“Is” Culurgionis d’Ogliastra IGP, la pasta ripiena di patate dall’anima sarda

Culurgionis d'Ogliastra IGP

 

Ci sono nomi di piatti che, appena pronunciati, sprigionano la loro ricchezza di sapori, profumi, sensazioni e rimandano immediatamente alla loro terra d’origine. Vi sfido a non pensare alla Sardegna, al suo mare di zaffiri e di smeraldo e al suo entroterra selvaggio, che promette misteri, quando vi dico: culurgiones. Come per il pane carasau, questa specialità è ha un’anima tutta sarda, e consiste in una particolare pasta fresca ripiena (attenzione a non confonderla con i ravioli!) originaria di una specifica zona dell’isola, l’Ogliastra, da dove si è poi diffusa anche nelle altre aree con diverse varianti. Ma è proprio la ricetta originale che si è distinta negli anni, tanto da meritarsi l’Indicazione Geografica Protetta: i Culurgionis d’Ogliastra IGP. Oggi, ne scopriamo insieme la storia, le caratteristiche e la ricetta per provare a farli anche a casa.   

I culurgiones, ingredienti semplici per un piatto prezioso

Culurgiones sardi
Alessio Orru/shutterstock.com

Culurgiònis, culurgionesculurjònes, culirjiònis, culijònis, culurjònis, culurzònies: chiamateli come volete, ma la sostanza è quella. Come abbiamo anticipato, si tratta di una preparazione a base di patate tipica dell’area centro-orientale della Sardegna, l’Ogliastra, la cui tradizione è antichissima e si rifà a quella della cucina povera sarda: il ripieno della pasta era adeguato a seconda della disponibilità dei prodotti del territorio. Ma non fatevi trarre in inganno: se gli ingredienti per l’impasto tendenzialmente sono sempre stati semplicissimi, quelli della farcia interna, invece, potevano essere anche “preziosi”, come lo zafferano in alcune varianti. Questa caratteristica, unita alla complessa chiusura, chiamata sa spighitta perché richiama la spiga di grano, rendevano questo piatto più di un semplice alimento, ma un vero e proprio “bene”, preparato soltanto in occasioni molto importanti o, addirittura, da scambiare con amici e parenti come fosse un dono. In particolare, fino agli anni ‘60 le donne di famiglia li realizzavano per il 2 novembre, la giornata di commemorazione dei defunti, ma secondo la tradizione, questi fagottini di pasta erano anche un ottimo amuleto per proteggere  dai lutti e dal malocchio in generale. Inoltre, sembra che fossero preparati proprio in occasione della festa per propiziare la raccolta del grano, e che la loro forma a spiga sia dedicata a questa ricorrenza molto sentita nei paesi.

Culurgionis d’Ogliastra IGP: le caratteristiche

Culurgionis caratteristiche
Alessio Orru/shutterstock.com

Insieme ai cappellacci di zucca ferraresi, alla pasta di Gragnano, ai pizzoccheri della Valtellina e ai Maccheroncini di Campofilone, i Culurgionis d’Ogliastra IGP sono l’unica pasta italiana ad avere ottenuto l’importante marchio IGP nel 2015 e, di conseguenza, un disciplinare di produzione che ne tuteli attentamente tutte le caratteristiche. Ma quali sono?

Non è semplice, perché a seconda della zona di produzione possono variare gli ingredienti utilizzati. Comunque, stando a quanto riportato dal disciplinare, la forma del singolo “culurgione” è oblunga, ricorda il chicco di grano appunto, e varia dai 4 ai 10 cm di lunghezza, mentre la larghezza è compresa tra i 3 e i 5 cm. 

Inoltre, devono presentare le seguenti caratteristiche:

  • Consistenza – molle, con un impasto liscio e omogeneo.
  • Colore sfoglia – bianco, tendente al giallo.
  • Colore del ripieno – di giallo più intenso rispetto a quello della sfoglia, con possibili striature verdastre dovute alla presenza di menta e/o basilico a seconda delle varianti.
  • Gusto – il sapore è acidulo e aromatizzato, più o meno intenso a seconda della miscela di formaggi scelta, leggermente stemperato dal gusto dolce delle patate; è anche presente un retrogusto appena speziato.
  • Profumo – intenso dovuto sia alle semole e alle farine, sia alla presenza di erbe aromatiche o di spezie (menta, basilico, aglio, cipolla).

Ricetta dei Culurgionis d’Ogliastra IGP

Preparazione culurgiones ogliastrini
Paolo Certo/shutterstock.com

Se non li avete mai assaggiati, vale la pena provare a prepararli: questi “ravioli” sono dei piccoli scrigni in grado di riservare molte sorprese. Come per tutte le paste ripiene, la preparazione si distingue in due fasi: quella della sfoglia (che in Sardegna è tirata rigorosamente a mano) e quella del ripieno. Le ricette sono tantissime: se la base è di patate, si può prevedere di utilizzare una miscela di formaggi sardi, quali casu axedu, pecorino, caprino, vaccino; si possono usare sia il sego, sia lo strutto, o in alternativa l’olio extravergine di oliva, e aggiungere menta, basilico, aglio, cipolla. Noi abbiamo deciso di proporvi la variante più famosa, quella con la menta e il pecorino sardo.

