In questo articolo andremo a scoprire i prodotti gastronomici italiani che, negli ultimi due anni, si sono guadagnati le prestigiose attestazioni DOP e IGP. Nonostante infatti la pandemia abbia sconvolto diversi settori produttivi, con inevitabili ripercussioni anche su quello agroalimentare, la straordinaria biodiversità del territorio e la cultura del cibo varia e articolata in ogni provincia hanno continuato a garantire riconoscimenti importanti al nostro Paese. Come la Denominazione di Origine Protetta o quella di Indicazione Geografica Protetta: ben 16 dall’inizio del 2020 ad oggi, col valore aggiunto della STG per un piatto tradizionale quale la pasta all’amatriciana. Andiamo dunque a scoprire le nuove DOP e IGP italiane!
Una miniera di eccellenze inesauribile: ecco le nuove DOP e IGP italiane
315 denominazioni d’origine (DOP, IGP, STG) e 526 DOC, DOCG e IGT per il comparto vini: numeri che parlano da soli e la dicono lunga sul patrimonio di prodotti e preparazioni del panorama enogastronomico italiano. E la distribuzione interessa pressoché tutte le aree geografiche del paese, da Nord a Sud, sancendo il legame indissolubile tra ciascuna di queste eccellenze e il territorio da cui ha origine. È proprio l’insieme dei fattori climatici, ambientali e culturali a determinare l’unicità di un prodotto o di un piatto, rendendolo qualcosa di inimitabile e meritevole quindi di certificarne il nome, a garanzia della qualità.
L’Italia, che vantava già il primato europeo di denominazioni d’origine, ha conosciuto un’ulteriore crescita dall’inizio del 2020 ad oggi: dalla Mozzarella di Gioia del Colle DOP all’Olio di Roma IGP, dalla Colatura di Alici di Cetara DOP al Limone dell’Etna IGP. Specialità già note e apprezzate nella maggior parte dei casi, più di nicchia in altri, ma tutte accomunate dal portare un nome riconosciuto e garantito a livello internazionale. Conosciamo insieme, qui di seguito, le nuove eccellenze entrate a far parte del firmamento delle DOP e IGP italiane.
Olio di Roma IGP
Proprio in abito oleario è arrivata l’ultima denominazione d’origine in ordine di tempo, con l’inserimento dell’Olio di Roma IGP nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 2 agosto 2021. L’area di produzione è individuata nell’intera provincia di Viterbo, più diversi comuni delle province di Rieti, Roma, Frosinone, Latina. L’Olio di Roma si caratterizza per il colore dal verde al giallo oro, con sentori fruttati al naso e note amare e piccanti al palato. Il marchio IGP garantisce inoltre che il prodotto è ottenuto per almeno l’80% da precise varietà di olive nostrane (Itrana, Carboncella, Moraiolo, Caninese, Salviana, Rosciola, Marina, Sirole, Maurino Pendolino, Frantoio e Leccino) e che può essere commercializzato in vari formati a norma di legge fino a un massimo di 5 litri di capacità.
Mozzarella di Gioia del Colle DOP
Specialità già nota e apprezzata, che prende il nome dall’omonimo comune della provincia di Bari, dal dicembre 2020 può finalmente contare sulla denominazione d’origine: stiamo parlando della Mozzarella di Gioia del Colle DOP. L’area di produzione comprende sedici comuni della provincia barese, sei in quella di Taranto e parte del territorio della vicina provincia lucana di Matera. Prodotta in tre differenti forme (sferica, a nodo o a treccia) e in pezzature da 50 grammi fino a 1 chilo, si caratterizza per il colore bianco perlaceo, che può assumere sfumature paglierine a distanza di qualche giorno, e per il gusto tipicamente lattico, con una nota acidula e un retrogusto in cui spicca la componente sierica. La superficie esterna poi dev’essere liscia o lievemente fibrosa, non viscida né scagliata, con la pasta, elastica e uniforme, che tende a rilasciare un po’ di siero al taglio. Il disciplinare specifica, infine, che sia confezionata immersa in un liquido di governo costituito da acqua eventualmente salata e acidificata.
