La guerra in corso in Ucraina, oltre alle drammatiche conseguenze per la popolazione e per i profughi, si sta ripercuotendo in modo negativo sul mercato di diverse materie prime agricole, in particolare semi di girasole, mais e grano tenero. La situazione rispetto a quest’ultimo, ingrediente essenziale per la produzione di pane e altri prodotti da forno, ormai da alcune settimane sta creando le condizioni per una crisi del grano e vera e propria crisi alimentare globale, della quale fanno le spese le aree del mondo e le fasce di popolazione più svantaggiate, colpite dai rincari e dalla minore disponibilità di un cereale alla base dell’alimentazione. Ma qual è la situazione e cosa dobbiamo attenderci?
Per saperne di più abbiamo intervistato Andrea Valente, presidente di Italmopa, l’Associazione industriali mugnai d’Italia che rappresenta l’industria molitoria italiana e aderisce a Confindustria e Federalimentare.
Crisi del grano e guerra in Ucraina: cala l’approvvigionamento e salgono i prezzi
Il perdurare delle tensioni geopolitiche internazionali scaturite dal conflitto in Ucraina sta compromettendo gli scambi cerealicoli internazionali, mostrando già le prime avvisaglie di una crisi alimentare globale. Gli Stati più vulnerabili, dal punto di vista del bilancio tra produzione e consumo, sono i primi a soffrire di questa situazione, che però investe tutto il mercato delle materie prime. Il presidente Andrea Valente puntualizza che “le quotazioni del frumento si mantengono su livelli sostenuti, con incrementi di oltre il 75% rispetto allo stesso periodo del 2021, e questo nonostante un’offerta che, a livello sia internazionale sia comunitario, risulta essere quantitativamente in grado di coprire in maniera adeguata la domanda proveniente dal comparto food. In altre parole, non esiste, allo stato attuale, uno squilibrio tra offerta e domanda di frumento tenero, anche se la contrazione del commercio internazionale costituisce una minaccia sul corretto e continuo approvvigionamento di quei Paesi tradizionalmente importatori di questa materia prima”.
Nella fattispecie, la situazione investe soprattutto diversi Stati africani e non solo, spingendo ulteriormente la fame nel mondo e il conseguente fenomeno migratorio. Secondo Valente, oggi si può parlare di crisi alimentare globale perché “la rilevanza dell’Ucraina e della Russia sui mercati export del frumento tenero o del mais è nota a tutti, ed è pertanto inevitabile che la loro assenza, seppur parziale, nel commercio cerealicolo internazionale possa determinare grandi difficoltà in Paesi quali Egitto, Indonesia e Stati nordafricani, che risultano essere strutturalmente e largamente dipendenti dalle forniture in partenza dai porti del mar Nero. Per di più, sono nazioni che presentano, a livello politico ed economico, grandi fragilità e nelle quali un’eventuale crisi alimentare potrebbe avere conseguenze disastrose”.
Le variazioni sul grano tenero influenza anche gli altri cereali
La crescita di valore economico che sta interessando il grano tenero si riverbera anche su altre materie prime ad esso affini. In merito a questo aspetto, Valente sottolinea che “il violento incremento delle quotazioni del grano duro si è verificato sin dai mesi di luglio e agosto 2021, quale conseguenza dell’esito negativo dei raccolti canadesi e statunitensi. Le tensioni sul mercato del grano tenero si sono invece verificate in seguito, in particolar modo per via delle tensioni geopolitiche internazionali, e non hanno influito, se non marginalmente, sulle quotazioni del frumento duro. I mercati cerealicoli, però, non sono stagni e pertanto l’andamento del mais o del frumento tenero non può non avere ripercussioni sui mercati di quelle tipologie di cereali meno rilevanti sotto il profilo dei volumi produttivi”.
