Giornale del cibo

Rodotà: «Il cibo per tutti è un diritto»

«Il problema della fame nel mondo non è una questione di risorse, ma di diritti fondamentali dell’uomo». Ad affermarlo e a proporlo come oggetto di dibattito tra i piani alti della politica è Stefano Rodotà durante il Festival della Filosofia tenutosi a Modena dal 18 al 20 settembre. Nell’incontro dedicato a “Cibo, fame e diritti” il professore porta alla luce una questione urgente per l’umanità e propone una soluzione che non sa di utopia: il diritto al cibo.

 

 

Stefano Rodotà

Numeri sulla fame, problem solving urgente: l’acqua

Nel mondo 800 milioni di persone soffrono di fame estrema, 2 miliardi di malnutrizione tra cui bambini affetti da crescita ritardata. Perché costringere questi bambini a sopravvivere quando possono e devono vivere? «La risposta- afferma Rodotà- è nella logica dei diritti per tutti. Se le 20 Costituzioni di Paesi nel mondo che dichiarano il cibo come un diritto fossero rispettate non solo sulla carta ma anche nella realtà, avremmo tutti eguale svolgimento della vita. Mangeremmo tutti in egual misura».

Dunque la problematica da risolvere è urgente ed è tutto nella mani di chi ha responsabilità politiche: «in India hanno approvato nel 2013 una legge sulla fame che dà diritto a chi ha un reddito basso a 5 chili di cereali al mese. In Brasile stanno cercando di creare disponibilità di cibo grazie al coinvolgimento della comunità dal produttore al cittadino. Segnali positivi, ma la situazione è disastrosa». Il Marocco tra 30 anni rischia di rimanere senza risorse idriche risucchiato dal deserto quindi anche le risorse alimentari sono irreperibili, generando migrazione ambientale e guerre per l’acqua come oggi già imperversano tra Pakistan, India e Cina.

Fame naturale e fame di sapere: il diritto al cibo da Dante allo Slow Food

Citando l’incipit del Convivio di Dante in cui il poeta afferma che “Tutti gli uomini per natura desiderano sapere”, Rodotà porta il problema della mancanza di cibo e di acqua sul nutrimento spirituale. «Colmare la fame naturale e la fame spirituale significa rispettare la persona nella sua interezza». Le leggi del mercato oggi hanno ridotto l’uomo a pura materia, schiavo di numeri e del sistema. Il mercato non ha cura delle persone, ma la catena di montaggio avrà una fine. «L’esempio italiano di Slow Food è un caso di rispetto dei diritti del cibo. Con i prodotti a km 0 valorizza le persone che producono, la tradizione che c’è dietro al prodotto e le persone che ne usufruiscono. Rispetta chi produce perché ne valorizza le conoscenze e la fatica, chi mangia perché cura la qualità del cibo». Lo Slow Food di Petrini è un modello di Costituzione del cibo esportabile, ma il problema rimane nelle mani dei vertici ponendosi la domanda «abbiamo cura delle persone? Ne rispettiamo i diritti fondamentali?».

Secondo voi in Italia viene rispettato il diritto al cibo? Lasciateci un commento.

 

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