizione fin qui descritta, Federvini vuole dare seguito organizzando, con il supporto del Governo italiano, una coalizione di Paesi contro ogni discriminazione delle bevande alcoliche. A partire dal 7 febbraio 2023, è scattato un conto alla rovescia di 90 giorni per poter presentare pareri contrari all’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) da parte dei Paesi membri. Micaela Pallini, presidente di Federvini, ha dichiarato che “è il momento che i partner internazionali sollevino all’Omc le loro preoccupazioni in merito alla proposta irlandese, che rappresenta un chiaro ostacolo al commercio internazionale. Dopo aver guidato la battaglia in Europa, invitiamo il Governo Meloni a fare altrettanto all’Omc, costituendo una coalizione di Paesi a sostegno delle nostre posizioni”.

L’immobilismo della Commissione europea – prosegue Pallini – ha di fatto creato un via libera alla normativa irlandese che oggi, come ultimo ostacolo, deve superare solo le eventuali riserve dell’organizzazione che gestisce il commercio mondiale. L’Irlanda ha deciso di non modificare una sola virgola della bozza notificata all’Omc, nonostante la forte contrarietà di molti Paesi”. Secondo le valutazioni di Federvini, inoltre, la proposta irlandese non sarebbe compatibile con il diritto dell’Unione europea, essendo un evidente ostacolo alla libera circolazione delle merci nello spazio Ue, come avrebbero riconosciuto le stesse autorità irlandesi. “Considerando la mancanza di un’azione concreta da parte della Commissione, crediamo che solo la Corte di Giustizia dell’Unione europea – conclude Pallini – sia in grado di difendere l’Ue in questa fase”.

Eurocare: “a essere contrari sono soprattutto i produttori di alcolici”

In un panorama mediatico dove a farsi sentire sono state soprattutto le ragioni del no a questa etichettatura, non mancano però le voci favorevoli. Per la ong Eurocare, un’alleanza europea di organizzazioni che sostengono la prevenzione contro i danni dovuti all’alcol, “la Commissione ha dimostrato che l’Unione offre agli Stati membri la flessibilità di cui hanno bisogno. Offrire ad altri Paesi la possibilità di seguire l’esempio irlandese è giusto, nel rispetto del diritto dei suoi cittadini di essere informati sui danni causati dall’alcol”. Florence Berteletti, segretaria generale di Eurocare, ha puntualizzato che durante il processo di consultazione Ue sulla norma irlandese la maggior parte delle proposte l’ha sostenuta. “L’opposizione è stata espressa esclusivamente dal settore degli alcolici e gli stessi cittadini irlandesi sono fermamente favorevoli, con oltre il 70% che afferma di avere il diritto di essere informato sui rischi legati all’alcol”.

Antonella Viola: “l’alcol è cancerogeno, i consumatori devono essere informati”

A esprimersi a sostegno di un’etichettatura europea per evidenziare i danni dell’alcol è stata l’immunologa e divulgatrice scientifica Antonella Viola, che il 2 marzo scorso ha ribadito e precisato la sua posizione, più volte ripresa dai media. “Sono sorpresa della polemica che si è creata, un’etichetta che aiuti le persone a informarsi sulle conseguenze legate al consumo di tutti gli alcolici mi sembra semplicemente un’ovvietà. L’alcol è pericoloso per la salute, l’etanolo è inserito nella lista dei carcinogeni di tipo 1, ovvero quelli per cui il rapporto causa-effetto con il cancro è chiaro e dimostrato. Parliamo soprattutto di tumori che colpiscono fegato, bocca, laringe, faringe, esofago, stomaco e seno. Sappiamo che anche il consumo moderato accresce questo rischio: una dose alcolica al giorno, ad esempio, aumenta del 7% il rischio di cancro al seno nelle donne. Inoltre, si accelera di molto la riduzione della massa del cervello, che avviene naturalmente con l’età. Se sappiamo tutto questo, come possiamo affermare che può esistere un consumo sostenibile? La contrarietà che è emersa rispetto a questa etichettatura si basa soprattutto su presupposti culturali. I consumatori devono essere consapevoli, devono conoscere la verità, pur nella libertà di scelta. Anche per le bevande zuccherate sarebbero opportune indicazioni sugli effetti negativi sulla salute, ma per l’alcol l’urgenza è superiore, in quanto si tratta appunto di una molecola cancerogena”.

Come abbiamo visto, le posizioni che su questo tema si contrappongono restano molto lontane e difficilmente conciliabili, anche se è auspicabile un accordo per un’informativa chiara ma non eccessivamente allarmistica. In sede europea, questa etichettatura sarà ancora discussa, e l’Unione, finora aperta alle singole decisioni degli Stati membri, dovrà esprimersi con più nettezza.


Immagine in evidenza di: taras.chaban/shutterstock.com

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