La crisi geopolitica si aggiunge a quella ambientale
Nell’ottica della produzione, le conseguenze della guerra vanno a sommarsi all’impatto dei cambiamenti climatici, infatti “i fenomeni di forte instabilità che si sono verificati, nel corso degli ultimi anni, con sempre maggior e preoccupante frequenza, hanno indubbiamente influito sui volumi o sulla qualità dei raccolti in alcune zone di produzione. Nel 2021 hanno determinato un tracollo della produzione di frumento duro nel Nord America, zona che rappresenta circa il 65% del commercio mondiale di questa tipologia di cereale. Parlando di avversità climatiche, oltre ai cali produttivi in Usa e Canada e in altre zone produttive per via della siccità, voglio citare le piogge verificatesi in Francia e Germania prima dei raccolti, che hanno causato il declassamento del grano da uso panificabile a uso mangimistico. L’andamento del mercato del frumento tenero, con l’esplosione delle quotazioni, non deriva invece soltanto dagli andamenti climatici sfavorevoli, ma anche da una situazione di generali tensioni sui mercati delle commodities, accentuatasi a seguito del conflitto tra Russia e Ucraina”.
Grano tenero in Italia: la nostra produzione non basta
Il grano tenero italiano, in termini quantitativi, non può soddisfare la richiesta del mercato interno. Infatti, il presidente di Italmopa precisa che “il fabbisogno in frumento tenero dell’Industria molitoria nazionale è coperto dal 65% circa dalle importazioni, che sono quindi complementari e non alternative alla produzione nazionale. Esse riguardano poi, in particolare ma non esclusivamente, quelle tipologie di frumento tenero ad alto tenore proteico, indispensabili per ottenere farine destinate ai prodotti di lunga lievitazione. Le importazioni riguardano ad ogni modo anche altre tipologie di cereali, quali il frumento duro o il mais, il cui fabbisogno nazionale è coperto dalle importazioni in misura, rispettivamente, del 30% e del 50%. In Italia, il principale bacino per il grano tenero rimane l’Emilia Romagna, ma la produzione è comunque significativa in tutte le principali Regioni del Nord, Piemonte, Lombardia e Veneto, mentre la produzione di frumento duro è localizzata nelle regioni del Sud”.
Autosufficienza sul grano tenero? Resta un miraggio
Negli ultimi tempi, a seguito della pandemia e a maggior ragione con le tensioni geopolitiche, è andato crescendo il dibattito sulla necessità degli Stati europei di mirare all’autosufficienza rispetto alla produzione di energia e di cibo, con una linea impostata sul concetto di sovranità alimentare. Rispetto al grano tenero, però, l’obiettivo è poco realistico, come afferma il presidente Valente. “Possiamo considerare che il fabbisogno dell’Industria molitoria si situa, annualmente, in oltre 5,8 milioni di tonnellate a fronte di una produzione nazionale – peraltro non destinata esclusivamente all’Industria molitoria – inferiore a 3 milioni di tonnellate. Si può sì ipotizzare un incremento delle superfici, attraverso l’erogazione di aiuti accoppiati per la produzione di frumento tenero, ma ritengo che risulterebbe comunque marginale. Questo sia perché nel nostro Paese non esiste la possibilità di un’espansione significativa delle superfici agricole, sia perché la redditività del settore, e della filiera in generale, è bassa. A mero titolo esemplificativo, l’ultima volta che la produzione nazionale di frumento tenero ha superato 5 milioni di tonnellate, un livello comunque insufficiente a coprire il nostro fabbisogno, risale al 1984”.
Sostegno all’Ucraina, uso strategico delle riserve e produzione europea
La drastica riduzione delle esportazioni dall’Ucraina – forzata dall’occupazione dei porti da parte dell’esercito russo – sta anche portando i governi del mondo ad adattarsi a questa condizione. Tuttavia, precisa il presidente di Italmopa, “l’obiettivo primario che si pongono i principali Paesi produttori ed esportatori non è quello di sostituirsi alle esportazioni ucraine, ma di consentire a questo Stato di mantenere il livello di produzione e la capacità di esportazione registrate prima dell’inizio del conflitto. Ad ogni modo, il livello delle scorte mondiali di frumento tenero è apparentemente rassicurante dal punto di vista della sicurezza alimentare, anche se è opportuno evidenziare che oltre il 50% delle scorte è detenuto dalla Cina, Paese notoriamente non esportatore. Una situazione che, a livello globale, potrebbe rimanere caratterizzata da forti tensioni e determinare, di conseguenza, una grande volatilità delle quotazioni”.