Ingredienti 

Per la pasta

  • 250 g di semola di grano duro
  • 50 g di farina
  • 2-3 cucchiai di olio extravergine d’oliva
  • 150 ml di acqua tiepida
  • q.b. di sale

Per il ripieno

  • 500 g di patate
  • 100 g di pecorino sardo fresco
  • 2 spicchi di aglio
  • q.b. di olio extravergine d’oliva
  • q.b. di menta
  • q.b. di sale
  • q.b. di pepe nero

Procedimento

  1. Iniziate preparando la sfoglia. Unite la farina, la semola, 2-3 cucchiai d’olio extravergine d’oliva e un pizzico di sale in una ciotola: impastate aggiungendo, poco alla volta, l’acqua tiepida. Una volta terminato di lavorare l’impasto, lasciatelo riposare per almeno 30 minuti
  2. Nel frattempo, occupatevi delle patate: lessatele e, terminata la cottura, schiacciatele bene così da ridurle in purea.
  3. In una padella insieme a un filo d’olio, fate soffriggere l’aglio. Non appena questo inizia a colorarsi, spegnete il fuoco e lasciate in infusione. Raffreddate le patate, versatele in una ciotola insieme all’olio aromatizzato all’aglio (che avrete tolto), al pecorino sardo fresco e alla menta finemente tritata. Se occorre, aggiustate di sale e pepe.
  4. Ora occupatevi dell’assemblaggio, che è la parte più delicata. Stendete la sfoglia abbastanza sottile e ritagliate dei dischi del diametro di 6-8 centimetri circa. Al centro di questi, ponete il ripieno e chiudete. La lavorazione a spiga non è semplice: bisogna piegare i dischetti su se stessi unendo i lembi e pizzicandoli alternativamente, fino a formare una sottile cordonatura simile a una spiga. Se non dovesse riuscirvi, potete tranquillamente optare per una classica chiusura a mezza luna, premendo poi nei lembi con la forchetta, per evitare che l’impasto fuoriesca durante la cottura. Proseguite così fino a terminare l’impasto.
  5. Per la cottura, portate una pentola d’acqua a ebollizione, salatela e versate i culurgiones uno ad uno. Girateli continuamente – e delicatamente – con un mestolo di legno per evitare che si attacchino. Dopo circa 5 minuti, scolateli con una schiumarola e serviteli con il sugo che avrete scelto.

Zona di produzione e varianti per comune

Senza la loro terra, i culurgiones non potrebbero esistere: il legame con la tradizione agropastorale e la sapiente manualità delle donne sarde sono degli ingredienti fondamentali per la riuscita di questo piatto. Tuttavia, nonostante il nome, non sono presenti solo nei comuni ogliastrini, ma anche in alcuni paesi limitrofi e perfino al sud della Sardegna. Per fortuna, ci pensa il disciplinare a indicare precisamente chi può fregiarsi del marchio IGP, producendo i “Culargionis d’Ogliastra IGP”. In Ogliastra sono i comuni di Arzana, Bari Sardo, Baunei, Cardedu, Elini, Gairo, Girasole, Ilbono, Jerzu, Lanusei, Loceri, Lotzorai, Osini, Perdasdefogu, Seui, Talana, Tertenia, Tortolì, Triei, Ulassai, Urzulei, Ussassai, Villagrande Strisaili. Al sud della Sardegna, quelli di Esterzili, Escalaplano e Sadali, dove ogni anno, a inizio agosto, si svolge la “Sagra dei Culurgionis di Sadali”.

Culurgionis al pomodoro
Alessio Orru/shutterstock.com

Ma gli ingredienti sono sempre quelli per tutti i comuni? Come abbiamo visto, questi fagottini ripieni prevedono un impasto di farina, semola e acqua, mentre all’interno sono generalmente riempiti con le patate, risorsa alimentare di cui tutti gli abitanti della zona potevano originariamente disporre, essendo facilmente coltivabili. Ma ogni famiglia ogliastrina, la cui tradizione dei culurgiones si è tramandata di madre in figlia da secoli, conserva una personale ricetta di questa pasta, cambiando così il formato, l’impasto e il ripieno. Si possono individuare, quindi, una serie di varianti a seconda della zona di produzione e delle materie prime utilizzate.

Ad esempio, nei comuni di Bari Sardo, Loceri, Tertenia, Jerzu, Ulassai, Osini, Gairo, Cardedu e Lanusei si aggiungono menta e aglio all’impasto. Inoltre, nell’ultimo comune citato, al posto dell’olio di oliva, si usa su seu, ossia il grasso di vitello o di manzo fresco nella preparazione. A Tortolì, Lotzorai e Girasole spicca un intenso sapore dolciastro dovuto alle cipolle e al poco formaggio impiegato nel ripieno, mentre ad Arzana è proprio il formaggio a dominare. Sempre ad Arzana e a Jerzu cambia leggermente la dimensione dei culurgiones: 5 cm contro i 6-7 della media ogliastrina. Infine, se nella maggior parte dei paesi la chiusura è quella classica (ma estremamente complessa) a forma di spiga, a Baunei e Triei sono invece chiusi, usando la rotella sa serretta, a forma rettangolare o a mezza luna, con all’interno una farcia di solo formaggio. Infine, il condimento tipico per gustare al meglio i Culurgiones è una classica salsa di pomodoro, ma a Lanusei, ad esempio, preferiscono gustarli semplicemente con un filo d’olio e pecorino; sono ottimi anche accompagnati con burro e salvia.

 

Avete mai provato questi fagottini di pasta ripiena?

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