vitigno ripreso da un drone

Droni in viticoltura: vantaggi, potenzialità e limiti da superare

Matteo Garuti
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    L’utilizzo dei droni in viticoltura si sta diffondendo nell’ambito dell’agricoltura di precisione, per migliorare l’efficienza produttiva, riducendo gli sprechi e l’inquinamento. Così come nell’olivicoltura, finora sono state soprattutto le aziende con molti ettari di terreno da monitorare a impiegarli con profitto, ma le potenzialità da esplorare sono ancora tante, e non solo per le realtà imprenditoriali più grandi. Ma cosa si può fare con questi apparecchi? E quali sono gli ostacoli e le possibilità di sviluppo della tecnologia di monitoraggio aereo? In questo approfondimento cercheremo di rispondere a queste e ad altre domande sull’uso dei droni.

    Droni in viticoltura: una tecnologia a servizio della produzione vinicola

    Negli ultimi anni i droni sono sempre più utilizzati nella viticoltura di precisione, parte integrante di una strategia finalizzata a migliorare la qualità dei prodotti e l’efficienza nella gestione in campo. Sorvolando i vigneti, infatti, possono fornire ai viticoltori informazioni dettagliate e in tempo reale sullo stato dei filari, consentendo loro di prendere decisioni rapide ed efficaci a beneficio delle uve, e quindi del vino. Questa nuova pratica agronomica dell’agricoltura 4.0, pertanto, è basata sulla raccolta di dati sulla situazione del vigneto, dei terreni, dell’aria e delle condizioni meteorologiche, per adattare operazioni e trattamenti alle necessità delle piante. Le aree del vigneto che presentano una carenza di acqua, ad esempio, possono essere individuate rapidamente, consentendo ai viticoltori di irrigare solo dove necessario, evitando gli sprechi.

    Vitigno con drone

    Andy Dean Photography/shutterstock

    Sul piano tecnico, si tratta di specifici modelli dotati di strumenti di rilevazione in grado di offrire una panoramica complessiva della coltivazione, scansionando un intero vigneto in pochi minuti, ma anche di ricavare immagini dettagliate sullo stato di salute delle piante. Grazie alle fotocamere multispettrali, i droni riescono a superare lo spettro visibile all’occhio umano, catturando anche l’infrarosso. Questi particolari strumenti sono composti da più sensori, ognuno destinato a catturare un diverso intervallo di lunghezze d’onda cromatico, rilevazioni che forniscono informazioni preziose sullo stato dei vigneti. Quando le piante sono in salute, infatti, assorbono maggiormente la lunghezza d’onda del rosso e riflettono alti livelli di verde e infrarosso; viceversa, quando prevale lo stress non riescono ad assorbire il rosso e riflettono bassi livelli di verde e infrarosso. Con la misura della quantità di luce riflessa per ogni lunghezza d’onda e il rapporto tra esse si ottengono indici sulla salute delle piante e sulla comparsa di sintomi da curare. I droni dotati di sensori termici sono anche in grado di registrare le differenze di temperatura nelle piante, che indicano la presenza di patologie vegetali o infestazioni.

    Grazie alle rilevazioni dei droni e all’analisi dei dati forniti, in sintesi, si possono monitorare facilmente:

    • le condizioni generali delle viti;
    • la presenza di malattie e parassiti o le carenze nutritive;
    • l’eventuale necessità di irrigazione localizzata o di concimazione;
    • i parametri climatici e i loro effetti diretti sui filari;
    • i livelli di maturazione delle uve, per individuare il momento migliore per la vendemmia;
    • lo stato e la superficie dei terreni;
    • la presenza di animali selvatici o di persone non autorizzate, a beneficio della sicurezza delle coltivazione.

    I dati raccolti, inoltre, possono essere elaborati da software capaci di creare mappe tridimensionali dei vigneti, per valutare il volume delle chioma delle piante e di conseguenza impostare trattamenti mirati sulla superficie fogliare, anche sfruttando l’intelligenza artificiale. Tutto questo viene effettuato senza doversi recare tra i filari, un vantaggio importante soprattutto per le aziende più estese.

    Se fino a pochi anni fa il ricorso ai droni in viticoltura appariva futuristico e poco sfruttabile per via dei costi elevati, oggi questa tecnologia è a tutti gli effetti matura e sempre più accessibile, e con ogni probabilità nel prossimo futuro si diffonderà ulteriormente.