La produzione comunitaria di frumento tenero, inoltre, “è largamente sufficiente a coprire il fabbisogno dei 27 Paesi membri e infatti l’Unione europea è, da sempre, esportatrice netta di tale tipologia di cereali. In questo contesto, al contrario, l’Italia è il principale Paese importatore di frumento tenero sia comunitario – proveniente, in particolare, da Ungheria, Francia, Austria e Germania – sia extracomunitario, specialmente statunitense”.
Esistono differenze qualitative nelle diverse produzioni nazionali di grano tenero?
Spesso sui media si è parlato del grano ucraino come di una produzione di seconda fascia sul piano della qualità, ma, precisa Valente, “l’origine della materia prima non può mai essere considerata come un parametro qualitativo. La qualità del prodotto, infatti, dipende dalle sue caratteristiche merceologiche e soprattutto tecnologiche. L’Italia importa frumento tenero di alta qualità e le caratteristiche da noi richieste risultano essere più agevolmente reperibili nelle produzioni di quei Paesi che costituiscono il nostro principale bacino di approvvigionamento. L’Ucraina e la Russia non sono mai state preminenti rispetto al nostro import, anche se risultano essere in grado di rispondere alle nostre esigenze, in particolare per quanto concerne il frumento biscottiero”.
[elementor-template id='142071']La crisi alimentare globale sta colpendo l’industria alimentare italiana?
La situazione internazionale e gli aspetti chiariti finora portano a questo dubbio, che Andrea Valente scioglie con riserva. “Attualmente non emergono criticità particolari, anche se, nello scorso mese di marzo, l’Ungheria – che costituisce uno tra i nostri principali fornitori di frumento tenero – aveva adottato misure in grado di ostacolare le esportazioni, motivandole con la necessità di salvaguardare l’equilibrio del loro mercato interno. Dobbiamo ovviamente monitorare la situazione, anche perché l’Italia, essendo importatore di materie prime, risulta essere molto esposta a decisioni che potrebbero limitare il commercio internazionale di cereali, e soprattutto di frumento. In questo contesto, non possono essere sottovalutate neanche le attuali criticità di natura logistica e di trasporto, ivi comprese quelle intracomunitarie, che possono costituire un serio ostacolo al corretto approvvigionamento dell’Industria molitoria”.
Per concludere, secondo Valente “non ci sono motivi per ipotizzare un’interruzione dei flussi commerciali e quindi produttivi. Il prezzo dei prodotti allo scaffale dovrà purtroppo scontare gli aumenti, senza precedenti, dei costi di produzione constatati da tutti gli operatori delle filiere alimentari. A mero titolo esemplificativo, i costi delle materie prime agricole e energetiche costituiscono oltre l’80% dei costi di produzione del settore molitorio. È evidente che l’incremento, nell’arco di pochi mesi, del 100% delle quotazioni del frumento e del 400% dei costi energetici non può essere del tutto assorbito dalla sole aziende del comparto anche se esse, responsabilmente, si sono fatte carico di una parte significativa di tali aumenti, tenuto conto della rilevanza dei prodotti derivanti dalle farine e dalle semole nell’alimentazione degli italiani, e in particolare dei ceti più deboli. Il nostro settore, peraltro, è strutturalmente contraddistinto da una redditività marginale, tra le più basse dell’intero comparto alimentare nazionale. La situazione attuale costituisce un dramma per molte aziende molitorie e per un comparto la cui sopravvivenza è ormai largamente minacciata”.
La crisi alimentare globale sta facendo salire i prezzi, su quali prodotti avete notato gli aumenti più consistenti?