Colatura di Alici di Cetara DOP
Altra rinomata eccellenza italiana che può ufficialmente fregiarsi della denominazione d’origine è la Colatura di Alici di Cetara DOP. L’area di produzione è quella che fa riferimento al Comune di Cetara, in provincia di Salerno, patrimonio Unesco dal 1997. La colatura è, di fatto, il liquido che affiora dalla maturazione e dalla pressatura delle alici sotto sale, all’interno di apposite botti di legno. Limpido e brillante, dal colore ambrato tendente al bruno mogano, ha un odore penetrante, che richiama fortemente quello delle alici, e un sapore intenso, spiccatamente sapido. In cucina si utilizza a freddo per insaporire verdure, pietanze a base di pesce o come condimento per primi piatti, quali i classici spaghetti aglio, olio e peperoncino o le orecchiette alle cime di rapa.
Pecorino del Monte Poro e Provola dei Nebrodi: le nuove stelle del firmamento caseario
Il già vasto firmamento di formaggi italiani di qualità si è arricchito di due nuove stelle, con le due DOP assegnate al Pecorino del Monte Poro e alla Provola dei Nebrodi.
Il Pecorino del Monte Poro DOP è una specialità calabrese, come indica il nome stesso, riferito alla verdeggiante e fertile collina della provincia di Vibo Valentia. In questo territorio sussiste da sempre una forte vocazione casearia, favorita dal clima mite e dall’abbondanza di pascoli, che trova espressione in varie specialità a base di latte ovino. Tra queste, appunto, il Pecorino del Monte Poro, che si presenta in forme cilindriche variabili sia nelle dimensioni – da 6 a 40 centimetri di diametro e di altezza tra 6 e 20 centimetri – sia nel peso, che può arrivare fino a 10 Kg. Pasta compatta e crosta dura, rugosa, spesso è trattato all’esterno con olio EVO e peperoncino. A seconda della stagionatura poi, si distingue in fresco (20-60 giorni), semistagionato (da 61 giorni fino a sei mesi) e stagionato (dai 6 ai 24 mesi), con la consistenza, che passa dal morbido delle forme più giovani al duro di quelle più mature, e il gusto che tende a farsi più piccante con l’avanzare dell’invecchiamento. La zona di produzione coincide coi comuni dell’area del Monte Poro, tutti compresi nella provincia di Vibo Valentia.
Si resta al sud e più precisamente in Sicilia con la Provola dei Nebrodi DOP. Il nome è già rivelatore della zona di produzione, ovvero il Parco dei Nebrodi, la più grande area naturale protetta della Sicilia, che abbraccia le province di Messina, Catania ed Enna. Qui si produce questa specialità a pasta filata di latte vaccino, che può essere: fresca, semi-stagionata, stagionata, sfoglia e con limone verde. La conformazione tipica è ovale o a pera, con il classico collo al quale si lega la corda-legaccio con la quale, da tradizione, le forme vengono appese in coppia a stagionare. La crosta esterna, liscia e uniforme, è inizialmente color crema e tende ad assumere tonalità più giallognole col progredire della stagionatura, che varia da un minimo di 30 giorni fino anche a cinque mesi. Il tempo di maturazione influisce molto sia sulla pasta interna, sia sul sapore. Se le forme più giovani, infatti, si caratterizzano per una morbidezza e una certa elasticità, con sapore dolce e gradevole, quelle più stagionate presentano una nota piccante e diventano più compatte e friabili, fino ad assumere una struttura lamellare, che tende a sfogliarsi e che si presta anche alla grattugia. Non a caso, una delle modalità di commercializzazione, oltre alla forma intera o a spicchi, è quella già grattugiata. Particolare il gusto della versione con limone verde, che si ottiene inserendo un piccolo limone acerbo nella lavorazione della pasta, in cui la nota agrumata crea un gradevole contrasto con la sapidità del formaggio.
Pistacchio di Raffadali, Cappero delle Eolie, Limone dell’Etna e Pesca di Delia: i tesori di Sicilia
La Provola dei Nebrodi DOP ci offre l’assist perfetto per restare in terra sicula. L’isola bella è, infatti, protagonista delle nuove denominazioni d’origine con altri quattro prodotti: il Pistacchio di Raffadali e il Cappero delle Isole Eolie, entrambi insigniti della DOP, e le due IGP Limone dell’Etna e Pesca di Delia.
