Il contenuto di enzimi alimentari nei cibi spesso passa sottotraccia, ma per alcune persone ipersensibili può avere effetti indesiderati. Del resto, sono molti i processi produttivi basati sulle fermentazioni legati a queste sostanze, quindi, pur senza creare allarmismi ingiustificati, è importante avere contezza delle quantità che si assumono. Ecco perché EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) da anni lavora su questo fronte e di recente ha introdotto un nuovo strumento per soddisfare tale necessità. Ma dove si trovano gli enzimi, per cosa si usano e quali effetti possono avere sull’organismo? Nel nostro approfondimento notizie e novità su questo tema.
Enzimi alimentari: cosa sono, come li usiamo e a cosa servono
Gli enzimi alimentari, per la maggior parte costituiti da proteine, contribuiscono ad accelerare il metabolismo e le reazioni chimiche che avvengono nel nostro organismo. Tra i processi fondamentali nei quali sono coinvolti, ricordiamo innanzitutto la digestione, che parte dalla scomposizione degli alimenti che ingeriamo. Queste sostanze favoriscono la trasformazione dell’energia chimica contenuta nei cibi in energia meccanica necessaria alla contrazione dei muscoli, ma aiutano anche a creare i tessuti e a eliminare le sostanze di scarto. La carenza di un particolare enzima, inoltre, può compromettere il corretto funzionamento dell’organismo e favorire l’insorgenza di patologie.
Fin dall’antichità, le filiere alimentari hanno sfruttato l’azione degli enzimi, ad esempio per produrre formaggi, per far lievitare gli impasti e per ottenere bevande con un contenuto alcolico ricavato dalla fermentazione di cereali o frutti, come la birra o il sidro. Per secoli, però, il ruolo e le proprietà biochimiche degli enzimi sono rimaste sconosciute e solo nel Novecento si sono messe a punto le tecniche per isolarli da cellule viventi, che hanno permesso una loro più ampia applicazione in ambito alimentare, in seguito anche su scala industriale.
Queste sostanze si possono ottenere da piante, animali o microrganismi grazie a processi di estrazione oggi considerati semplici sul piano tecnico. Gran parte degli enzimi impiegati nelle lavorazione industriali dei cibi, tuttavia, sono ricavati dalla fermentazione di microrganismi che prevedono processi di estrazione più elaborati.
Oltre alla produzioni alimentari più tipiche a base di fermentazioni, gli enzimi sono importanti per molte materie prime durante la lavorazione di prodotti o ingredienti: si utilizzano per scindere le pareti cellulari della frutta e favorire l’estrazione dei succhi, ma anche per convertire l’amido in zuccheri durante la produzione di alcol.
Quali sono gli enzimi e quali cibi li contengono
Esistono diversi tipi di enzimi alimentari, ognuno specifico per determinati nutrienti. Eccone alcuni dei più diffusi:
- Amilasi: scompone i carboidrati in zuccheri semplici, si trova nei cereali e nei germogli.
- Lipasi: degrada i lipidi in acidi grassi e glicerolo, è presente in piccole quantità nel latte crudo e in alcune noci.
- Proteasi: scinde le proteine in amminoacidi, è contenuta in frutti come il kiwi, l’ananas e la papaya.
- Lattasi: sintetizza il lattosio, lo zucchero del latte, in glucosio e galattosio, quindi è molto importante per digerire i latticini.
Gli enzimi alimentari si trovano naturalmente negli alimenti crudi e nella digestione aiutando a scomporre i nutrienti in molecole più piccole che l’organismo può assorbire.
Nonostante non siano crudi, alcuni alimenti trasformati dall’industria alimentare contengono enzimi attivi. Alcuni esempi:
- Prodotti fermentati. Nel caso di yogurt, kefir e latticini di questo tipo, i batteri producono enzimi digestivi come la lattasi, che rimangono attivi nel prodotto finale e aiutano a digerire il lattosio. Miso, tempeh e natto, a base di soia fermentata, contengono enzimi attivi prodotti dai microbi, che favoriscono l’assimilazione delle proteine e degli amidi della soia. Il kimchi e i crauti, prodotti da cavoli e altre verdure, contengono proteasi, che rimane attiva e può agevolare la digestione.
- I succhi di frutta pastorizzati con trattamenti delicati, a bassa temperatura o con metodi alternativi, preservano parte degli enzimi, come la pectinasi e la cellulasi, che facilitano la digestione delle fibre della frutta.
- Nei formaggi stagionati la proliferazione di batteri e muffe produce enzimi, che continuano a lavorare anche durante la conservazione. Questo processo non solo sviluppa il gusto, ma produce proteasi e lipasi, che rendono questi alimenti più digeribili.
- Il miele crudo o non completamente pastorizzato, se non viene riscaldato o filtrato, può contenere enzimi attivi (invertasi e amilasi), sostanze presenti naturalmente che contribuiscono alle proprietà nutrizionali e al gusto.
- Alcuni snack, integratori alimentari o funzionali per migliorare la digestione dei nutrienti vengono arricchiti con enzimi come amilasi, proteasi e lipasi, che possono essere presenti in forma attiva.
- Nel pane a lievitazione naturale i batteri e i lieviti presenti nell’impasto producono amilasi e proteasi, che aiutano a scomporre l’amido e le proteine durante la fermentazione. Alcuni di questi enzimi possono rimanere attivi fino alla cottura, migliorando la digeribilità del pane.
