Giornale del cibo

Dopo Expo: che fine fanno adesso i Padiglioni?

Potrebbe diventare una cittadella dell’innovazione legata all’università, un centro di residenze per studenti, un’area di accoglienza per migrati oppure una sorta di “Silicon Valley” dell’agricoltura e dell’agroalimentare. Le numerose manifestazioni di interesse raccolte dalla società Arexpo, proprietaria dei terreni, sono attualmente sul tavolo delle proposte.

Albero della Vita

 

Le voci sul dopo Expo si rincorrono, ma quello che per il momento risulta certo è che a partire dal 2 novembre sul sito che per sei mesi ha ospitato l’Esposizione universale sono cominciati i lavori per smantellare i padiglioni. L’accordo prevedeva infatti che l’area venisse riconsegnata entro giugno 2016 svuotata di tutte le strutture ad eccezione di Palazzo Italia, Cascina Triulza, unico edificio pre-esistente, e l’Open Theatre. In corso d’opera si è deciso di mantenere in loco il Padiglione Zero, ed è di qualche giorno fa l’annuncio che anche l’Albero della Vita rimarrà dov’è.

I padiglioni avranno qualche mese di tempo per decidere cosa fare, ma c’è chi ha già trovato il modo di dare una seconda vita alle proprie strutture smantellandole e ricostruendole in patria (tornano a casa Svizzera, Repubblica Ceca, Emirati Arabi, Azerbaijan, Bahrein, Ungheria) o altrove (Austria in Tirolo, Principato di Monaco in Burkina Faso), o immaginando per esse una destinazione sociale (Slow Food, Children Park). Alcuni hanno chiesto di rimanere a Milano, fra cui Angola, Kazakistan, Spagna e Israele, ma c’è anche chi ha pensato di vendere, come la Francia o come il Tibet, che potrebbe così destinare il ricavato alla ricostruzione del Paese dopo i danni causati dal terremoto.

 

Sala annuncia: l’Albero della Vita rimane a Rho insieme a Palazzo Italia, Padiglione Zero e Cascina Triulza

Dopo mesi di elucubrazioni su una sua possibile ricollocazione, il Commissario unico per Expo Giuseppe Sala ha annunciato in conferenza stampa che l’Albero della Vita rimarrà a Rho “perché è molto più complesso smontarlo e rimontarlo da un’altra parte”. Ma le motivazioni non sarebbero solo di carattere tecnico e logistico. Secondo il presidente di Expo Spa Diana Bracco, infatti, “a Palazzo Italia inizia quella narrazione del Paese che ha il suo gran finale nella simbologia dell’Albero della Vita. Non possono vivere separati, si completano a vicenda”.

Dove rimane Palazzo Italia, dunque, rimane anche l’Albero, un’opera inizialmente molto contestata ma che ha finito per affascinare i visitatori con i suoi giochi di luce e di musica, decretando anche il successo serale di Expo. Il simbolo dell’Esposizione milanese, concepito da Marco Balich, sponsorizzato da Coldiretti e Pirelli e realizzato dalle 19 aziende riunite nel consorzio Orgoglio Brescia, continuerà a vivere e ad essere ammirato a partire dalla prossima primavera.

 

Slow Food sta esaminando proposte per una seconda vita del Padiglione

L’associazione fondata da Carlo Petrini non intende smettere di occuparsi del tema Nutrire il pianeta dopo il 31 ottobre. Tutta l’area ideata dallo studio di architettura Herzog & de Meuron, una struttura leggera di basso impatto ambientale, è composta da moduli smontabili in legno di larice che al termine dell’Esposizione potranno essere restituiti ad una seconda vita.

L’associazione sta vagliando varie possibilità di destinazione d’uso con l’obiettivo di presentare una soluzione coerente con la propria politica. Si tratterà perciò molto probabilmente di un progetto agricolo, di formazione o di sensibilizzazione, volto a promuovere l’accesso a un cibo buono, pulito e giusto per tutti. Dal suo sito, Slow Food invita tutti a inviare proposte e suggerimenti su come impiegare in futuro il Padiglione che durante i sei mesi di Expo si è distinto per l’impegno rivolto alla salvaguardia della biodiversità.