Il Pistacchio di Raffadali DOP prende il nome dall’omonimo comune della provincia di Agrigento e va ad arricchire la tradizione siciliana legata a questo prezioso frutto a guscio, che vanta già il rinomato Pistacchio Verde di Bronte DOP. Il Pistacchio di Raffadali ha la tipica forma a goccia allungata, colore verde, sapore dolce e un’alta componente oleosa. Si produce in un’area che coinvolge molti comuni dell’agrigentino e due della confinante provincia di Caltanissetta.
Restando nella stessa zona, troviamo anche l’ultima arrivata in ordine di tempo tra le denominazioni d’origine afferenti alla regione Sicilia. Stiamo parlando della Pesca di Delia IGP, ufficialmente registrata dall’Unione Europea il 17 maggio 2021. Delia è un comune di circa quattromila abitanti, in provincia di Caltanissetta, in una zona collinare disseminata di mandorli e ulivi. Altra specie che ha trovato qui un habitat favorevole è il pesco, che produce frutti dal tipico gusto zuccherino e dalla polpa particolarmente soda e compatta. Commercializzata sia nella tipologia a polpa gialla e bianca, sia in quella nettarina, si raccoglie a partire dalla fine di maggio per le varietà più precoci fino alla prima decade di ottobre per le tardive.
Altro frutto entrato a far parte della famiglia delle IGP sicule è il Limone dell’Etna. L’area di produzione è quella della provincia di Catania e coinvolge ben sedici Comuni. Sono sei le varietà contemplate, ognuna con le sue peculiarità e soprattutto con un diverso periodo di raccolta: se il femminello bianchetto e il monachello bianchetto sono i primi a essere colti, a partire da aprile, il femminello verdello e il monachello verdello sono tipicamente estivi, mentre il femminello primo fiore e il monachello primo fiore sono frutti autunnali.
L’ultima tappa in terra sicula ci porta alle Isole Eolie, che possono vantare la prima DOP in fatto di capperi. Un riconoscimento arrivato il 7 maggio 2020 e che si riferisce sia al bocciolo fiorale, sia al frutto del cappero, il cosiddetto “cucuncio”: per i primi il calibro minimo dev’essere di 4 millimetri, mentre i cucunci possono arrivare sino a 20 millimetri. Il Cappero delle Isole Eolie DOP si caratterizza per la superficie glabra e di colore verde con sfumature violacee, e per il suo gusto pungente, arricchito da sfumature aromatiche.
Olio Lucano IGP e Rucola della Piana del Sele IGP: le eccellenze del Sud
Il Sud Italia si conferma, una volta di più, miniera infinita di prodotti di qualità, come dimostrano anche le due IGP del 2020 riconosciute all’Olio Lucano e alla Rucola della Piana del Sele. L’Olio Lucano IGP si produce nell’intero territorio della Basilicata e si caratterizza per il suo straordinario equilibrio, sia dal punto di vista olfattivo, sia gustativo, con una ricca gamma di sfumature, dall’erbaceo al fruttato.
La Rucola della Piana del Sele IGP è, invece, legata all’area pianeggiante solcata dal fiume Sele, nella provincia di Salerno. Il disciplinare di produzione specifica in maniera chiara le caratteristiche delle foglie, che devono essere larghe da 2 a 5 centimetri, lunghe da 8 a 25 centimetri e con lobi stretti, lunghi fino a 4 cm e denticolati. Croccantezza e gusto selvatico, piccante, completato da una nota di sapidità sono i tratti distintivi di questo prodotto, che si può trovare in commercio sia fresco, avvolto in una retina, sia confezionato in vaschetta, in cassetta o in busta, anche in atmosfera protettiva, ma sempre col marchio in evidenza. Non è ammessa, invece, la vendita sfusa.
Le bontà delle Alpi: Schüttelbrot e Mele del Trentino
Rotta verso il Nord Italia, nella meravigliosa cornice delle dolomiti, in Trentino Alto-Adige, che ci regala due nuove IGP. A partire dalle Mele del Trentino IGP, marchio che include le varietà Golden Delicious, Red Delicious, Gala, Fuji, Morgenduft, Renetta, Granny Smith e Pinova. Ciascuna si distingue per colore, aspetto e sapore: dalla classica buccia verde e polpa croccante della Granny Smith alla buccia gialla e il gusto zuccherino della Golden, solo per citare due esempi. La zona di produzione è l’intera provincia autonoma di Trento per questo frutto che può essere commercializzato in diversi tipi di confezioni e imballaggi, dove sia in evidenza la marchiatura del prodotto.