Gli enzimi alimentari, inoltre, sono ampiamente utilizzati in diversi processi per migliorare la qualità, la consistenza e la conservazione dei cibi. Possiamo citare l’industria della carne e dei prodotti trasformati, dove la proteasi è spesso impiegata per intenerire la consistenza e migliorare la texture. Inoltre, alcuni enzimi vengono usati per produrre i salumi, per migliorare gusto e consistenza. Queste sostanze si usano anche nella produzione di oli e grassi, dolciumi, sciroppi e dolcificanti.
Gli enzimi alimentari possono essere nocivi?
Gli enzimi alimentari sono generalmente sicuri e benefici per la digestione, ma in alcune condizioni specifiche possono avere conseguenze negative (gastrite, gonfiore, diarrea), a maggior ragione se assunti in eccesso, circostanza possibile specialmente quando si ricorre a integratori. Nel caso di individui soggetti a reazioni allergiche, irritazione gastrica, interazioni con farmaci e condizioni digestive particolari, queste sostanze possono dare effetti indesiderati. Come stiamo per vedere, questi aspetti, uniti alla vasta diffusione degli enzimi nella produzione e lavorazione dei cibi, devono richiedere una valutazione mirata sulla loro sicurezza.
L’EFSA e il monitoraggio degli enzimi alimentari
L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) è responsabile della valutazione della sicurezza degli enzimi utilizzati negli alimenti e nei mangimi. I pareri scientifici emessi dall’ente vengono utilizzati dalla Commissione europea e dalle autorità nazionali per decidere se approvare o negare l’autorizzazione a nuovi enzimi, come a eventuali modifiche alle loro condizioni d’uso.
Rispetto agli enzimi alimentari, all’EFSA competono queste due funzioni principali:
- valutazione di tutti gli enzimi attualmente commercializzati o destinati a essere venduti nell’Unione europea, nel periodo di presentazione delle domande definito dalla legislazione UE;
- esame delle domande di autorizzazione di nuovi enzimi dopo l’istituzione di un elenco dell’Unione riguardante gli enzimi approvati.
Come stabilito dal regolamento europeo sugli enzimi alimentari – (CE) n. 1332/2008 – tutte queste sostanze devono essere sottoposte a un controllo di sicurezza da parte dell’EFSA e poi approvate dalla Commissione europea. Questa procedura determinerà l’inserimento nell’elenco dell’UE degli enzimi alimentari, che sarà istituito una volta completate le valutazioni. Per il momento, quindi, l’immissione sul mercato e l’uso di enzimi alimentari e di alimenti prodotti che li contengono sono soggetti alle legislazioni nazionali.
Calcolare l’esposizione agli enzimi alimentari
Gli esperti del gruppo sui materiali a contatto con gli alimenti, gli enzimi, gli aromatizzanti e i coadiuvanti tecnologici (CEF) dell’EFSA hanno elaborato un metodo per calcolare più precisamente l’esposizione agli enzimi utilizzati nella produzione alimentare. Si tratta di un’iniziativa per migliorare e affinare la valutazione della loro sicurezza, come richiesto dalla legislazione comunitaria. Come ha dichiarato Christina Tlustos, esperta di esposizione e membro del gruppo CEF, “è stato sviluppato uno strumento di stima dell’esposizione che può essere adattato a ogni processo alimentare che implichi enzimi alimentari. Lo strumento utilizza fattori tecnici di conversione, il che significa che possiamo combinare i dati sul consumo alimentare con i livelli di utilizzo degli enzimi e prendere in considerazione il livello del loro trasferimento in alimenti e bevande”.
Un nuovo strumento messo a punto da EFSA
Nel 2024, l’EFSA ha rilasciato un nuovo webtool innovativo per supportare gli operatori del settore e i consumatori nella stima dell’esposizione agli enzimi alimentari attraverso la dieta. Questo strumento, chiamato Food Enzyme Intake Model (FEIM), è l’ultimo approdo di un protocollo di ricerca e monitoraggio avviato nel 2016, che si è avvalso di dati sull’uso di enzimi alimentari in numerosi processi produttivi, con informazioni sull’esposizione di alcuni gruppi di popolazione (ad esempio neonati, bambini piccoli o adulti) in diversi Stati dell’Unione europea.
Presentato in occasione della prima riunione plenaria del nuovo Food Enzymes (FEZ) Panel dell’EFSA, il FEIM ha l’obiettivo di offrire agli utenti stime di assunzione per enzimi specifici, per fasi di produzione e anche di calcolare l’esposizione cumulativa dovuta a più processi. Oltre a supportare i produttori di enzimi nella compilazione dei dati di esposizione per i dossier di richiesta, il nuovo webtool – accessibile a chiunque previa registrazione – potrà quindi fornire direttamente ai consumatori informazioni sulla loro esposizione alimentare. Lo strumento consente agli utenti di ottenere stime di assunzione per un enzima specifico in base agli usi previsti, scegliendo uno o più processi di produzione alimentare e inserendo il livello di utilizzo dell’enzima.
Come abbiamo visto, gli enzimi alimentari, pur non essendo considerati pericolosi, sono soggetti a complessi protocolli di sicurezza e monitoraggio per evitare problemi agli individui più sensibili.
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