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Brasato e stufato: che differenza c’è? Caratteristiche, segreti ed errori da evitare

Dani Vincek/shutterstock.com

 

Brasato o stufato? Spesso questi due termini sono associati al punto da essere usati uno come sinonimo dell’altro, ma non è corretto: si tratta infatti di due diverse metodologie di preparazione e cottura. Un altro errore comune è quello di associarli solo ad alcune tipologie di carni, mentre in realtà si possono brasare o stufare sia alcune varietà di pesci, tra cui l’anguilla, la carpa, il baccalà, che diversi i vegetali, come cavoli, rape, fagioli, porri e patate. Oggi però vogliamo rimanere sul classico, concentrandoci quindi sulla differenza tra brasato e stufato di manzo, vitello o maiale, partendo dalla scelta della pezzatura, soffermandoci sulla tecniche e su alcuni errori da evitare.

Differenza tra brasato e stufato: qual è?

Brasato e stufato
Oksana Mizina/shutterstock.com

Che si tratti dell’uno o dell’altro, in entrambi i casi si otterrà un risultato simile nell’aspetto, ossia una carne molto morbida e saporita, con una leggera doratura esterna. Ma per capire quali sono le effettive differenze tra brasato e stufato partiamo dal nome. Originariamente, infatti, il primo veniva cucinato in pentole di coccio appoggiate sulle brasi, che in piemontese, regione in cui ha origine questo piatto, significa “braci”. La carne, infatti, era sistemata in casseruole e appoggiate sui carboni ardenti. La cottura del secondo, invece, avveniva prevalentemente in pentole di ghisa posizionate sopra le stufe, da cui il nome stufato.

Un’altra importante differenza consiste anche nel taglio delle carni scelte. Per fare un buon brasato è necessario avere a disposizione un pezzo grosso e, soprattutto, interno in modo che, cuocendo lentamente, diventi morbido dentro e croccante all’esterno. Lo stufato ha ugualmente bisogno di tempi lunghi ma si prepara già affettato o tagliato a cubetti. Le differenze tra queste due tipologie di cotture, tuttavia, non si fermano al nome o alla pezzatura. Andiamole a vedere nel dettaglio.

Il brasato

Come abbiamo anticipato, brasare è un termine che viene dalle braci. Per quanto affascinante sia questa tipologia di cottura, oggi è più facile che questa avvenga sul fornello a gas piuttosto che in maniera tradizionale. Vediamo quali sono i passaggi fondamentali per fare un buon brasato.

Come scegliere la carne

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Per fare un buon brasato è opportuno avere a disposizione una pezzatura grande. Il motivo è che la cottura, che deve avvenire a fuoco lento, tenderebbe a farla seccare se fosse di media grandezza. Per questa preparazione si usa carne di manzo, di maiale, di vitello e anche di volatili. Da prediligere in questo senso sono il muscolo della spalla o della coscia ma anche la noce, perché contengono nervature e tessuti connettivi tali da renderli morbidi.

Come abbiamo avuto modo di raccontare parlando degli arrosti, c’è un’altra accortezza importante da seguire, ossia quella di lasciare la carne a temperatura ambiente prima della cottura per far sì che le fibre si rilassino: passare dal freddo del frigo al calore della pentola, infatti, creerebbe uno shock termico per cui non solo potrebbe indurirsi, ma anche rilasciare liquido, compromettendone la rosolatura. Stessa accortezza quando passate dal congelatore al frigo: sistematela in un piatto per raccogliere la condensa e lasciate che si scongeli lentamente in frigorifero.

La rosolatura, un passaggio fondamentale

Il passaggio fondamentale per la buona riuscita del brasato è la fase della rosolatura. Questa deve avvenire in una pentola con fondo spesso, pochissimo olio e a fiamma vivace per fare in modo che si crei una crosticina, la cosiddetta “cicatrizzazione”: la formazione di questa “corazza” consente ai succhi di rimanere all’interno durante la successiva cottura, contribuendo a rendere la carne tenera.

L’aggiunta di vino, o di altro liquido, deve avvenire solo dopo la cicatrizzazione. Irrorando subito, infatti, si otterrebbe un effetto “lesso” e non si riuscirebbe avere la giusta caramellizzazione. Per lo stesso motivo, qualora la ricetta prevede l’utilizzo di verdure, è opportuno che queste siano rosolate separatamente e unite in una fase successiva: l’acqua di vegetazione rilasciata, infatti, non aiuterebbe la formazione della crosticina.

Coperchio ben chiuso e fiamma dolce

Marina Onokhina/shutterstock.com

Una volta effettuata la cicatrizzazione per brasare è opportuno chiudere la pentola con un coperchio e proseguire la cottura a fiamma dolce. In questo modo il vapore che si forma viene trattenuto facendo sì che la carne rimanga morbida. Di tanto in tanto sollevate il coperchio e giratela, evitando però di bucarla con forchette o coltelli, perché altrimenti i succhi contenuti all’interno uscirebbero fuori e la carne tenderebbe a seccarsi: meglio usare in questo caso una pinza o due cucchiai di legno in modo da girarla delicatamente. Il brasato deve cuocere a fiamma molto dolce per un minimo di un’ora e mezza o due: la durata dipende dalla grandezza del pezzo. La cottura lenta e prolungata consente alle carni, infatti, di trattenere i liquidi rimanendo succulenti.