 

Il Children Park a Reggio Emilia?

Dal punto di vista architettonico si tratta di un giardino lineare che ospita un percorso con otto grandi postazioni all’aria aperta, costituite da piattaforme e coperture attrezzate. In questi spazi i bambini hanno potuto scoprire le relazioni tra esseri umani, animali e piante e familiarizzare con il concetto di sostenibilità attraverso il gioco. Le campane aromatiche hanno dato loro la possibilità di riconoscere le essenze profumante di diverse specie di piante, mentre in altri spazi hanno potuto pedalare per attivare giochi e suoni o pescare delle palline colorate contenenti dei messaggi per il Pianeta.

Il parco che ha allietato i bambini in visita ad Expo è stato concepito a Reggio Emilia dal Centro Internazionale Loris Malaguzzi, un’istituzione culturale che si occupa di difesa e di promozione dei diritti e delle potenzialità dei bambini e delle bambine, e sembrerebbe dunque proprio il capoluogo reggiano il candidato naturale a ospitare la struttura una volta conclusa l’Esposizione. I soci di Expo, proprietari della struttura, dovranno decidere se il parco resterà al suo posto o se sarà smontato. In quest’ultimo caso potrebbero aprirsi delle trattative per un suo trasferimento a Reggio Emilia, soluzione auspicata da più parti e di cui l’amministrazione comunale del sindaco Vecchi si sta facendo promotrice.

 

Svizzera, Padiglione della responsabilità anche nel dopo Expo

La Svizzera ha interpretato al meglio il senso di un’esposizione universale dedicata al cibo in quanto bene da condividere responsabilmente con l’intera comunità degli uomini. Il messaggio era di quelli semplici ma forti: quanto abbiamo a disposizione su questo pianeta è nelle nostre mani, dipende da ciascuno di noi e tutti siamo chiamati ad esserne responsabili in prima persona. Le torri riempite di generi alimentari gratuiti ma ‘ad esaurimento’ (di cui vi abbiamo parlato nelle nostre guide) si sono lentamente svuotate. A pochi giorni dalla chiusura dell’esposizione mele e acqua sono andate esaurite, ma è rimasto il 57% del caffè e il 47% del sale. Chiunque poteva disporne a piacimento, ma non prima di aver riflettuto sul fatto che non ci sarebbe stato alcun ulteriore rifornimento.

Nessun effetto speciale, niente schermi né scritte, a parte un’unica domanda sulla parete esterna di una delle torri: Ce n’è per tutti? La forza del progetto elvetico sta nell’idea, ma gli va anche dato il merito di essere stato l’unico Padiglione ad aver gestito mirabilmente il problema delle code tramite un sistema di prenotazione ad orario (e chi poteva concepirlo se non gli svizzeri?).

Ma che ne sarà ora del Padiglione? A questo la Svizzera, primo paese ad aver aderito ad Expo, aveva pensato fin dall’inizio: le torri saranno riutilizzate in patria, in quattro diverse città, come serre urbane. Il 75 % del materiale utilizzato rimarrà in Italia e potrà essere recuperato alla fine dell’evento, il rimanente 25% sarò smaltito. I mobili, le lampade e tutti gli arredi sono già stati rivenduti. Il cibo avanzato, se ne avanzerà, sarà devoluto al Banco Alimentare, l’onlus che promuove il recupero delle eccedenze alimentari e la redistribuzione alle strutture caritative fondata nel 1989 da Luigi Giussani.

