Senza una pesca sostenibile moltissime specie si estingueranno in pochi anni
Altro che profezie Maya, il 2012 per il pesce è l’anno 2048! E -in questo caso- è praticamente una certezza: la pesca intensiva e selvaggia porterà inesorabilmente a un crollo della produzione ittica entro i prossimi trent’anni. Già da adesso, delle oltre 700 specie marine commestibili solo il 10% è effettivamente commercializzato a causa di abitudini alimentari errate. Una parte del pescato considerato meno pregiato non arriva sui mercati, ma viene rigettato in mare per il suo scarso valore commerciale entrando a far parte della lista delle specie ittiche “dimenticate”, quelle che sarebbe impossibile vendere all’interno di un mercato interessato sempre alle stesse varietà. Questo problema va di pari passo con quello opposto: l’attività di pesca eccessiva e indiscriminata per alcune tipologie di pesce che invece vanno per la maggiore e rischiano di estinguersi.
L’obiettivo già portato avanti da paesi come gli Stati Uniti e l’Inghilterra è promuovere una campagna di pesca sostenibile che protegga le specie in estinzione. Greenpeace, ad esempio, ha pubblicato la lista nera delle specie a rischio, nella quale compaiono il tonno pinna gialla, il tonno rosso del Mediterraneo, il pesce spada, il merluzzo dell’Atlantico e i gamberoni tropicali. Mentre il pesce azzurro di cui il Mediterraneo è ricco e che contiene una grande quantità di omega3 andrebbe rivalutato anche in tavola: alici, sardine, sgombri, ricciola. Soltanto una decina delle oltre cento specie ittiche presenti nel nostro mare sono oggi destinate al consumo. Il motivo per cui alcuni di questi pesci sono stati dimenticati è probabilmente dovuto alla loro taglia e alla consistenza delle carni, che richiedono modi e tempi di cottura più laboriosi e differenti da quelli a cui siamo abituati. Per evitare l’impoverimento dei nostri mari, si dovrebbe incoraggiare la gente a mangiare le specie locali poco conosciute, sviluppando una coscienza culinaria eco-compatibile volta alla rivalutazione del pesce erroneamente considerato “povero”, non per questo meno buono rispetto a quello esotico.
A questo proposito vi segnaliamo un progetto della regione Toscana finanziato dal Fondo Europeo della Pesca, rivolto a ristoratori e grande distribuzione proprio per incentivare il consumo del pesce povero e delle specie poco conosciute, o considerate poco commerciabili. Si comincia con un’indagine territoriale volta a individuare le specie ittiche toscane da valorizzare (pesce sciabola, sugarello bianco, sugarello nero, muggine, muggine ramato, acciughe, sardine, razza di sabbia, potassolo, palamita e polpo di sabbia), seguita da una fase di controllo dei valori nutrizionali a cura del Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università di Siena. Si apre poi da ottobre 2011 in poi un semestre di iniziative e incontri a tema, coinvolgendo i ristoratori locali nell’organizzazione di serate dedicate a un particolare pesce povero, durante le quali degli chef daranno consigli pratici sulla cottura e l’uso in cucina. La campagna prevede inoltre degli incontri organizzati presso le sedi delle sezioni socie Unicoop Firenze, a cui parteciperanno biologi e nutrizionisti per trattare il tema del pesce sotto molteplici punti di vista: dagli strumenti e dalle tipologia di pesca, fino alle ricette e agli abbinamenti con i vini. A conclusione del ciclo di appuntamenti da seguire sul sito della Regione Toscana, verranno organizzate anche battute di pesca-turismo per divulgare la cultura del mare e della pesca in generale.
E voi? Cucinate già abitualmente il “pesce povero”? Per passare subito dai buoni propositi ai fatti, abbiamo pescato nel ricettario del Giornale del Cibo un bel po’ di ricette: