Oggi sei giù di tono e l’unica cosa, la sola che potrebbe invertire la rotta a una giornata nata storta è un bel piatto di cicoriette selvatiche e purè di fave nette.
Sei salentina? Nelle origini e anche nel palato, hai risposto.
Te lo ricordi quel piatto, fin da quando eri bambina. Giungevi a casa da scuola, posavi la cartella e con i tuoi codini sedevi allegramente a tavola impugnando la posata e certa che la nonna avrebbe sfoderato uno dei suoi cavalli di battaglia. Il nonno, come te, aveva subodorato che c’era qualcosa di buono. Eravate due commensali di cui andar fieri, diceva la nonna, l’uno di ritorno dalla campagna e l’altra da scuola. Due modi diversi ma egualmente dispendiosi di impiegare energie.
Ed ecco che giungeva lui, il piatto dei piatti, il vostro prescelto per le giornate in cui andava fatta riserva di energie e di bontà. La nonna conosceva i suoi polletti. Evviva! era la tua esclamazione, quella del nonno era più sommessa ma non meno carica di trasporto emotivo.
Fonte immagine: pinterest.com
Era il momento di affondare la forchetta tra la purea di fave bianche, gustossima e condita da un filo d’olio extravergine d’oliva, per farla sferzare – la forchetta – verso le cicoriette e arrotolare il tutto, cicoriette e purea, come se fosse un piatto di spaghetti. Un boccone di bontà che giungeva dritto in bocca. Nonna non si era smentita, neanche quella volta, né mai da che ne hai ricordo.
Oggi, nei giorni in cui sei bisognosa di ricreare quella magia, apparecchi tavola. Il vino è in tavola, il nonno esigeva che fosse lì. Guarnisci i piatti di purea e cicoriette, condisci con olio e lo porti in tavola, fumante. Tu eri una bimba alternativa perché è raro che da piccoli si apprezzino verdura e legumi. Tua figlia sembra abbia preso da te.
Le fave sono state tenute a bagno per tutta la notte, poi cotte nella pentola di terracotta dove, coperte con acqua, hanno perso la loro consistenza per sfaldarsi e diventare purè. Le cicoriette sono state lavate accuratamente e sbollentate. La loro unione è sublime, provare per credere.
Da salentina, questo è il piatto dei ricordi e del cuore, ma ci hai parlato a lungo del gusto e della sua importante presenza nella tradizione gastronomica. Piatti semplici, sì, ma buoni buoni.
Ci hai nominato e lo hai fatto con gli occhi sognanti: le pittule, pasta fritta dal cuore morbido; ciceri e tria, ceci e pasta; municeddhi, le lumache di campagna il cui sughetto fa scappare la scarpetta; lu purpu alla pignata, polpo cotto nella pentola di terracotta.
Hai voluto condividere alcuni proverbi che tuo nonno recitava come preghiere mentre attendeva bramoso il piatto preparato a puntino dalla consorte: A tavola non s’invecchia mai e La pentola è la pace della casa.
Questa breve parentesi salentina per celebrare la tradizione e sottolineare la stretta correlazione tra gusto e ricordo. A questo punto, segnaliamo un’interessante infografica enogastronomica, redatta da Nel Salento, a chi volesse approfondire i piatti tipici del Salento.
É banchettando che torna l’allegria, buon appetito.