 

Padiglione Emirati Arabi a Masdar City in vista dell’Esposizione universale del 2020

Il percorso sinuoso e stretto all’interno dell’edificio ideato dallo studio Foster+Partners richiama le stradine auto-ombreggianti di Masdar City, un complesso urbanistico avveniristico in via di realizzazione a pochi chilometri da Abu Dhabi. Gli Emirati si preparano a stupire il mondo in occasione dell’esposizione universale del 2020, che avrà come tema Connecting Minds, Creating the Future (collegare le menti, creare il futuro). Cuore della manifestazione sarà piazza Al Wasl, antico nome della capitale emiratina che appunto significa “connessione”. Da qui si dipaneranno come petali le tre aree tematiche dell’Opportunità, della Sostenibilità e dalla Mobilità. Simbolo dell’evento sarà proprio Masdar City, che rappresenterà un esempio di città sostenibile, a bassissimo impatto ambientale, in cui il traffico automobilistico sarà sostituito da un sistema di trasporto elettrico automatizzato senza conducente e il cui apporto di energia sarà completamente garantito da impianti fotovoltaici, eolici e termali.

 

Il Padiglione Monaco si mette in viaggio con la Croce Rossa verso il Burkina Faso

Il messaggio di ecologia e riciclo veicolato dal Principato di Monaco durante i 6 mesi dell’Esposizione non poteva che proseguire dopo lo smantellamento. I diciannove container colorati che formavano la struttura, ideata dall’architetto italiano Enrico Pollini, viaggeranno per 5.400 chilometri verso Loumbila, in Burkina Faso, dove diventeranno la sede operativa delle Croce Rossa locale. L’85% delle funzioni del Padiglione sarà mantenuto secondo degli standard HQE, una certificazione di alta qualità ambientale approvata dall’Earth Summit del 1992.

Lo scopo è quello di realizzare un centro di formazione e di cure mediche e allo stesso tempo un centro di aggregazione, accessibile a tutta la regione dell’Africa occidentale. Tutti gli introiti sviluppati dal centro serviranno a sostenere iniziative sociale per la comunità.

 

 

Il bosco dell’Austria continuerà a respirare in Tirolo

Per l’Austria non si tratta di smantellare e ricostruire un edificio, ma di provvedere al trasferimento di un intero bosco, un vero e proprio microcosmo di biodiversità che ha prodotto durante Expo oltre sessanta chili di ossigeno all’ora, sufficienti per 1.800 persone, assorbendo l’anidride carbonica circostante. Lo scopo del green project austriaco era di ricreare una foresta in un tessuto metropolitano, offrendo un esempio di rimboschimento per le città del futuro.

Ora le piante, fra cui anche oltre 50 fra pini e larici di 16 metri, saranno meticolosamente estratte, ciascuna con la propria zolla per proteggere le radici, e poi fasciate per affrontare il viaggio in camion verso un’area boschiva nei dintorni di Bolzano. La struttura in legno che avvolgeva il bosco, invece, verrà riconsegnata al fornitore che la potrà riutilizzare.

 

Angola, una seconda vita in patria o a Milano

L’Angola, nell’anno in cui ricorre il quarantesimo anniversario dell’indipendenza dal Portogallo, è uno dei tre paesi africani (con Sudan e Marocco) ad aver investito in un Padiglione nazionale.
Da subito l’edificio, ideato e curato dall’architetto Paula Nascimento, è stato pensato per essere poi smantellato e ricostruito altrove, ma ad oggi non è ancora chiaro se la struttura a forma di baobab tornerà in patria per trasformarsi in un centro culturale permanente, o se invece rimarrà a Milano come Casa d’Angola in Italia, sotto la gestione dell’ambasciata.

Entro pochi giorni calerà dunque il sipario sull’Esposizione milanese e da quel momento si apriranno i dibattiti sul destino dell’area espositiva. A porte chiuse sarà possibile tentare un bilancio obiettivo sulla portata della manifestazione e capire, al di là dell’indiscutibile successo in termini di affluenza e di risonanza internazionale, quale sarà l’eredità morale, economica, etica che Expo lascerà al mondo e quale il suo contributo reale alle grandi sfide ambientali e umanitarie che coinvolgeranno l’intero Pianeta nel prossimo futuro.

 

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