    I droni possono intervenire direttamente nei vigneti

    drone che vola su un vitigno

    Andy Dean Photography/shutterstock

    Come abbiamo visto, questi apparecchi sono impiegati innanzitutto per funzioni di monitoraggio, con notevoli vantaggi in termini di riduzione dei costi ed efficienza nella gestione dei vigneti. Per gli agronomi queste preziose informazioni facilitano le decisioni e gli interventi da effettuare in modo tempestivo. Oltre a questo, però, i modelli più avanzati potrebbero operare direttamente in campo, ad esempio irrorando fertilizzanti e pesticidi con la massima precisione – una possibilità ancora da esplorare a pieno, come vedremo – riducendo le quantità e quindi l’inquinamento dovuto a queste sostanze, rendendo il vino più sostenibile. In più, i droni di ultima generazione dotati di bracci meccanici sono in grado di aiutare nella raccolta dell’uva, senza danneggiarla.

    calici di vino in vigneto

    Rostislav_Sedlacek/shutterstock

    Le capacità di questi piccoli velivoli risultano molto utili sia per le superfici vitate di maggiore estensione, dove raggiungere i filari richiede tempo e lunghi spostamenti, come per le piccole aziende situate in territori collinari e montuosi, in cui le pendenze incidono notevolmente sul lavoro dei vignaioli. I droni, inoltre, non risentono delle condizioni avverse del terreno, quando invece i trattori troverebbero difficoltà e rischi di manovra, con le loro ruote che andrebbero a compattare il suolo in modo dannoso. In queste realtà, infatti, la vendemmia e le operazioni in vigna sono particolarmente impegnative, tanto che quando le pendenze superano il 30%, se si sale oltre i 500 metri di altitudine e in presenza di terrazzamenti o in piccole isole, si parla di viticoltura eroica, realtà riunite nel Cervim (Centro di ricerca, studi, salvaguardia, coordinamento e valorizzazione per la viticoltura montana), fondato nel 1987. Si tratta quasi sempre di piccole aziende a gestione familiare, per le quali i droni rappresentano un’opportunità per semplificare e ottimizzare il lavoro.

    Le aree di montagna, come abbiamo visto, sono particolarmente colpite dalla crisi climatica, che minaccia l’equilibrio ambientale dei pascoli e di conseguenza la produzione dei formaggi.

    Droni in viticoltura: gli ostacoli normativi

    Se le potenzialità tecniche dei droni sono molte, vigono ancora divieti che ne limitano l’utilizzo. In base all’art. 13 del d.lgs n. 150/2012, ad esempio, per gli aeromobili a controllo remoto è vietata la distribuzione di prodotti fitosanitari. Pur essendo ottenibili deroghe dettate da determinate situazioni e rilasciate dalle Regioni o dalle Province autonome, le tempistiche per tali richieste difficilmente sono compatibili con le situazioni di emergenza.

    I vantaggi delle nuove tecnologie, compresi i droni, dal 2019 sono state riconosciute dal Parlamento europeo, che già ha approvato la strategia Farm to fork. Si può prevedere che in tempi non troppo lontani, quindi, anche l’utilizzo di questi strumenti per i trattamenti contro parassiti e malattie delle piante verrà consentito, sempre in un quadro di difesa fitosanitaria sostenibile, nella quale rientrano anche i nuovi “biopesticidi”.

    L’uso dei droni e i limiti tecnici da superare

    Donna che sorseggia vino in una cantina

    il21/shutterstock

    Pur avendo grandi potenzialità di intervento, alcune delle quali non ancora sfruttate a pieno, i droni in viticoltura scontano ancora alcuni limiti tecnici e pratici significativi. Si tratta soprattutto della scarsa capacità di carico degli apparecchi, che può essere un ostacolo proprio volendo effettuare trattamenti fitosanitari: al momento i droni più grandi possono trasportare non più di 50 litri per viaggio, ma un normale trattamento in viticoltura richiede 10-15 ettolitri di soluzione per ettaro, che possono ridursi della metà aumentando la concentrazione del liquido. Con alcuni prodotti – come rame e zolfo, utilizzati in agricoltura biologica – non è però possibile aumentare troppo la percentuale della soluzione per il trattamento, per evitare intasamenti delle pompe e degli ugelli nebulizzatori e problemi di fitotossicità sulle piante. Un altro freno nell’uso intensivo dei droni è la limitata autonomia delle batterie, ma l’evoluzione dei dispositivi lascia supporre che in pochi anni questo aspetto migliorerà notevolmente.

    Oltre ai limiti di natura tecnica, vanno considerati i divieti di volo nelle vicinanze di aree abitate e i permessi speciali che occorrono per questa eventualità, mentre nella pratica della viticoltura possono creare ancora difficoltà la gestione delle diverse forma di allevamento delle uve, il costo degli apparecchi e la necessità di formare gli operatori nell’utilizzo dei droni. I progressi tecnici, la riduzione dei costi e la crescita in ambito agricolo di capacità e competenze – anche grazie all’ingresso di tanti giovani imprenditori in questo settore – fanno intravedere ulteriori sviluppi nella diffusione di questi strumenti innovativi.

     


    Immagine in evidenza di: Kletr/shutterstock

     

    Nato a Bologna e laureato in Comunicazione pubblica, Matteo è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, iscritto all'Elenco nazionale dei Tecnici ed Esperti degli oli d'oliva vergini ed extravergini. Dal 2016 scrive per Il Giornale del Cibo su attualità, salute e politica alimentare. In cucina, come nella vita, non può mancare la creatività, per cui apprezza la sperimentazione e i gusti autentici.

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