Chi ha volato fin quaggiù probabilmente può avere un’idea di cosa voglia dire vivere l’America Latina. Di solito funziona così (vale per chi ha una predisposizione naturale alla cultura sudamericana): si inizia con un primo viaggio, si osa con il secondo, e ad un tratto ti accorgi di non poterne fare più a meno, nasce la necessità di tornare in alcuni luoghi, continuare a sentirli vicini, una fame di conoscenza si scatena nello stomaco e inaspettatamente sei parte integrante di un vortice fitto di emozioni che non ti lascia più andare.
Sei inquieto e non trovi la pace se almeno una volta ogni anno non torni in quei luoghi e da quelle genti. L’obiettivo diventa uno soltanto: viaggiare il più possibile e spostarsi da un paese all’altro della multiforme America del Sud. Dopo svariate visite a Cuba (non esiste nulla di più straordinario e inverosimile di quell’isola), Brasile, Messico, Venezuela, Argentina e Cile, è stata la volta della Colombia. Un viaggio di un mese a lungo studiato e tratteggiato sulla base di un itinerario gastronomico.
Collocata sulla linea equatoriale e quindi non soggetta al mutare delle stagioni, la Colombia ha un clima che cambia secondo l’altitudine e che crea così cinque differenti piani termici. Questa enorme differenza geografica fa della Colombia una potenziale dispensa agricola per il mondo, e i suoi habitat sono ottimali per le produzioni agricole e per la coltivazione dei terreni durante tutto l’anno. Si possono attraversare deserti, prendere il sole in spiagge incontaminate del Pacifico e dei Caraibi tutto l’anno, scalare montagne e pendii di vulcani, attraversare piantagioni di caffè, cacao e frutta autoctona, esplorare la foresta amazzonica, visitare metropoli come Bogotà o Medellin e capitali della musica come Cali e Barranquilla.
La cucina colombiana è frutto di antichi saperi indigeni e di numerose influenze spagnole e africane che combinandosi tra loro hanno dato vita ad un panorama enogastronomico policromo e ardente. Un patrimonio su cui i cuochi colombiani stanno lavorando e che permette loro di affacciarsi sulla scena internazionale mantenendo pur sempre un solido rapporto con le tradizioni gastronomiche e le antiche culture locali.
Viaggio in Sudamerica: 6 templi della cucina colombiana
Bogotà
Partiamo dalla famigerata capitale, centro nevralgico per gli chef colombiani più o meno conosciuti e città polimorfa con un’offerta ristorativa cangiante. Rispetto ad altre metropoli sudamericane come Lima, Buenos Aires o Sao Paulo forse è ancora un tantino indietro ma nella direzione giusta. Leonor Espinosa di Cocina y Cava, Harry Sasson dell’omonimo locale e Juan Manuel Barrientos del ristorante El Cielo rappresentano l’alta gastronomia della città, ognuno con una posizione diversa all’interno della Latin America’s 50 Best Restaurants.
A parte le ricette della tradizione Bogotà ha moltissimi tratti internazionali con altrettanti locali dove mangiare, se siete stanchi dell’ennesima arepa la catena di cucina asiatica Wok rappresenta una valida alternativa.
Madellin e Zona Cafetera
È una delle regioni più affascinanti del paese in cui la ricca Medellin (seconda città dopo Bogotà che ha dato i natali al più famoso narco trafficante del mondo Pablo Escobar) con i suoi grattacieli, ristoranti e clima ideale seduce facilmente e si contrappone alla zona più a sud, la magica zona cafetera. A Medellin la scelta gastronomica è vasta e la qualità medio alta, se volete il top prenotate al ristorante di Juan Manuel Barrientos che anche qui (come nella capitale e da qualche mese a Miami) ha aperto El Cielo: provate il menù La Experiencia se volete sperimentare un percorso sensoriale alternato da sorprese e piatti della cucina colombiana alla vista non commestibili ma sorprendentemente buoni.