L’altra denominazione d’origine riguarda invece una specialità da forno alternativa al pane, ovvero lo Schüttelbrot Alto Adige IGP. Riconosciuto anche come Südtiroler Schüttelbrot IGP, nell’idioma tedesco in uso nell’area altoatesina. È proprio qui, nella provincia autonoma di Bolzano, che questo pane secco croccante alla segale viene tradizionalmente preparato. Alla farina di segale, che costituisce almeno il 50% del prodotto, viene aggiunta farina di grano tenero o di farro, malto d’orzo o di frumento, sale, lievito madre e semi di finocchio. Sono questi ultimi, in particolare, a definire il gusto, che può arricchirsi di altre sfumature speziate. Tra gli ingredienti possono infatti trovare spazio anche anice, coriandolo e cumino selvatico. La forma è tonda e piatta (da 0,3 a 1,5 cm di spessore), con la superficie irregolare e diametro da 3 a 35 centimetri.
Pampepato di Terni IGP
Specialità dolciaria da forno della tradizione umbra, il 23 ottobre 2020 il Pampepato di Terni ha ottenuto il riconoscimento di IGP (con la dicitura alternativa di Panpepato di Terni IGP). A base di cioccolato, cacao amaro, caffè, farina, frutta secca, miele, uva passa, canditi e spezie, si presenta come un bauletto dalla base piana e dalla superficie convessa e irregolare, lucida e di color marrone scuro. Una volta tagliato, rivela un interno in cui la sezione “cioccolatosa” è punteggiata da pezzetti di mandorle, pinoli, nocciole (in proporzione variabile, a seconda delle abitudini). Elemento chiave è il contrasto tra la morbidezza dell’impasto e la croccantezza della frutta secca. Ne risulta un gusto ricco e intenso, con l’impronta inconfondibile del cioccolato arricchita dalle sfumature apportate dal mix di frutti e spezie. Tra queste, in particolare, trovano spazio pepe, noce moscata e cannella. Già inserito nel registro PAT del MIPAAF, è un dolce casalingo, che ha trovato diffusione tra le famiglie umbre, motivo per cui ne esistono svariate interpretazioni. La zona di produzione del Pampepato di Terni IGP è identificata nell’intera provincia ternana, più i comuni di Massa Martana, Marsciano, Todi, Fratta Todina, Montecastello di Vibio e Deruta, nella Provincia di Perugia.
[elementor-template id='142071']Amatriciana Tradizionale STG
Gran finale con una preparazione che rappresenta uno dei capisaldi della tradizione italiana, l’Amatriciana Tradizionale STG (Specialità Tradizionale Garantita). Il riconoscimento della denominazione europea, conferito il 13 marzo 2020, fa riferimento al disciplinare di produzione di questo condimento tipico. Tra gli ingredienti ammessi:
- guanciale del tipo Amatriciano di almeno 30 giorni di stagionatura per almeno il 18% fino al 30% del totale;
- olio extravergine di oliva: da 0,5% a 1%;
- passata e/o polpa di pomodoro dal 69 all’81 %.
A completare gli ingredienti ammessi: sale, vino bianco, peperoncino e/o pepe (nella versione fresca o essiccata). Il territorio d’origine è quello dell’area di Amatrice e del comprensorio dei Monti della Laga, massiccio appenninico a cavallo tra Abruzzo, Lazio e Marche. La denominazione Amatriciana Tradizionale STG, tuttavia, non è vincolata alla zona geografica, bensì al rispetto degli ingredienti e delle modalità di preparazione descritte dal disciplinare. Come abbiamo visto in un precedente articolo, del resto, la pasta all’amatriciana è uno dei piatti più rappresentativi della tradizione culinaria italiana e i cultori non ammettono sgarri alla ricetta originale.
Dopo avervi portato a conoscere le nuove IGP e DOP italiane, chiediamo a voi: di quali eravate già a conoscenza? Quali, invece, quelle che più vi hanno sorpreso?