Lo stufato

Mi piace l’idea di una cottura che avviene sulla stufa, un’unica fonte di calore che una volta accesa riesce a riscaldare la stanza, rimandando anche un buon profumo che anticipa la cena. Anticamente infatti lo stufato veniva preparato così, in tegami in terracotta o ghisa, poggiati appunto sulle stufe, senza fiamma diretta.

La scelta della carne

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Tra le carni adatte allo stufato la scelta varia tra manzo, vitello, carni bianche, come coniglio e faraona, per andare poi su selvaggine, quali capriolo, cinghiale o cervo. Nella scelta del pezzo prediligete anche in questo caso quelli ricchi di tessuti connettivi che, durante la cottura, si scioglieranno rendendola tenera. Per fare in modo che la stufatura avvenga correttamente è opportuno che la carne sia affettata, ove possibile, o tagliata a cubetti nel caso dello spezzatino.

L’importanza della marinatura

Per ottenere un buono stufato la prima accortezza da seguire è quella di fare una lunga marinatura, meglio ancora se iniziata la sera prima. Spezie e vino contribuiscono, infatti, non solo a rendere la carne tenera ma anche a insaporirla. Il sughetto che ne viene fuori deve essere poi utilizzato durante la cottura.

La rosolatura: non obbligatoria

Nel caso dello stufato la rosolatura non è fondamentale ma consigliata, a differenza del brasato. Qualora scegliate di farla, sgocciolate la carne dal liquido della marinatura e mettela in una casseruola con fondo antiaderente e un filo di olio o di burro. Quando sarà cicatrizzata potrete aggiungere una parte di liquido, anche il vino usato durante la marinatura. In alternativa potete usare birra o brodo vegetale ma stando sempre attenti a non esagerare con la quantità per evitare l’effetto “lesso”. La carne deve infatti cuocere quasi a secco. Ecco perché è importante avere a disposizione una pentola giusta con un coperchio che chiuda bene.

La pentola giusta

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Se volete realizzare un buono stufato evitate di usare una pentola troppo grande. Il motivo è che più spazio c’è, maggiore sarà la quantità di vapore acqueo che andrà a depositarsi sulla carne. Il fondo di cottura diventerà così eccessivamente liquido, facendolo diventare più simile a un bollito. Qualora dovesse accadere questo inconveniente, sollevate il coperchio per qualche minuto, quel tanto che basta per far asciugare un po’ il sughetto, poi coprite nuovamente. Parlando del tegame da usare, ricordiamo che è fondamentale usare un materiale piuttosto spesso. Le pentole in ghisa, in questo caso, sono le migliori, perché assorbono calore e lo rilasciano un po’ alla volta. Se non ne possedete, sceglietene una che abbia almeno il doppio fondo.

L’aggiunta delle verdure

Se il vostro stufato prevede la presenza di verdure, come patate o carote, è opportuno che queste siano cotte separatamente, come avviene per il brasato. L’acqua di vegetazione che rilasciano, infatti, andrebbe a lessare la carne. Cuocetele, invece, in padella o al vapore e aggiungetele allo stufato in un secondo momento. Oltre a farle insaporire, avrete il vantaggio di asciugare l’eventuale liquido in eccesso che potrebbe essersi creato per via del vapore. Da questo momento considerate almeno un’ora e mezza di cottura, tempo che potrebbe variare in base alla quantità e al taglio della carne.

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Cottura lenta

Come per il brasato, anche lo stufato ha bisogno di una cottura lenta e prolungata. Cercare di velocizzare i tempi aumentando la fiamma non solo non vi farà avere un buon risultato, ottenendo un “bollito”, ma il risultato sarà diverso anche in termini di qualità. La carne cotta troppo velocemente, infatti, tende a indurirsi perché le fibre muscolari si restringono diventando dure.

Dunque, per fare un rapido riassunto sulle differenze: se volete brasare scegliete un bel pezzo di manzo, maiale o vitello e, dopo un adeguato riposo a temperatura ambiente, effettuate sempre la rosolatura per poi passare alla cottura vera e propria. Nel caso dello stufato, invece, la carne, che dovrà essere precedentemente marinata, sarà affettata o tagliata in pezzi. Scegliete poi se effettuare o meno la rosolatura prima di cuocere. Ma in entrambi i casi la regola d’oro è: non abbiate fretta. Una cottura lenta e prolungata vi darà come risultato una carne tenera e gustosa.

 

Conoscevate le differenze tra brasato e stufato e le rispettive tecniche di cottura? Quale utilizzate maggiormente nelle vostre ricette?

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