Nella zona cafetera invece i tempi sono quelli della campagna in cui si susseguono i cicli della natura. Per averne un’idea recatevi nei dipartimenti di Caldas, Risaralda e Quindio, il cosiddetto eje cafetero (asse del caffè): villaggi storici, piantagioni di caffè dappertutto, riserve naturali e vegetazione. Qui la coltivazione del caffè ha una tradizione secolare e le fincas in cui viene coltivato e prodotto si susseguono lungo il cammino (fatevi dare un passaggio e salite a bordo delle tipiche jeep sgangherate). Potrete visitarle e avvicinarvi al a questo mondo, anche solo per un giorno. Pedro Burgos della finca Sacha Mama, una piccola azienda di sei ettari in Salento, sarà lieto di mostrarvi le sue piante con cui produce un caffè bio di alta qualità, figlio di un ecosistema pazzesco in cui nasce e vive.
Cartagena
Situata sulla costa caraibica è una città fiabesca in cui perdersi passeggiando per i vicoletti del centro dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. Una cittadina sensuale ed aristocratica dove riuscirete a mangiare del freschissimo pesce accompagnato dall’onnipresente arroz con coco (riso al cocco) e trovare frutta che neanche immaginavate. Una volta rifocillati raggiungete Plaza de San Diego per muovere alcuni passi a suon di salsa nei numerosi e caratteristici locali che animano la piazza.
San Gil e Barichara
Siamo nella regione di Santander, una delle prime ad essere occupate dai conquistadores spagnoli e che ancora conserva dei chiari tratti coloniali. San Gil è soprannominata la tierra de aventura grazie alla numerose attività sportive che offre, prime tra tutte parapendio e rafting. Poco distante sorge Barichara, dichiarata monumento nazionale nel 1978, è una cittadina di straordinaria bellezza assolutamente da non perdere.
Entrambe sono accomunate dall’uso in cucina delle hormigas culonas (letteralmente formiche dal grosso sedere). Dal colore marrone scuro vengono fritte o arrostite e mangiate intere o macinate fino a ricavarne una “salsa alla formica”, il gusto ricorda la terra e il sottobosco. Le troverete facilmente in alcuni dei negozi cittadini e ricordate di mangiare prima il sedere perchè è la parte più gustosa.
Sapzurro
Meravigliosa e incontaminata località sul confine panamense regala forti emozioni e, aspetto da non sottovalutare, non è stata ancora raggiunta da turisti stranieri perché non propriamente semplice da raggiungere. Se riuscirete ad arrivare a Sapzurro sarà perché volete conoscere davvero la Colombia, scordatevi ristoranti ed hotel e sappiate di essere voi con la natura, nient’altro.
Gli abitanti della zona provvederanno a trovarvi un alloggio o una posada (le migliori sono La Gata Negra e Cabana Uvalì di Donna Lijia) e a prepararvi anche una buona cena a base del pescato quotidiano. Se poi avete voglia di bere una birra dalla marca diversa, attraversate la frontiera a piedi con i suoi quasi ottocento scalini e raggiungete la panamense La Miel. E non lasciate Sapzurro senza prima aver provato i migliori gelati del paese preparati dalla signora Chila!
Providencia
A 800 km a nord delle coste del paese, bagnata dal Mar dei Caraibi e (volendo) molto vicina al Nicaragua, l’Isola colombiana di Providencia è davvero un luogo da visitare almeno una volta nella vita. Fu colonizzata da inglesi e giamaicani e oggi si presente attraverso musica e colori reggae, ritmi africani e una lingua contente molte parole inglesi. Qualcosa di tanto bizzarro quanto stupendo. Mangerete i prodotti autoctoni dell’arcipelago ma soprattutto avrete modo di provare i piatti a base di cangrejo negro, un granchio nero che vive nel bosco secco dell’isola, diventato presidio Slow Food nel 2014. Se visitate Providencia nei primi giorni di maggio, assisterete alla discesa di questi granchi che dalla montagna raggiugono la spiaggia per deporre le proprie uova. Le parole non bastano, partite per Providencia e alloggiate assolutamente nella splendida casa di Hippie Place. Un sogno.
Voi avete mai visitato la Colombia? Cosa aggiungereste al nostro itinerario gastronomico per conoscere la vera cucina colombiana?